«Il caso del bambino uscito dallo stato vegetativo grazie alle staminali dice poco alla scienza»
«Bisogna andare con i piedi di piombo per non creare false illusioni, altrimenti muore la scienza a discapito del vero interesse dei malati e a favore di chi specula». A parlare a tempi.it è Licino Contu, ordinario di genetica e di bioinformatica presso l’Università di Cagliari. Il medico, chiamato a far parte della neonata Commissione Nazionale per i trapianti di cellule staminali ematopoietiche (che danno origine a tutte le cellule del sangue), commenta la notizia di un bambino uscito dallo stato vegetativo dopo circa tre anni di infusioni con le cellule staminali del suo cordone ombelicale: «Anzitutto bisogna studiare il caso, perché non è detto che il piccolo sia venuto fuori dallo stato vegetativo grazie alle infusioni. Per dirlo occorre aspettare e vedere se ci sono altri pazienti simili che guariscono ricevendole».
LA VICENDA. Del bambino si sa che nel 2008, quando aveva 2 anni e mezzo, è stato ricoverato nell’ospedale di Bochun, in Germania, per gravi sintomi addominali. In seguito a un arresto cardiaco e alla conseguente mancanza di ossigeno al cervello, si è trovato in uno stato simile a quello di chi è affetto da paralisi celebrale, tanto che viene alimentato con un sondino. Arne Jensen e Eckard Hamelman, autori della pubblicazione apparsa sulla rivista “Case Reports in Transplantation”, hanno spiegato che circa due mesi dopo l’arresto cardiaco hanno cominciato la terapia sul paziente a base di staminali, proseguita per quattro anni. Alle infusioni, però, sono state affiancate attività fisioterapiche e di logopedia giornaliere. Ma, continua Contu, «dallo stato vegetativo o di coscienza minima si può uscirne anche naturalmente e un episodio isolato non dice nulla alla scienza». Per il professore bisogna stare attenti a dare notizie illusorie prima di avere le prove scientifiche, «che nella fattispecie in questione chiederebbero almeno una decina di casi identici».
PERDITE. Chi ci perde? «Penso al caso Stamina: quanti parlano di cure compassionevoli, come Davide Vannoni, mi sembrano avere altri interessi rispetto a quelli reali dei pazienti. Ai malati possiamo somministrare solo farmaci di cui sappiamo con certezza che non nuocciono alla salute e che abbiano un minimo di attendibilità. Al contrario, se dopo un solo risultato diciamo di aver trovato una cura, rischiamo di far morire la scienza. Infatti, per scoprire terapie efficaci ci vogliono risultati ripetuti che arrivano solo se, invece che accontentarci di un episodio, facciamo vera ricerca. Il che richiede di aspettare con pazienza, per verificarne il successo ampliando la casistica. Per questo il governo, dopo il cedimento dell’ex ministro Renato Balduzzi alle pressioni mediatiche, ha deciso che le cure già avviate avvenissero quantomeno in modo trasparente».
GUADAGNI. A guadagnarci invece sono quelli che usano la medicina per illudere i pazienti e arricchirsi: «Basti pensare che su un milione e 250 mila unità di cellule staminali ematopoietiche, conservate nelle banche private (che si pagano anche più di 2 mila euro), ne sono state utilizzate solo 15, per trapianti che tra l’altro potevano avvalersi di cellule staminali prelevate dal midollo osseo». Il tutto con guadagni miliardari da parte delle cliniche private (quasi 200 milioni di euro provenienti solo dall’Italia). La probabilità che il cordone ombelicale serva al bambino è quindi di 1 su 100 mila, motivo per cui la legge italiana, per evitare di incrementare business che nulla hanno a che vedere con la cura, prevede la donazione del cordone o la sua conservazione in banche pubbliche per scopi dedicati (in caso di malattia reale) e mai preventivi».
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