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Stalin, mio padre, l’antisemita

«Mio padre sotto molti aspetti non soltanto l’aveva appoggiato (l’antisemitismo), ma era stato il primo a diffonderlo»

Aldo Vitale
27/01/2016 - 11:23
Società
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«La memoria umana è uno strumento meraviglioso, ma fallace», riconosceva uno dei protagonisti del dramma dell’olocausto come Primo Levi.

Proprio per questo si può ritenere che una memoria storica dimezzata o selettiva non è effettiva memoria storica.

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Pur celebrato il giorno della memoria dell’olocausto anti-abraico per mano del nazionalsocialismo, non si può ritenere assolto il proprio dovere morale nei confronti della verità storica, in quanto non di tutti gli ebrei sterminati per motivi ideologici si è ricordata la morte.

Sebbene sia passata e, almeno in Italia, continui a passare sotto silenzio, la storia del socialismo reale, che per decenni è stato interpretato da alcuni con vibranti spasmi escatologici – tanto che nel nostro Paese fino a pochi anni or sono qualcuno intendeva rifondare il comunismo con un apposito ed omonimo partito politico –, è intrisa di antisemitismo.

Non si comprende, quindi, il vero motivo per cui, ancora oggi, ci si debba ricordare soltanto degli ebrei uccisi dal socialismo nazionale e non anche degli ebrei uccisi dal socialismo reale.

La logica è la stessa che si rinviene in altri ambiti; per esempio, con quanto accade per i cristiani: se a stento ci si ricorda di quelli perseguitati in oriente e medio-oriente, nulla, ma proprio nulla si dice di quelli perseguitati in occidente.

E come da sinistra oggi si nega l’esistenza dell’ideologia gender, così per decenni si è negata l’esistenza dell’antisemitismo socialista che, tuttavia, ha lasciato evidenti orme di sangue nel suo passaggio antiumano lungo le polverose vie della storia.

Le evidenze storiografiche in merito, oramai, sono incelabili, almeno all’estero.

Lo storico Louis Rapoport nei suoi studi, infatti, così scrive:

«Durante il Grande Terrore, gli agitatori di Stalin aveva fomentato il pregiudizio antisemita, portandolo al culmine. Paradossalmente, mentre l’attenzione mondiale era rivolta alle leggi antisemite e alla persecuzione degli ebrei nella Germania nazista degli anni precedenti la guerra, Stalin, tra i dieci milioni di vittime delle purghe, stava sterminando 500.000 o 600.000 ebrei. Tra tutte le nazionalità sovietiche, in percentuale quella ebraica fu probabilmente la più colpita».

Una testimonianza diretta ed insospettabile, ma storicamente determinante ed inoppugnabile è quella proveniente dal diario, dal titolo Soltanto un anno, di una delle protagoniste di quei bui momenti della storia come è stata Svetlana Allilueva che così ha scritto:

«Negli anni del dopoguerra l’antisemitismo diventò l’ideologia ufficiale e militante, sebbene la cosa venisse tenuta nascosta in ogni modo. Ma dappertutto si sapeva che nella selezione degli studenti e nell’assunzione al lavoro la preferenza si dava ai russi, mentre per gli ebrei era sta sostanzialmente stabilità una percentuale che non si doveva oltrepassare […]. Nell’Unione Sovietica l’antisemitismo era stato dimenticato soltanto nel primo decennio dopo la rivoluzione. Ma, con l’esilio di Trozki, con l’annientamento dei vecchi comunisti negli anni delle purghe, molti dei quali erano ebrei, l’antisemitismo era risorto su una nuova base e innanzi tutto in seno al partito».

Svetlana Allilueva, per chi non lo sapesse ancora, era niente meno che la figlia di Stalin, e come tale così conclude:

«Mio padre sotto molti aspetti non soltanto l’aveva appoggiato [l’antisemitismo n.d.a.], ma era stato il primo a diffonderlo. Nell’Unione Sovietica dove l’antisemitismo aveva antiche radici nella piccola borghesia e nella burocrazia, esso si diffuse orizzontalmente e verticalmente con la rapidità d’una pestilenza».

Del resto, nonostante queste e altre innumerevoli prove storiografiche, impossibili da riportare in un così breve spazio, non stupisce che una certa intellighenzia sia ancora sorda a riconoscere simili abomini, perché, spesso, si tratta di quella stessa intellighenzia che oggi si ostina a negare l’esistenza delle aberrazioni etiche e giuridiche tanto in voga nel mondo contemporaneo.

Se davvero, dunque, si volessero celebrare gli ebrei sterminati, si dovrebbero ricordare tutti gli ebrei sterminati, e il mondo culturale che è stato o è ancora di sinistra, a meno che volesse apparire come un semplice sepolcro imbiancato, farebbe bene a ricordare gli ebrei uccisi, non pochi, anche dall’antisemitismo di matrice socialista.

Operazione comunque ardua vista la forma mentis di una parte del mondo culturale sostanzialmente e congenitamente così anti-cristiano da non aver ancora compreso la logica per cui è sempre bene, prima di parlare della pagliuzza nell’occhio altrui, accertarsi di non avere una trave nel proprio.

Foto Ansa

Tags: antisemitismoebreiolocaustoPrimo Levistalin
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