Psicologa (di sinistra e femminista) accusata dai trans di “terapie di conversione”

Di Caterina Giojelli
10 Febbraio 2022
Carola López Moya è la prima persona in Spagna denunciata perché pensa che «se uno è scontento del proprio corpo va aiutato ad accettarsi», mica bombardarlo di ormoni o aprirlo col bisturi. E per questo rischia il posto e una sanzione fino a 120 mila euro
La psicologa Carola López Moya è la prima persona ad essere denunciata in Spagna per «presunta promozione di terapie di conversione alle persone trans»

Ha osato dire che «le donne trans sono uomini», che «la Ley Trans è un tradimento delle donne ma anche delle persone transessuali», che salvo specifici casi «gli interventi di riassegnazione del sesso sono un business che trae profitto dal disagio causato dal genere», e che se «qualcuno è scontento del proprio corpo, la cosa logica è aiutarlo ad accettarsi con la minore invasività possibile», mica bombardarlo di ormoni o aprirlo col bisturi. E per questo rischia il posto e una sanzione tra i 60 mila e 120 mila euro.

Una psicologa femminista di sinistra alla berlina

Lei è Carola López Moya, è una psicologa di Siviglia, è di sinistra, è femminista, ha sostenuto Podemos, ed è la prima persona in tutta la Spagna per cui è stato aperto un fascicolo per presunta “promozione delle terapie di conversione”. Dal 2017 in Spagna è infatti vietata la promozione, la diffusione o l’esecuzione «con qualsiasi mezzo di qualsiasi tipo di terapia per modificare l’orientamento sessuale e l’identità di genere al fine di adeguarlo a un modello eterosessuale e/o cissessuale». Eppure a Moya non interessa alcun modello, interessano le persone.

È la mamma di una bambina disabile nata nel 2013, ha fondato il Magnolia Institute per aiutare soprattutto le madri di bambini come la sua ed è autrice di un libro che affronta il problema delle discriminazioni nei confronti delle persone disabili e quanto sia difficile lottare per i loro diritti. Come ha fatto a entrare nel mirino dei trans e del governo andaluso, rischiare l’abilitazione e il futuro della sua famiglia?

Una madre nel mirino dei transgender

Ha osato rispondere sui social il 30 giugno scorso a «quei misogini» che accusandola di essere critica nei confronti dell’identità di genere si preoccupavano per le sue pazienti, sottolineando che queste facevano progressi proprio perché aiutate «a liberarsi dal disagio psicologico prodotto dal genere, una costruzione culturale che subordina le donne».

E così, dopo due denunce dell’Associazione transessuale andalusa e dell’Associazione spagnola contro le terapie di conversione, il governo della comunità autonoma ha deciso che Moya potrebbe essere colpevole di una «gravissima infrazione amministrativa ai sensi della legge regionale sulla parità di trattamento e la non discriminazione delle persone Lgbti». Punibile con ammenda, appunto fino a 120 mila euro, il divieto di accedere ad aiuti pubblici, l’interdizione personale per un periodo da tre a cinque anni e la chiusura temporanea della sua attività.

«La dottoressa è come Vox e la Chiesa»

Prima ancora che Moya ricevesse la notifica di apertura del fascicolo dalle sedi competenti, i giornalisti l’avevano già contattata per una dichiarazione. «Non ne sapevo nulla, lo sto scoprendo adesso», ha risposto basita per poi aggiungere: «Sono accuse false e assurde. Non faccio terapia di conversione né curo le persone trans. Sono specializzata in psicologia perinatale e lavoro con le donne. Sono un capro espiatorio per coloro che mi hanno denunciato. Ma questa è un’opportunità per dimostrare che queste persone mentono. Ora tocca a me».

Il suo caso (di cui ha dato notizia in Italia solo il Feminist Post) è già diventato strumentale a una molto progressivamente aggiornata narrazione arcobaleno secondo la quale «la deriva dei sedicenti gruppi femministi (…) converge sullo stesso punto dei radicali di Vox o della Chiesa» (il virgolettato è di Saúl Castro, presidente dell’Associazione spagnola contro le terapie di conversione), l’apertura del fascicolo «è la dimostrazione che le leggi ci tutelano. È un esempio per altre comunità. Dobbiamo festeggiare» (Mar Cambrollé, Associazione dei Transessuali dell’Andalusia). «Sei fatti sono veri sono imperdonabili – ha aggiunto Ángel Mora, responsabile Violenza di genere e parità di trattamento nella comunità autonoma dell’Andalusia, dove il Consiglio ha aperto le indagini su Moya -. Che ad oggi ci siano professionisti che dicono di poter riconvertire le persone transessuali… Non si può permettere che esista una cosa del genere. I presunti eventi rappresentano un chiaro attacco ai diritti umani».

«Accuse surreali, l’infanzia è in pericolo»

Diritti umani? Travolta da una campagna diffamatoria incredibile, Moya aveva chiarito benissimo il suo pensiero integralmente femminista a luglio, difendendo il suo lavoro («E ora liberarci da ciò che ci opprime si chiamerebbe terapia di conversione?») e scagliandosi contro i soloni dell’uguaglianza per i quali nel paese esiste solo una priorità “transgenderismo” e nessuna considerazione e aiuto alle famiglie di bambini con disabilità.

«Surreali» per Moya le accuse mosse dunque dal movimento queer: tutto era iniziato con un pensiero da “addetta ai lavori”: «Mi sono resa conto che l’infanzia è in pericolo perché queste leggi consentono ai bambini di prendere decisioni che influenzeranno il loro sviluppo fisico e psicologico per tutta la vita senza alcuna valutazione, o con il parere della madre e del padre. Ho scritto un thread a riguardo, invitando a lasciare i bambini soli, a svilupparsi e giocare come vogliono, ricordando che coeducazione è educare senza stereotipi sessisti e con pari opportunità indipendentemente dal genere». Da qui si è innescata la cagnara social, fino alle accuse di discriminazione e all’apertura del fascicolo.

La Ley Trans, la legge francese

Carola López Moya non ha fatto nulla di male, ma agli occhi della legge regionale e della famigerata Ley Trans voluta dalla pasionaria dell’Uguaglianza Irene Montero (che ammette il cambiamento di sesso a partire dai 12 anni senza attestati medici né psicologici e vieta le terapie di conversione anche col consenso dell’interessato o dei suoi legali rappresentanti ritenendole un reato “molto grave” punibile con ammende fino a 150 mila euro) Carola López Moya è una pericolosa transfobica da trattare alla stregua di reazionari fascisti e clericali (Vox e i cattolici, appunto).

Una fisima condivisa dalla vicina Francia, dove il parlamento ha appena approvato una legge per introdurre nel Codice penale un nuovo reato: rischia ora fino a tre anni di carcere e 45 mila euro di ammenda chiunque pratichi le “terapie di conversione”, ovvero «le pratiche, i comportamenti o le proposte ripetute volte a modificare o a reprimere l’orientamento sessuale o l’identità di genere, vera o supposta, di una persona e aventi per effetto un’alterazione della salute fisica o mentale». In pratica, non facendo distinzione di età a medici, psicologi, psichiatri e psicanalisti per l’infanzia è stato vietato di prendere in cura minori che soffrono di disforia di genere.

L’allarme negli Usa che dà ragione a Moya

Eppure di reazionario e clericale nella posizione di Carola López Moya o dei cinquanta tra intellettuali e medici, filosofi, psicanalisti, avvocati, magistrati e insegnanti che avevano osato denunciare il fenomeno delle transizioni di genere precoci in Francia, non c’è proprio nulla. Nel Regno Unito, il boom dei detransitioners, degli scandali e delle cause dei pazienti come Keira Bell ha fatto luce sulle cliniche dei bambini-cavie transgender, dall’Arkansas all’Australia, dalla Svezia alla Finlandia cresce il numero di paesi che stanno vietando l’uso dei bloccanti della pubertà sui bambini a cui è diagnosticata la disforia di genere. Lancet Child & Adolescent Health chiede estrema cautela su questi farmaci sottolineando che sono necessarie ulteriori ricerche.

Negli Stati Uniti migliaia di pediatri americani si sono mobilitati contro i bloccanti promuovendo una causa contro l’amministrazione Biden e perfino la World Professional Association for Transgender Health (Wpath) ha emanato nuove linee guida per invitare alla cautela nei confronti di adolescenti e bambini. Per la prima volta un intero capitolo dedicato ai minori sottolinea infatti l’importanza di occuparsi della loro condizione psicologica prima di trattarli con farmaci e ormoni e di accertare che essi abbiano messo in discussione la propria identità di genere «per diversi anni» prima di procedere. Ma il problema in Spagna si chiama Carola López Moya.

 

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