Spagna, il governo cede a Podemos, «via alla Ley Trans»
Ley Trans, Podemos ha avuto la meglio sulle femministe del Psoe, il transattivismo sul femminismo storico. Dopo il muro alzato un mese fa al congresso attorno al cuore della normativa, l’autodeterminazione dell’identità di genere, i socialisti hanno dato l’ok al Consiglio dei ministri il 29 giugno, in piena settimana del Pride. Parte dunque l’iter di una “Legge per l’uguaglianza reale ed effettiva delle persone trans e per i diritti delle persone Lgtbi”, o Ley Trans, che non modifica di un millimetro le prerogative che avevano spaccato la maggioranza: consentire ai maggiori di 16 anni la libera autodeterminazione di genere. Cioè arrivare a cambiare sesso in Spagna presentando una semplice richiesta all’anagrafe.
Ley Trans, cambiare sesso a 16 anni
Nessun testimone, nessun certificato medico, nessun attestato psicologico e nessuna cura ormonale. A partire dai 16 anni basterà reiterare dopo tre mesi la richiesta per ottenere una nuova identità. Fra i 14 e i 16 anni ci vorrà il consenso dei genitori. E dopo 12 anni si potrà cambiare sesso tramite autorizzazione di un giudice. Secondo il ministro della giustizia Juan Carlos Campos la decisione verrà quindi valutata secondo i criteri di «maturità e stabilità». E sarà possibile anche tornare indietro, non prima di un periodo di sei mesi.
Montero, «è una legge femminista»
«Oggi facciamo la storia», ha proclamato la pasionaria di Podemos Irene Montero, ministra dell’uguaglianza e madrina di una legge che ha definito «femminista» nonostante l’opposizione delle femministe tradizionali del Psoe guidate dalla vicepresidente Carmen Calvo: «Il cosiddetto diritto alla libera determinazione dell’identità di genere o diritto all’autodeterminazione di genere manca di razionalità giuridica», recitava il documento firmato dalla direzione di Pedro Sánchez, al lavoro su un’altra legge per l’uguaglianza e la non discriminazione.
Vietate le terapie di conversione
Martedì i due testi sono stati fusi in un’unica norma che oltre a cancellare la necessità di fornire prove di una disforia (basterà sentirsi o desiderare essere maschio o femmina per diventarlo) sancisce il divieto di terapie di conversione anche col consenso dell’interessato o dei suoi legali rappresentanti. Le terapie diventano un reato “molto grave” punibile con ammende fino a 150 mila euro.
Vince la depatologizzazione completa, scrive il Manifesto, aggiungendo che la Ley Trans «prevede che la persona mantenga gli obblighi giuridici legati al proprio sesso fino al momento del cambio, e ne assume o perde gli eventuali vantaggi (come norme per favorire le donne) solo a partire del momento del cambio».
Riproduzione assistita per i trans
La legge riapre l’accesso a donne lesbiche, bisessuali o single alle tecniche di riproduzione assistita offerte dal sistema sanitario, includendo tra i beneficiari trans «con capacità di gestazione». E prevede una modifica del codice civile per semplificare la filiazione delle madri “non gestanti”: non dovranno più sposarsi né ricorrere all’iter dell’adozione per riconoscere il figlio avuto dalla partner. Per la prima volta si riconoscono i diritti degli “intersessuali”, i cosiddetti “ermafroditi” che non dovranno subire interventi o essere iscritti a un determinato sesso durante il primo anno di vita (la battaglia dei collettivi per vedere riconosciuto un terzo genere è ancora aperta).
Materiali scolastici Lgbt
Ancora, con la Ley Trans il gender arriva a scuola: come spiega El Pais, «il governo, previa consultazione con le comunità autonome, includerà “contenuti relativi al trattamento della diversità sessuale-affettiva e familiare delle persone Lgbti” nelle agende per l’ammissione, l’accesso e l’acquisizione di nuove specialità negli organismi di insegnamento. Le amministrazioni, inoltre, promuoveranno l’introduzione di riferimenti Lgbti positivi nei materiali scolastici».
Multe fino a 150 mila euro
Dovrà essere inoltre promosso e favorito l’accesso al mondo del lavoro degli Lgbti, «in particolare delle donne trans». La discriminazione sul lavoro, a scuola e in campo sanitario si pagherà cara con multe da 10 mila a 150 mila euro. Sono previste inoltre multe tra i 200 e i 2mila euro per chi molesta una persona a causa del suo orientamento sessuale o della sua identità di genere, o vandalizzandone i “beni del gruppo”, come centri e targhe. Multe da 2mila a 10 mila euro per chi non si rimuove da siti e social network espressioni discriminanti. La proposta adesso sarà sottoposta al dibattito e all’eventuale approvazione del Parlamento.
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