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Quando tutto fa cascare le braccia, mi è apparsa di nuovo davanti agli occhi la “croce di pietra” (Khatchkar), che esiste solo in Armenia, e costella ogni angolo della nostra terra. La nostra croce è diversa dalle altre, come le altre è piantata sul Calvario, ma ecco che dalla base conficcata del Khatchkar, dai piedi di Cristo, balzano su radici fiorite, che parlano già di risurrezione. La morte di papa Francesco ha questo stesso profumo per noi. Ha donato se stesso risorgendo come il Cristo vivo nella nostra fede così scadente.
Noi armeni ci ricorderemo per sempre quando ci ospitò in San Pietro il 12 aprile del 2015, nella Messa per i “martiri armeni”. Erano cent’anni dal “Grande Male”, la strage (il martirio) di un milione e mezzo di cristiani. Egli osò dire che «il primo genocidio del XX secolo ha colpito il popolo armeno, prima nazione cristiana». Il governo turco, per bocca di Erdogan, lo accusò di calunnia. Il governo italiano (allora di sinistra, ma che differenza c’è?) tacque. ...
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