
Sole che ride? No, grazie
Nell’ultimo decennio si è scatenato un clima di caccia alle streghe contro qualsiasi innovazione di tipo economico, scientifico o tecnologico influenzando pesantemente le scelte politiche, da una parte, e la consapevolezza critica dell’opinione pubblica dall’altra. Questa impostazione ideologica, che mette l’uomo sul banco degli accusati, con paradossale atteggiamento masochista, come “eversore” e “distruttore” di un ambiente naturale divinizzato e concepito come un totem immacolato ed immutabile, imputa alla scienza colpe immaginarie, chiedendole al tempo stesso interventi di tipo “riparatorio” se non “espiatorio”. È curioso che i rappresentanti dell’Italia, lontana dal rispettare gli accordi internazionali, si facciano antesignani di provvedimenti e di firme a trattati sui quali si dovrebbe riflettere. Agli inizi di quest’anno, la comunità scientifica ha presentato il 13 febbraio un appello in difesa della libertà della ricerca scientifica firmato da 1.500 scienziati e dedicando la Giornata di studio Ain del 12 marzo al tema “Integralismo ambientale e informazione scientifica”: la scienza non è foriera di catastrofi né produttrice di miracoli. Non vi è dubbio che danni all’ambiente e rischi alla salute siano anche legati alle attività umane e meritino attenta considerazione. L’inquinamento atmosferico e l’impatto ambientale di alcune attività industriali esistono e vanno affrontate. Con criteri scientifici però, che necessitano di conoscenze accreditate, non grida catastrofiste che sottintendono uno scollamento tra problemi reali e soluzioni massimaliste e demagogiche.
Bersagli: energia ed “elettrosmog”
Grazie alla disinformazione, al disimpegno politico e a interventi surrettizi in sede di programmazione economica, l’anacronistica rinuncia italiana all’energia nucleare, insieme a una concezione sbagliata di “sviluppo a crescita zero dei consumi energetici” e ad una demagogica politica restrittiva delle fonti energetiche, ha paralizzato le ricerche “nucleari” nel nostro Paese e penalizzato la programmazione di un sistema energetico che è sempre più vulnerabile e dipendente dall’estero e che è diventato uno dei più inquinanti del mondo. L’ambientalismo radicale ha come bersagli principali gli elettrodotti e le emissioni di onde radio delle apparecchiature elettroniche di telecomunicazione (telefoni cellulari) e di consumo (forni a microonde). Così l’Italia non riesce a costruire i nuovi elettrodotti che servirebbero per incrementare i flussi di energia elettrica (nucleare) importata a basso costo dalla Francia. Gli operatori di telefonia mobile, dal canto loro, si scontrano con le amministrazioni locali per estendere la rete delle stazioni radio-base. E tutto ciò senza che vi siano evidenze scientifiche di una effettiva pericolosità delle radiazioni elettromagnetiche, e comunque anche al di fuori delle normative stabilite dall’Unione Europea.
L’assurda gestione dei rifiuti
È un altro settore nel quale l’Italia ha perso tempo prezioso. Certe organizzazioni ambientaliste hanno bloccato gli impianti di termodistruzione, accusati di produrre diossina, e hanno spinto ad attuare piani di raccolta differenziata costosissimi e inefficaci. La quasi totalità dei materiali recuperati attraverso la raccolta differenziata, non trovando sbocco sul mercato, è smaltita in discarica, così come la componente organica dei rifiuti che, privata delle componenti combustibili (plastica, carta) non è più suscettibile di termodistruzione con recupero energetico. La raccolta differenziata ha fatto aumentare il volume dei rifiuti conferiti nelle discariche (vedi Napoli e la soluzione costosa degli inceneritori tedeschi). Tutto ciò è stato avallato da alcuni organi di consulenza dello Stato che, in omaggio alle “attese” della committenza politica, hanno deliberatamente ignorato, dopo averli approfonditi, i risultati delle esperienze operative già maturate in altri Paesi. Abbiamo tracciato anche in questo settore una italian way of thinking, che ha prodotto solo uno spreco di pubblico denaro, lasciando intatti – se non aggravati – i problemi.
L’orto di Frankenstein
Le tecniche agrobiotecnologiche e gli organismi geneticamente modificati sono un bersaglio privilegiato dell’ambientalismo radicale. Dopo avere terrorizzato la popolazione padana con l’uso strumentale dei dati sulla concentrazione di atrazina nelle falde freatiche, vengono attaccati gli Ogm, che consentirebbero di risparmiare fertilizzanti e anticrittogamici. Gli Ogm vengono presentati come prodotti dell’orto di Frankenstein, asserendone una pericolosità non provata su basi scientifiche. Si ignora deliberatamente che un loro impiego è ormai cosa acquisita in tutto il mondo e rappresenta forse il solo modo possibile per soddisfare in futuro le esigenze della popolazione mondiale; gli Ogm potrebbero consentire quella riduzione dell’utilizzo di fertilizzanti e di prodotti chimici in agricoltura, che il gli ambientalisti vorrebbero.
Cambiamenti climatici apocalittici
C’è poi la questione del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici. Eventi che sono ancora in fase di accertamento scientifico, soprattutto per quanto riguarda l’influenza delle attività umane. Sembra necessario accertare meglio l’influenza di cicli naturali legati all’attività solare e alla dinamica terrestre e atmosferica, di portata ben maggiore. Il clima terrestre è in continua evoluzione da milioni di anni, il fatto che le attività umane stiano influenzando in misura rilevante il clima terrestre è ancora da quantificare. Il catastrofismo, causa delle grida periodiche al buco dell’ozono o allo scioglimento delle calotte polari, può solo servire a far fiorire folgoranti carriere politiche o grossi business economici. È questo anche il senso di una più avveduta posizione sui vari protocolli (incluso quello di Kyoto) poiché è tutt’altro che dimostrato che la comunità scientifica ritenga certi effetti catastrofici dovuti all’attività antropica. Certe informazioni sembrano dettate da ambiti politico-burocratici e molto meno da ambiti scientifici.
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