Scritto con gli occhi
La Sla può bloccare il tuo corpo, ma non può fermare il tuo cuore e il tuo cervello
La cosa mi piaceva anche se il “viaggio” non era indifferente. Ma ho pensato: altri miei compagni di Sla, anche meno “in forma” di me, faranno questo sacrificio, posso non farlo io? E poi mi garbava l’idea di conoscere altra gente come il nuovo presidente nazionale di Aisla, Massimo Mauro, l’ex calciatore (in foto sotto), che ha ricevuto il “testimone” dal mio caro amico Mario Melazzini, e avrei incontrato il nostro assessore alla sanità, la dottoressa Simona de Francisci, una persona splendida che è sempre stata al fianco di noi malati di Sla (e lo dico per esperienza diretta).
Il viaggio è stato faticoso: pensate a voi stessi se – immobili – dovete percorrere 100 chilometri e ogni buco, ogni avvallamento, ogni traversina di ponti, si ripercuote sulla vostra schiena e sul vostro collo. Insomma, al confronto il Camel Trophy è per mammolette.
Finalmente giunti a Nurachi sono stata accolta meglio di una regina. Ho incontrato per la prima volta Paola e Gaetano Lo Giudice, amici da anni (da quando è nata Aisla Sardegna) e compagni di tante battaglie contro qualsiasi sopruso. Ho incontrato alcuni malati, più o meno gravi, e mi sono sentita onorata di essere in loro compagnia. Erano presenti anche alcune delle sostenitrici al gruppo di Facebook e mi sono meravigliata per il grande calore dimostratomi. Davvero, ragazze, non esagerate, mi fate arrossire! (questo è ciò che pensava la parte modesta di me. L’altra, invece, diceva: «Ma no, esagerate pure!»).
Dopo pranzo (pranzo, si fa per dire, ho mangiato tutto via Peg, una cosa che i sapori te li fa solo immaginare) ci sono stati i canti dei “Tenores di Neoneli”, bravissimi. Dopo hanno ballato, in costume tipico del luogo, i bambini della scuola di ballo sardo di Nurachi. Tra i bambini c’erano dei piccolini che al massimo avevano 4 o 5 anni, e dovevate vedere la serietà professionale con cui eseguivano i loro balli. Poi ci sono stati i ragazzi del gruppo di ballo di Zeddiani, eccezionalmente bravi, che hanno eseguito un ballo con un bicchierino pieno di vernaccia sulla testa. Fantastici! Per la prima volta in vita mia ho pensato che essere in carrozzina aveva un suo vantaggio: non rischi che qualcuno ti inviti a ballare e eviti brutte figure (ehmm… sì, in effetti, non è che ci sono proprio portata).
La giornata è stata meravigliosa e io sono stata l’ultima malata ad abbandonare il palazzetto.
Fatti i cento chilometri di ritorno con il solito problema di cui vi ho detto, sono arrivata a casa stanca morta ma felice.
È stata una giornata in cui abbiamo condiviso esperienze, emozioni, speranze, futuro, gioia, divertimento. Siamo stati tutti insieme: è incredibile come la nostra condizione abbatta le barriere di estraneità tra la gente. Malati e sani tutti uniti per dimostrare alla Sla che nessuno può “isolarci”, e che si può trovare tanta gioia in compagnia di persone che incontri per la prima volta ma con le quali condividi tutto.
La Sla non ci toglierà la gioia di amare la vita anche con tutte le nostre difficoltà. Perché, vedete, la Sla può immobilizzare tutto di voi, tranne i due organi più importanti: il cuore e il cervello. Per questo il malato di Sla può proseguire a fare le due cose veramente essenziali per la vita: amare e capire (e nel mio caso, pure andare a vedere la Ferrari).
bacioni,
Susanna
NB. Ringrazio Giuseppe che è sempre al nostro fianco e che ha organizzato questa bellissima festa anche se purtroppo non era nelle sue facoltà influire sul caldo che ci ha fatto patire molto (circa 37 gradi) . Eh caro Giuseppe, in questo ti devi ancora “specializzare”! Grazie a tutti per avermi REGALATO questa giornata meravigliosa che non scorderò mai.
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1 commento
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(questo è ciò che pensava la parte modesta di me. L’altra, invece, diceva: «Ma no, esagerate pure!»).
fantastica!