«Con 35 famiglie cristiane ci siamo rifugiati in chiesa a pregare. Il cancello della chiesa è stato colpito ed è saltato. Sono entrati combattenti armati a viso coperto, non siriani, e ci hanno detto: vogliamo uccidervi tutti, cani cristiani». Il racconto di padre George Louis su quanto avvenuto a Qara, Siria, tra il 16 e il 20 novembre è drammatico.
TERRORISTI ROMPONO LA TREGUA. Il paese era da mesi in mano ai ribelli dell’Esercito libero siriano (Fsa) e nonostante questo il governo di Assad, per tacito accordo, continuava a fornire elettricità, acqua e servizi agli abitanti. Per non colpire la popolazione l’esercito aveva rifiutato di contrattaccare ma tutto è cambiato quando «il 16 novembre, oltre 3.000 jihadisti calati dal villaggio sunnita di Arsal, piattaforma dei gruppi armati che penetrano in Siria attraverso il Libano, sono penetrati nel villaggio, trasformandolo in campo di battaglia», racconta padre Louis a Fides.
«I soldati del Fsa, in minoranza, si sono ritirati. La gente ha cominciato a fuggire. Circa 6.000 cittadini sono fuggiti verso città e villaggi vicini mentre razzi colpivano case e strade. Io insieme ad altri cristiani non sono fuggito».
LA TRATTATIVA E LA FUGA. Quando sono entrati in chiesa, i jihadisti hanno anche minacciato di «bruciare questo luogo idolatrico». Se non è avvenuta una strage è per merito di Emile, che parlando in arabo citando versetti del Corano ha spiegato ai terroristi che l’islam non prevede l’uccisione dei cristiani. «L’uomo ha risposto che avrebbe chiesto al suo capo, per decidere la nostra sorte e ha condotto i suoi uomini fuori dall’edificio», continua p. Louis. «Nel frattempo non siamo scappati da un’uscita secondaria e ci siamo rifugiati nella vicina Deir Atieh».
«CACCIA AL CRISTIANO». Dopo pochi giorni, però, anche questo villaggio è stato assaltato dai terroristi islamici, «che hanno iniziato una vera e propria caccia all’uomo». Le chiese della città sono state saccheggiate e i cristiani «presi in ostaggio» «Ci siamo nascosti negli scantinati per 4 giorni e 4 notti, senza acqua, cibo, elettricità. Dopo una notte di preghiera, abbiamo deciso di tentare la fuga. Alle 5 del mattino, siamo riusciti a uscire dal viaggio. Con una marcia forzata di sei ore, in gravi condizioni di percolo, siamo giunti a Sadad, altra città martirizzata». Qui sono stati accolti dai pochi cristiani ortodossi locali rimasti e tratti in salvo.
«AFFETTO TRA CATTOLICI E ORTODOSSI». A Qara la situazione resta drammatica: le case sono state razziate, le strade minate con esplosivi, la chiesa greco-cattolica di San Michele devastata e bruciata. Padre Louis trova una parola di speranza anche in una situazione come questa: «Questi sono combattenti stranieri estremisti, che vogliono solo seminare odio e violenza settaria, distruzione indiscriminata, del tutto privi di rispetto verso i civili. In questo esodo abbiamo provato la bella esperienza di solidarietà e affetto fra cristiani cattolici e ortodossi».