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Siria. «Chi sono davvero le vittime dell’attacco chimico a Ghouta?». Un rapporto mette in dubbio le prove Usa

Un gruppo di cittadini siriani evidenzia «numerose manipolazioni» nei filmati girati dopo la strage. Famiglie di Latakia avrebbero riconosciuto nei video i propri figli rapiti dai ribelli

Leone Grotti
23/09/2013 - 12:14
Esteri
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Il rapporto Onu sull’utilizzo di armi chimiche in Siria ha provato che un attacco a base di gas Sarin è stato effettuato lo scorso 21 agosto a Ghouta, a pochi chilometri da Damasco. Il rapporto, pur senza nominarlo esplicitamente, attribuisce la responsabilità dell’attacco al regime di Bashar al-Assad. Non è stato possibile accertare il numero delle vittime che, secondo i ribelli, sarebbero almeno 1466 mentre per l’intelligence francese si fermerebbero a 281.

«PROVE MANIPOLATE». Un rapporto realizzato dal International Support Team for Mussalaha in Syria (Isteam), gruppo di cittadini siriani presieduto da suor Agnes Mariam della Croce, sostiene che alcuni dei 13 filmati mostrati dagli Stati Uniti per provare le atrocità dell’attacco sono in larga parte «costruiti in modo artificiale e (…) manipolati». I filmati mostrano le vittime dell’attacco chimico, soprattutto bambini, con «numerose incongruenze di carattere logico e fattuale». Lo scopo del rapporto è quello di evidenziare che chi ha realizzato i filmati «non ha svolto un onesto servizio di informazione (…) creando ad arte dei fatti attraverso la manipolazione letale di bambini non identificati».

«FIGLI RAPITI». Isteam sottolinea di aver deciso di fare uno studio dopo che molte famiglie siriane di Latakia si sono messe in contatto con loro affermando che alcuni dei bambini mostrati nei video erano i loro figli rapiti dai ribelli. Queste famiglie sono quelle sopravvissute a un attacco dei qaedisti di al-Nusra il 4 agosto 2013, che dopo aver attaccato undici villaggi a Lattakiah, hanno preso in ostaggio più di 150 persone tra donne e bambini. Alcuni di quegli ostaggi, secondo le famiglie che hanno contattato il gruppo, sono appunto stati visti tra le vittime dell’attacco di Ghouta.

SOPRATTUTTO BAMBINI. Secondo le testimonianze locali, l’attacco chimico è stato effettuato alle 2.30 del mattino nell’est di Ghouta, tra Zaynia e Ein Tarma, una zona dove secondo testimoni non viveva quasi più nessuno a causa della guerra civile in corso.
«La prima cosa che colpisce dei filmati – si legge nel rapporto – è il gran numero di bambini che sembrano dormire, che vengono da nessun luogo, senza famiglie o persi dai genitori e che non sono mai stati identificati». Nei video, inoltre, ci sono molti bambini abbracciati dal padre che piange la loro morte, come nell’immagine qui a fianco. «Ma dov’era lui?», si domanda l’Isteam nel rapporto. «Dov’è la loro madre? Perché sono morti solo loro e non i loro genitori? Il gas può distinguere bambini e genitori?».

«DOVE SONO LE DONNE?» Nella maggior parte dei video, continua il rapporto, si vedono solo gli uomini e mai le donne. «Questa storia è ancora più strana: un padre “sano” riceve dalle braccia di alcuni uomini suo figlio vivo: com’è possibile che in un normale quartiere ci siano solo uomini? Dove sono le donne? Come ha fatto quest’uomo a perdere suo figlio? Come è possibile che lo “aspettasse” a casa sapendo che ci sono centinaia di bambini che stanno morendo? La scena è artificiale e non convince affatto».

INCONGRUENZE TRA FILMATI. Nel filmato numero 13 un uomo porta la figlia in braccio piangendo la sua morte. Ma in un video caricato appena dieci minuti dopo dallo stesso autore, la stessa ragazza è viva, senza il padre, viene curata e «non sembra in fase critica». In entrambi i video non c’è traccia della madre e «non si comprende perché la bambina sia morta mentre il padre sta bene». In un filmato, inoltre, la bambina viene adagiata assieme ad altri corpi, stesa per terra, nell’altro è da sola. Ma il tempo che passa tra i due è molto breve «ed è improbabile che in una situazione tale di emergenza si cambi più volte la disposizione dei cadaveri».

«DIVERSI VIDEO, STESSE VITTIME». Un altro problema citato dal rapporto è quello delle vittime, quasi tutti bambini, mostrate nel video 11 realizzato da Kafarbatna City. I corpi di nove di quegli stessi bambini vengono mostrati anche in un altro video, in un’altra stanza, ma a Jobar. «Perché sono stati trasportati lì? Sembra che il trasporto di bambini sia stato effettuato per ottenere, di volta in volta, la migliore composizione». Il rapporto mette anche in dubbio le testimonianze nei filmati di alcune persone che dicono di essersi accorte dell’attacco chimico dall’odore «mentre si sa che il gas Sarin è inodore».

«SEPOLTURE SOSPETTE». I filmati, infine, mostrano la sepoltura di sole otto persone e neanche un’affollata processione, «che di solito invece accompagna ogni singola vittima in Oriente». «Si vedono sepolti otto corpi. E gli altri 1458? Dove sono le donne [ai funerali]? (…) Non c’è stato neanche un funerale pubblico (…) ma 1466 morti sarebbero dovuti essere un uragano sociale».

SERVE UN’INDAGINE. Il rapporto si conclude così: «Abbiamo scoperto che i filmati presentano prove di una disposizione scenica dei corpi di bambini deceduti. Studiando i video integrali, abbiamo scoperto che la popolazione dell’est di Ghouta è incoerente con la composizione delle famiglie nella società siriana. Così, presentendo l’esistenza di un terribile crimine, ci chiediamo: chi sono i bambini esposti in questi video? Da dove vengono? Dove sono i loro genitori? Come sono morti? Dove sono i loro corpi sepolti? Riteniamo che viste le altre incongruenze dei filmati, ci sia l’obbligo morale di un’indagine internazionale».

DUBBI SUL RAPPORTO. Il rapporto di Isteam avanza ipotesi inquietanti con argomentazioni spesso convincenti, che però lasciano alcuni dubbi. I filmati possono essere stati davvero costruiti ad arte, e quindi ritenuti prove insufficienti per determinare quanto avvenuto a Ghouta il 21 agosto, ma non hanno mai avuto la pretesa di essere esaurienti. Se un video riprende la sepoltura di otto persone, ad esempio, questo non significa che anche le altre vittime non siano state sepolte, magari non filmate, e che, è il ragionamento implicito del rapporto, non ci siano state davvero quelle vittime. La stessa cosa vale per altri dettagli contenuti nel rapporto. Resta il fatto che le dichiarazioni delle famiglie che affermano di aver visto i propri figli rapiti tra le vittime di Ghouta sono gravissime. Tutte le domande che vengono avanzate sono da prendere perlomeno in considerazione e confermano quanto le prove raccolte dagli Stati Uniti siano deboli, come affermato anche da molti membri del Congresso americano, e quanto sia difficile ottenere testimonianze davvero attendibili da queste zone di guerra.

Per vedere il rapporto dell’Isteam e i filmati clicca qui (attenzione: alcune foto e le immagini contenute nei video sono forti). 

@LeoneGrotti

Tags: armi chimichegas sarinGhoutaribelli siriaSiria
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