Memoria popolare

«Si tratta di concepire la Chiesa realmente come popolo»

Di A cura di Fondazione Europa Civiltà
12 Maggio 2023
Considerazioni di Rocco Buttiglione sull’impegno sociale e politico dei cattolici. Dalle origini della dottrina sociale fino alla novità dell’approccio giussaniano. Correva l’anno 1975
Foto di Rob Curran per Unsplash

Seconda parte della sintesi delle relazioni tenute durante il convegno “Per una scuola libera popolare e democratica”, tenutosi a Rimini nell’agosto del 1975 e promosso da Comunione e Liberazione. Le uscite precedenti della serie sono reperibili in questa pagina.

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Il convegno “Per una scuola libera popolare e democratica” promosso da Comunione e Liberazione fu aperto da una corposa relazione di Rocco Buttiglione, allora assistente di Augusto Del Noce all’Università di Roma e incaricato di Filosofia politica presso l’Università di Urbino. Le sue “Considerazioni sull’impegno sociale e politico dei cattolici in Italia negli ultimi trenta anni” in realtà spaziavano ben oltre i limiti temporali preannunciati, e andavano dalle origini della dottrina sociale cristiana moderna fino al dibattito, allora vivo, sul concetto gramsciano di “egemonia”.

Il Magistero cattolico di fronte al capitalismo

Nella prima parte dell’intervento Buttiglione cercava di rispondere a due critiche formulate contro l’atteggiamento della Chiesa di fronte al fenomeno del capitalismo: la scarsa capacità analitica delle prime encicliche sociali e dei primi giudizi del Magistero sul capitalismo, il riflesso difensivo di un’istituzione che pensava solo a conservarsi. Giustificava l’apparente inadeguatezza del primo magistero sociale moderno con le profonde trasformazioni dell’economia e dell’assetto politico, che avevano visto sostituire le forme palesi di sfruttamento del passato con le forme di sfruttamento mascherato del lavoro dipendente capitalistico. L’approccio precettistico ottocentesco della Chiesa

«è quello che appare necessario ed ovvio in una società in cui il ritmo della trasformazione sociale è relativamente lento. […] In una simile società la previsione o il precetto che viene formulato in un momento determinato è probabilmente applicabile non solo al caso concreto in relazione al quale è stato pensato, ma in relazione a tutti i casi analoghi che si sono presentati nel passato e che si presenteranno in futuro. È difficile pensare che le cose possano, con il tempo, cambiare così radicalmente, da rendere problematico il senso di un’affermazione o da capovolgerne il significato».

Con l’avvento del capitalismo il quadro cambia completamente:

«La borghesia non può continuare ad esistere e a conservare il proprio dominio sociale, senza sconvolgere e rivoluzionare continuamente il metodo della produzione, le sue forme materiali, le forme di organizzazione del lavoro, i consumi e le strutture di vita familiari e sociali con essi connesse. L’era del dominio del grande capitale è dunque un’era di rapidissime trasformazioni della tecnologia, dell’arte, della scienza, del gusto e del costume. È questo quadro, nel quale la trasformazione si opera, e non il semplice fatto del cambiamento, che fa in modo che i giudizi morali siano sempre come indietro di un passo rispetto alla realtà. [D’altra parte] con tutti questi limiti, la Chiesa cattolica avverte il carattere dissolvente del nuovo modo di produzione e prende posizione rispetto ad esso, condannandolo. […] Del nuovo modo di produzione Leone XIII non intende il modo di funzionamento interno come sfruttamento, coglie però acutamente una serie di fenomeni di dissoluzione».

La prospettiva ecclesiale di Cl

L’altra critica fatta alla Chiesa, quella secondo cui «la Chiesa andrebbe trattata come una potenza puramente mondana ed il suo rapporto con la società civile sarebbe semplicemente motivato, in ogni tempo ed in ogni circostanza, dagli interessi dell’istituzione ecclesiastica», innesca le posizioni più estreme all’interno di quello che allora era definito il “dissenso cattolico”, esemplificate nelle parole con cui Giuliano Della Pergola definisce l’obiettivo di tale corrente: «Trasformazione del cristianesimo da prevalente annuncio della salvezza a lotta politica e impegno militante contro i falsi annunci di salvezza dati dall’istituzione ecclesiastica».

Ciò fornisce a Buttiglione l’opportunità per chiarire la prospettiva ecclesiale di Comunione e Liberazione e il suo approccio al cristianesimo inteso non come un insieme di dottrine o come la copertura religiosa di interessi istituzionali, ma come una vita di popolo.

«L’annuncio della salvezza portata da Cristo non si esaurisce in alcun momento storico né in alcun compito, anche se è incontrabile nel concreto delle circostanze materiali e culturali di un dato momento storico. Ciò che la Chiesa propone è piuttosto l’incontro con un fatto che svolge nella società e nella storia un’azione che rende presente e visibile un’esperienza originaria: quella dell’incontro di Dio con gli uomini in Gesù Cristo. Il messaggio cristiano è certo pieno di contenuti determinati, ma essi ricevono il loro senso pieno all’interno della comunione, che è il metodo che continuamente ne verifica, ne ricalibra e ne ripropone il significato effettivo. Affermare allora l’unità della Chiesa come principio metodologico significa contemporaneamente affermare che essa ripropone nel tempo l’identità cristiana secondo una dinamica propria, che non è di semplice adeguamento di un insieme di contenuti determinati al variare delle circostanze, ma di reale invenzione delle forme e dei modi della propria presenza, secondo una prospettiva che non si limita a reagire alla provocazione del mondo, ma essa stessa lo contesta con il proprio annuncio.

Ciò vale a dire che la Chiesa è una vita che si svolge in un popolo e gli dà forma. Nella prospettiva che abbiamo indicato per prima, la storia della Chiesa è, in modo privilegiato, storia della dottrina della Chiesa, del suo adeguarsi e precisarsi nel corso della storia; nella seconda prospettiva che abbiamo indicato, la storia della Chiesa è soprattutto storia dell’istituzione ecclesiastica, del modo in cui essa ha difeso nel tempo i propri privilegi; nel terzo modello proposto […] la storia della Chiesa è soprattutto storia della santità e storia della pietà popolare, del modo cioè in cui l’annuncio cristiano ha direttamente operato, producendo modi di essere e strutture personali e sociali».

Storia di questa carne e storia dello Spirito

Da tutto ciò discende l’affermazione della realtà della Chiesa come soggetto storico e popolare, sociale e politico:

«L’unità della Chiesa è insieme la presenza della comunione fra gli uomini, la sua emergenza visibile e l’insieme delle condizioni materiali di questa emergenza, la carne umana di coloro che in essa sono coinvolti, con i loro interessi particolari, la loro meschinità, il loro peccato. Questi aspetti, che non possono mai essere totalmente separati nella realtà, possono però essere concettualmente distinti. La storia della Chiesa è dunque dialetticamente storia di questa carne e insieme storia dello Spirito di Dio, che in essa, attraverso essa e nonostante essa, si rende visibile e percepibile. Si tratta di concepire la Chiesa realmente come popolo che, nella storia e nelle diverse circostanze, ripropone la propria identità, cioè come soggetto».

(2. continua)

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