Sette indizi fanno una prova. Il piano di Prato è un business da suicidio assistito

Di Tempi
06 Settembre 2007

Alitalia dice addio a Milano e punta tutto su Fiumicino. Questo ha deciso il cosiddetto “piano Prato”, vera summa di contraddizioni sul piano industriale e non-sense gestionali. Per più di una ragione. Primo perché il piano in oggetto è stato partorito dallo stesso management che negli anni ha contribuito ad affossare Alitalia. Secondo, perché è stato vergato a quattro mani insieme ai vertici di Air France, potenziale acquirente che punta a depotenziare Malpensa al fine di concentrare sull’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi i passeggeri italiani che fanno scalo per le destinazioni intercontinentali. Terzo, perché il piano viene espressamente definito di “sopravvivenza” mentre si profila come una scelta di lungo periodo visto che spostare voli da Malpensa a Fiumicino non è operazione che si compia in un giorno. Quarto, il prerequisito affinché questo trasferimento possa avvenire è che Fiumicino si doti «di un piano di sviluppo infrastrutturale e di miglioramento gestionale dello scalo unito a una riduzione dei costi». Ovvero, si trasferiscono voli su uno scalo che non è attualmente in grado di gestire questo volume di traffico. Quinto, Malpensa è l’aeroporto più puntuale d’Europa, ha un numero di bagagli smarriti molto più basso di Fiumicino (37 per mille contro il 170 per mille nel periodo di punta luglio-agosto) ed è stato nominato miglior cargo europeo dalle compagnie aeree. Sesto, fra le tratte in predicato di essere trasferite a Fiumicino ci sono il Milano-Nuova Delhi (il cui coefficente di riempimento passeggeri è dell’87 per cento), il Milano-Bombay (84), il Milano-Shangai (82) e il Milano-San Paolo (90). Settimo, se questo accadrà il passeggero milanese per giungere in queste mete farà scalo a Parigi, Francoforte o Zurigo, non certo a Fiumicino. Con una perdita netta per Alitalia di 600 euro per passeggero. Complimenti. Davvero.

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