Sette anni di giustizia in Italia

Di Barbone Marco
17 Maggio 2000
Un ex-terrorista travolto da “un libro che ogni studente dovrebbe leggere e che, all’improvviso, mi ha ricordato le conversazioni in carcere con un amico delle Br…”. Insolita presentazione al “legal thriller” di Lino Jannuzzi “Il processo del secolo. Come e perché è stato assolto Andreotti”.

Forse per una deviazione che capirete e ci perdonerete, siamo fra i più accaniti ascoltatori di programmi radio-televisivi francamente noiosissimi, ma decisamente istruttivi sulla nostra società e sul suo grado di civiltà. Stiamo parlando di “Un giorno in pretura” (Rai) e soprattutto “Speciale giustizia” (Radio Radicale). Effettivamente seguire processi narrati in tempo reale è un’ardua impresa ma vi invitiamo a fare ogni tanto un piccolo sforzo perché “di quella sto-ria si conoscevano il principio e la fine, ma nessuno sapeva ciò che era successo in mezzo.” (J.L.Borges).

I garantisti tardivi…
Con questa citazione si chiude il volume “Il processo del secolo” (Mondadori) la cui lettura non solo vi consigliamo ma moralmente vi imponiamo. Non preoccupatevi, non è affatto noioso ed è di svelta ed appassionante lettura, sarebbe un bellissimo “legal thriller” se non fosse che parla di uno degli strumenti con cui è stata decapitata la DC, non solo come partito politico ma anche come parte della nostra storia trasformata in un vile connubio tra mafia e potere.

Tutti voi siete convinti che il processo Andreotti sia stato solo un evento politico e in come tale iniziato e finito. Questo ve lo hanno fatto credere i principali media, non solo per la costante opera di disinformazione e demotivazione ad occuparsi di cose interessanti che sembra essere la loro missione, ma anche perché dei grandi processi si conoscono le fasi iniziali e il clamore delle sentenze; e nulla più. Il grande Lino Jannuzzi colma questa voragine e ci in-forma sui sette anni del processo, dalla richiesta di autorizzazione a procedere, 27 marzo 1993 al 23 ottobre 99 data dell’assoluzione. Già l’autorizzazione a procedere: è lì che si è consumato il primo grande atto del processo del secolo, sotto la presidenza del senato-re Pellegrino, tardivo garantista che ex-post (da una tribuna rimi-nese un po’ particolare) ha detto che quel processo non avrebbe dovuto neanche essere celebrato. Dimenticava forse che lui era stato l’artefice di un vero e proprio trucco regolamentare con cui era passata l’autorizzazione a procedere: aveva messo ai voti la negazione dell’autorizzazione perché per regolamento una mozione respinta automaticamente fa approvare la sua opposta.

Gli amici del Ppi…
Così è iniziato il processo, con la consapevole complicità di Mino Martinazzoli. E poi Jannuzzi vi guiderà nell’intricato svolgimento di quella che chiama “Opera dei pupi”, il dipanarsi dei pentimenti grandi e piccoli, e del loro utilizzo; dal pupo Buscetta fino a Bru-sca, passando per il famoso Baldassarre Di Maggio, colui che ave-va fatto arrestare Riina e per questo con i miliardi della taglia era stato lasciato libero. Come tutti sapete aveva ripreso a mafiare, cioè estorcere ed uccidere finchè fu riarrestato dai carabinieri del ROS del generale Mori. Risultato, Di Maggio è di nuovo libero, Mori è stato destituito e i PM di Palermo continuano a ritenere credibile l’inventore del bacio fra il sette volte presidente del con-siglio e il capo dei corleonesi. E così saprete che Violante, sicura-mente uno degli organizzatori del processo, ha fatto entrare in Parlamento il mafioso Buscetta e ha dato il via alla caccia al terzo livello, contro cui aveva invano lottato il giudice Falcone, ucciso dalla mafia dopo essere stato accusato di connivenza col potere dal sindaco Leoluca Orlando in una trasmissione di Santoro. Vi ab-biamo sciorinato un po’ di nomi tanto per darvi qualche connota-zione dell’intreccio politico che ha organizzato e sostenuto l’accusa contro Andreotti.

E la rivelazione a pag. 205 Il volume di Jannuzzi ci offrirebbe mille spunti, clamorose rivela-zioni che lasciamo alla vostra lettura. Ma un momento fondamen-tale é il processo di Perugia per l’omicidio di Mino Pecorelli, per cui era stata chiesta la condanna all’ergastolo per Andreotti. Sì perché il movente di quell’omicidio era il lavoro ricattatorio di Pe-corelli che avrebbe talmente infastidito Andreotti al punto di spin-gere don Tano Badalamenti a fargli un favore uccidendolo. Ebbe-ne il favore di Badalamenti, é la prova fondamentale della pene-trazione organica della mafia nei gangli del potere democristiano.

Secondo l’accusa, Pecorelli era venuto a sapere che l’originale manoscritto del memoriale, ritrovato a Milano, sarebbe stato por-tato dal generale Dalla Chiesa allo stesso Andreotti per consentirgli di eliminare quelle parti ancora inedite e per lui sicuramente imbarazzanti. Una immagine, quella delle due versioni del memo-riale, radicata al punto di essere ritenuta un dato di fatto. Rendia-mo onore quindi alla avvocato Giulia Buongiorno che si é letta le 419 pagine scritte da Moro e ha “scoperto” che i due memoriali sono identici; sicché non c’era motivo di far uccidere il povero Pecorelli. La pagina 205 del libro di Jannuzzi é di una importanza fondamentale e la sua acutezza ci ha lasciati senza fiato allorché arriva alla conclusione che le BR non erano riuscite a strappare a Moro una condanna del suo partito e dei suoi colleghi. Per le BR insomma il “processo politico” a Moro era stato una sconfitta, ci dice Jannuzzi. La nostra memoria non può non andare alle lunghe conversazioni carcerarie con il professore Enrico Fenzi, ritenuto l’ideologo delle BR, che appunto ci aveva raccontato dell’incapacità politica delle BR a gestire il sequestro Moro; e colui che fu nella direzione strategica delle BR arrivò alle stesse conclusioni di Sciascia e Jannuzzi, il processo a Moro era stato una sconfitta politica delle BR.

Abbiamo corso il rischio di annoiarvi e confondervi le idee con questo turbine di nomi ed eventi, ma la consapevolezza di quanto succede nei tribunali é un tassello fondamentale per la compren-sione del crollo della DC, dell’evoluzione giuridica della nostra società; possiamo dunque capire che non ascoltiate lo “Speciale giustizia”, ed é un peccato, ma non potete non leggere questo libro che proponiamo come testo obbligatorio di educazione civica.

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