Senza tristezza non si scalano le classifiche pop

Di Elisabetta Longo
16 Giugno 2012

Certe ricerche sono divertenti da leggere quanto inutili nella pratica. Ad esempio quella dello psicologo Schellenberg e del sociologo von Scheve, che hanno applicato la loro fatica per capire come sia cambiata la musica pop dagli anni Sessanta a oggi. Dopo lo studio sulle classifiche di Billboard, per capire come si possono prevedere i nuovi tormentoni, i due scienziati hanno indagato l’umore dei cantautori e dei brani arrivati in top ten. E hanno fatto una scoperta sconcertante, almeno per le case discografiche: la musica pop di oggi è sempre più triste. Lo dimostrano i battiti al minuto dei brani e le tonalità con cui i cantanti le eseguono. Più la melodia sarà in minore, quindi, maggiore sarà il successo del brano.

Come se non bastasse, la ricerca ha anche evidenziato che brani con testi da “dammi una lametta che mi taglio le vene” vendono molto di più. Se c’è un drammone d’amore la vetta della classifica è assicurata, esempio lampante è Adele, senza dimenticare James Blunt, la cui You’re Beautiful è la più eseguita ai funerali. «I testi dei maggiori successi pop sono diventati sempre più negativi e concentrati sull’io ma che anche la musica ha acquistato un suono sempre più triste e con maggiori sfumature emotive» hanno scritto i due studiosi sulle pagine della rivista scientifica Psychology of Aesthetics, Creativity and the Arts. «Molti sostengono che la musica pop sia banale nella sua spensieratezza, per questo adesso i compositori si tengono su un livello emotivo più basso, che sembra più interessante e più complicato! L’eccezione che conferma la regola però c’è, ed è come sempre Lady Gaga.

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