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Un’archeologa al lavoro sui resti recentemente scoperti di una vittima dell’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei nel 79 d.C. (foto Ansa)
A Pompei è venuta alla luce una scoperta clamorosa, prontamente diffusa col titolo: «Quella madre era un uomo». Si è riusciti a estrarre il Dna da alcuni calchi in gesso che furono fatti riempiendo i vuoti lasciati dalle vittime dell’eruzione del 79 d.C. ed è emerso che due corpi, da sempre chiamati “madre e figlio”, appartengono a un adulto maschio e a un bambino senza nessuna relazione di parentela con lui.
Ci sono almeno due motivi per sorprendersi. Primo, siamo recidivi verso certi stereotipi. C’è, evidentemente, qualcosa di testardo nel nostro sguardo. Di fronte a una figura adulta che abbraccia e custodisce con il proprio corpo quello di un bimbo, l’intuizione umana era approdata spontaneamente all’ipotesi di “madre e figlio”. E, forse, c’è da stupirsi di essere scampati alle proteste per proporre qualcosa di più inclusivo, magari “...
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