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Se la libertà è a rischio, la Chiesa interviene

Nel 1922 contro il regime fascista e nel 1937 contro l'Urss. Ora contro il ddl Zan. Il Vaticano denuncia i pericoli delle ideologie totalitarie

Aldo Vitale
22/06/2021 - 13:38
Chiesa
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Un momento della manifestazione Pride 'Per la legge Zan e molto di più: non un passo indietro', a Torino, 5 giugno 2021
Un momento della manifestazione Pride “Per la legge Zan e molto di più: non un passo indietro”, a Torino, 5 giugno 2021

«La grande lezione del cristianesimo primitivo è stata la libertà di coscienza»: così John Acton condensava l’esperienza delle prime comunità cristiane che, loro malgrado, furono perseguitate proprio perché non accettarono passivamente la sottomissione ai dettami spirituali e morali dell’impero romano il quale pretendeva di controllarne le coscienze o vietandone il culto o pretendendo che esso fosse inserito all’interno del panteismo imperiale.

La storia della Chiesa, dunque, nasce come spazio di rivendicazione della libertà di coscienza contro l’imperialismo morale dello Stato che non si accontenta di governare le azioni dei sudditi, dei cittadini, dei consociati, ma pretende di modellarne le idee, di forgiarne le menti, di plasmarne le coscienze.

Perché il Vaticano ha reagito

In fondo, la tragica storia del XX secolo costituisce il più fulgido esempio in questo senso, cioè non soltanto chiarendo come ad una massiccia de-cristianizzazione della civiltà occidentale conseguono inevitabilmente regimi di inumana ferocia, ma per di più che proprio espungendo l’energia cristiana dalla società lo Stato si auto-idolatra, trovando nel pensiero razziale o in quello classista (e oggi in quello genderista) il veicolo preferenziale per degenerare in tirannia.

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Ecco perché il ddl Zan è da ritenere contrario al Vaticano, ed ecco perché il Vaticano ha giustamente reagito per salvaguardare la tutela della libertà di coscienza dei cattolici che rischia di essere gravemente compromessa dall’eventuale approvazione del predetto disegno di legge.

L’ateismo in Urss

Del resto, proprio la recente storia dimostra che il Vaticano si è attivato anche altre volte in occasioni simili, non perché la Chiesa ami intromettersi nelle questioni politiche, ma perché, semmai, lo Stato – specialmente quello dalla vocazione totalitaria – ama insidiarsi nelle questioni di coscienza.

Già nel 1922, infatti, alla conferenza di Genova del 10 aprile, il Vaticano aveva espresso le sue formali doglianze al rappresentante dello Stato sovietico, poiché la legislazione e la politica ateistica intrapresa dal governo dell’Urss aveva soppresso le più elementari libertà dei fedeli in Russia.

In quell’occasione, quindi, il rappresentante del Vaticano chiese che le autorità sovietiche riconoscessero piena libertà di coscienza, libero esercizio della religione e del suo insegnamento, nonché la restituzione di tutti i beni della chiesa confiscati dalle autorità sovietiche.

Il decreto Lessona

Non diversamente accadde allorquando il regime fascista, nella primavera del 1937, fu in procinto di approvare il cosiddetto “decreto Lessona” che avrebbe vietato i matrimoni interrazziali nelle colonie italiane in Africa tra i “nazionali” e le donne indigene.

In questa seconda occasione il Vaticano reagì tramite il cardinale Eugène Tisserant, segretario della Sacra Congregazione per le Chiese Orientali e tramite il Nunzio apostolico in Italia, Francesco Borgongini Duca. Quest’ultimo nell’esercizio delle sue funzioni trattò del problema sia con il sottosegretario agli Interni, on. Guido Buffarini Guidi, sia direttamente con il ministro dell’Africa Italiana, on. Alessandro Lessona da cui per l’appunto prendeva il nome il suddetto decreto.

Il Vaticano, infatti, non poteva tacere dinnanzi a provvedimenti razziali di tal fatta che si intromettevano nei rapporti matrimoniali che per la Chiesa cattolica erano perfettamente validi ed efficaci.

Alla fine il provvedimento fu bloccato proprio in virtù del Concordato (del 1929) perché lo stesso Alessandro Lessona fu costretto a riconoscere che non si potevano vietare quei matrimoni che avevano un presupposto soprannaturale che lui stesso come cattolico non poteva negare.

La violazione del Concordato

Similmente sta accadendo con il ddl Zan in seguito alla nota informale che il Vaticano ha fatto pervenire al governo italiano denunciando i concreti rischi per la libertà di coscienza, di espressione, di professione del culto, di insegnamento che il ddl Zan comporta in virtù della evidente vocazione totalitaria dello stesso.

A ciò si aggiunga la concreta violazione del Concordato (del 1984) nella misura in cui le giornate di propaganda dell’ideologia gender che devono essere svolte nelle scuole ai sensi dell’articolo 7 del suddetto disegno di legge non consentono né una esenzione dei singoli alunni, né delle scuole cattoliche che non potrebbero essere esonerate dall’insegnamento di dottrine – come quelle appartenenti all’ideologia gender – frontalmente e irrimediabilmente inconciliabili e contrarie al cristianesimo (come più volte lo stesso papa Francesco ha avuto modo di ribadire).

Ideologie totalitarie

Il Vaticano, dunque, ancora una volta sta denunciando dinnanzi ad una opinione pubblica cieca e sorda – come del resto era quella degli inizi del XX secolo – i pericoli di ideologie totalitarie che traducendosi in leggi e provvedimenti rischiano di sopprimere la più fondamentale di tutte le libertà, cioè quella di coscienza.

Non si tratta né di una questione di fede, né di una questione afferente ai soli cattolici, ma di una universale problematica di carattere strettamente giuridico, la cui sostanza può essere in conclusione sintetizzata con le parole del noto dissidente Alexandr Zinov’ev per il quale, infatti, «non è detto che una normativa (o legalità) qualsiasi sia indice di una società basata sul diritto».

Foto Ansa

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