Umberto Ambrosoli è «appassionato di libri gialli». E i suoi ghostwriter ne hanno redatto uno speciale: il suo programma di governo per la Regione Lombardia. L’avversario principale della coalizione di centrodestra, guidata da Roberto Maroni, è sostenuto da un’ampia coalizione di forze, di cui fa parte anche l’Idv di Di Pietro. Tempi.it ha sfogliato il suo sito e il suo programma per capire meglio chi sia e cosa vuole fare per la Lombardia.
LETTURE. Non solo nel genere giallo, ma, anche nella narrativa, Ambrosoli «predilige le autrici italiane». Da buon giovane con la faccia pulita, ama lo sci-alpinismo e bazzica la Scala. Il libri che tiene sul comodino? Come se niente fosse di Letizia Muratori (esperienza narrativa basata sui gruppi di autocoscienza femminista degli anni ’70) e, «in perpetua rilettura», In viaggio con l’amico di Francesco Berti Arnoaldi (racconto di un cattolico, democratico, antifascista attivo).
LA FORZA DELL’INNOVAZIONE. Fra le priorità di Ambrosoli, lo dice chiaramente nel suo programma, ci sono “la questione giovanile” e l'”innovazione”. A questo proposito è interessante notare che il gruppo che ha redatto il suo piano di sviluppo economico abbia una età media di 72 anni. Come coordinatore del progetto, fra l’altro, Ambrosoli pesca nell’area di riferimento (a quanto pare, sempre verde) dell’ingegner Carlo De Benedetti, patron del quotidiano La Repubblica.
NEOLIBERISMO TALEBANO. Marco Vitale, classe 1935, è uno che non le manda a dire. Se la prende con il «leaderismo» di Mario Monti che tende a «favorire sfacciatamente la Chiesa», con la «setta di CL», con i «ladri di polli» della Lega, e (anche nel progetto di Ambrosoli) con quel noto fenomeno economico che da anni affligge l’Italia, dalle Alpi alla Sicilia: il «neoliberismo talebano». L’ex consulente finanziario dell’Olivetti debenedettiana, già sostenitore del piddino Filippo Penati (sotto processo per corruzione), ha sempre dichiarato il suo odio per le idrovore che «continuano a svuotare le casse pubbliche a favore delle private».
IL BUONO SCUOLA. Il pool di innovatori ambrosoliani sul buono scuola ha le idee chiare. Occorre «ripensare i criteri di distribuzione delle risorse pubbliche di sostegno allo studio, rimodulando il sistema delle doti con particolare attenzione a un necessario riequilibrio delle risorse tra gli studenti che frequentano le scuole statali e quelli che frequentano le scuole paritarie». Tradotto in italiano significa svuotare di senso il buono scuola, che da strumento per la libertà di scelta educativa verrebbe riadattato come sostegno generalistico alle famiglie con basso reddito.
FORMAZIONE PROFESSIONALE. Questa è un’area, avverte la dirigenza di innovatori ambrosoliani, dove «potenzialmente si rischia di consolidare fenomeni di esclusione sociale». Bisogna dunque promuovere «esperienze formative» in cui «l’ente pubblico» «garantisce una formazione generalista» e «delega» ad enti «bilaterali» la formazione lavorativa. Il programma è ancora più chiaro: occorre «ridurre le inefficienze nella spesa», con particolare riferimento «alla spesa per la formazione professionale».
MENO SUSSIDIARIETÀ. Il gruppo pensante di Ambrosoli è unito nell’affermare il bisogno di arginare il fenomeno dei fondi per i privati: «Dopo 17 anni di governo di centrodestra, caratterizzati da un forte, esagerato “sostegno” allo sviluppo del privato nel settore sociosanitario» è ora di cambiare rotta. Per questo, oltre alla formazione professionale, nel programma si auspica di ridurre anche la spesa sanitaria privata.
AUMENTARE LA SPESA PUBBLICA. Riccardo Cappellin, altro consigliere economico di Ambrosoli, spiega in cosa si concreta l’idea di sviluppo del programma di governo. L’aumento della spesa pubblica, nonché «potenziare le imprese pubbliche di maggiori dimensioni e aiutarle a espandersi ulteriormente». «Il crollo degli investimenti privati non è dovuto», si spiega nel progetto di svilluppo economico, «ai costi del lavoro e neanche ad un maggiore costo del capitale», ma «all’incapacità delle grandi imprese di introdurre innovazioni». Sulla base di queste analisi (il privato non innova), promuove l’indebitamento pubblico. Questa è la ricetta “sussidiaria” di Ambrosoli.
SMALL-GLOBAL-REGIONE. Macroregione sembra un termine troppo volgare, troppo provinciale, per i tecnici di Ambrosoli. Meglio parlare di «small global regione», naturalmente «intelligent» (mica stupid), una regione che non reclama autonomia ma dialoghi con l’Europa e lo stato unitario. A conti fatti, però, si riconosce che, effectivament, almeno urbanisticamente esista un’area padana: una «mega-city region» che va da Venezia a Torino.
IL “RINNOVO” DEI DIRIGENTI. Come ogni buon governo, anche quello di Ambrosoli prevede il “rinnovo dei dirigenti”. Ma era necessario dirlo? Le nomine dei vertici sanitari, in tutta Italia, dipendono dalla politica, di quale colore sia. Tuttavia il candidato di Pd-Sel-Idv ci tiene a specificare che le nomine politiche che farà lui si concreteranno in un «intervento correttivo» «chirurgico e rigoroso», che ambisce a promuovere quelli “capaci”.
TUTELA DELLA VITA O RICERCA? Ambrosoli dichiara di voler «tutelare la vita». Sostanzialmente, però, fa parte di una coalizione che non si riconosce propriamente nella politica di tutela dei valori «non negoziabili». Fra l’altro, sul tema della ricerca, il suo consulente è un noto professore del San Raffalele, Jacopo Meldolesi, sottoscrittore nel 2012 della campagna europea a favore del finanziamento della ricerca sulle cellule staminali embrionali, nel 2005, della campagna dei cento in favore della libertà sulla procreazione assistita, nonché da sempre sostenitore dell’eutanasia.
DIFESA DELLE DONNE. Per quale ragione inserisca il «riconoscimento di legami omoaffettivi» nel capitolo “quota rosa” del programma non è del tutto chiaro. «Guardare al futuro vuol dire mettere al centro delle politiche pubbliche», oltre alla question giovanile, quella «di genere», spiega Ambrosoli. Il suo piano per le donne prevede fra l’altro la promozione della “medicina di genere” e la «rimozione degli impedimenti all’integrazione ed alle discriminazioni», soprattutto a quelli legati ai «modelli culturali superati».