
Scuole libere in ansia
Quattro giorni di dibattito di altissimo livello. Sul palco si sono alternati storici, ministri, rettori universitari. Il meeting internazionale su “Educazione e istruzione alle soglie del XXI secolo” organizzato dalla Fondazione Liberal, alla seconda edizione si è già imposto come un punto di riferimento fondamentale nel panorama culturale italiano per una riflessione di ampio respiro sulle problematiche della formazione dei giovani di oggi (e di domani).
Con un’idea chiara in testa: non c’è riforma della scuola senza autonomia e parità. Uscire dallo statalismo non è un optional: è la condizione perché le energie sane, innovative, aperte al futuro che nelle scuole italiane ci sono abbiano la possibilità di far fare al nostro sistema di istruzione il salto di qualità verso la società della formazione continua che il ministro Moratti ha delineato nell’intervento conclusivo. Nel workshop dedicato al problema della parità, uno dei più affollati del convegno, l’affermazione è stata unanime: non si tratta di rivendicare un interesse particolare, ma di ridisegnare la struttura dell’intero sistema. L’idea del voucher di Milton Friedman ha vinto a mani basse: l’ideale è un sistema che assegni a ogni cittadino un assegno virtuale, da “spendere” nella scuola, statale o no, che preferisce. Con un sistema di valutazione che certifichi i risultati ottenuti, e la più ampia libertà di ogni scuola, statale o no, di scegliere i percorsi e gli strumenti (compresi gli insegnanti) per raggiungerli.
Ma, se il domani è questo, l’oggi è lontano anni luce. Arriva al meeting la notizia della firma del contratto degli insegnanti statali. «Il peggiore degli ultimi vent’anni» commenta senza mezzi termini Giuseppe Meroni, presidente dell’associazione professionale Diesse nonché dell’Irre (Istituto regionale per la ricerca educativa) della Lombardia. «Non c’è traccia di tutto quello che ha mobilitato gli insegnanti in questi ultimi anni: riconoscimento della specificità della funzione docente, professionalità, contrattazione separata. La parte normativa è l’eredità del peggior statalismo ugualitario. Con la sua rigidità rischia di essere un serio intralcio all’avvio della riforma».
Sul fronte delle scuole non statali le cose non vanno meglio, anzi. Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle Opere, ha lanciato un duro appello al governo (indicando precise responsabilità del Ministro dell’Economia): «Se non verranno erogati in tempi brevissimi i fondi già stanziati e poi bloccati, molte scuole chiudono». Nel suo intervento conclusivo la Moratti non ha raccolto.
«Gli arretrati che lo Stato deve alle scuole ammontano a centinaia di milioni di euro» spiega Francesco Neri, da qualche mese presidente della Federazione Opere Educative, l’associazione di scuole libere legata alla CdO. «Senza pensare agli interessi che stiamo pagando, le banche ormai minacciano di non rinnovarci i crediti. Il ministero dell’Economia assicura che con la legge di assestamento di bilancio del novembre prossimo la situazione si normalizzerà; ma le scuole rischiano di chiudere prima. In più pende sul nostro capo la spada di Damocle della scadenza del regime transitorio della legge di parità». Si spieghi. «La legge 62/2000 prevede che dal giugno prossimo tutte le vecchie forme giuridiche scompaiano e rimanga solo la figura della “scuola paritaria”. Ma se il governo non scrive da qualche parte che i finanziamenti finora destinati alle scuole parificate e altro vengono messi in capo alle scuole paritarie non sappiamo cosa faranno gli uffici scolastici regionali. E noi che facciamo? E pensare che confidavamo in questo governo che aveva fatto della difesa della scuola libera un punto qualificante del suo programma». Preoccupato? «Preoccupatissimo. E con me le scuole. Non so per quanto sopporteranno ancora. Vedo nuvole all’orizzonte».
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!