
Scozia, nel 2014 referendum per l’indipendenza. Ma il “sì” sarebbe solo al 28%
“Do you agree that Scotland should be an independent country?” Questa la domanda a cui risponderanno gli scozzesi: la separazione dal Regno Unito. Dopo una trattativa durata quasi due anni, ieri il primo ministro Britannico David Cameron e quello scozzese, Alex Salmond, hanno raggiunto finalmente un accordo. L’annuncio arriva da una fonte del governo britannico e lo riporta il Guardian, specificando che si tratta di un accordo storico e che i funzionari di entrambe entrambe le amministrazioni sono stati incaricati di dare gli ultimi ritocchi. I due leader si incontraranno all’inizio della prossima settimana per firmare l’accordo finale, con tanto di ordine da Westminster per dare al parlamento scozzese il potere di porre il quesito tramite referendum, previsto per l’autunno del 2014.
LA CAMPAGNA ELETTORALE. Un’occasione che gioca a favore di Salmond, visto che la conferenza annuale del partito nazionale di cui è leader inizia a Perth qualche giorno dopo e considerato il suo calo inesorabile di consenso. Un sondaggio pubblicato dall’International Herald registra che gli scozzesi favorevoli all’indipendenza (nonostante le 100.000 firme raccolte) sarebbero il 28%. David Mundell, ministro del governo britannico, ha confermato la notizia annunciando che «Westminster darà al Parlamento scozzese il potere di tenere un referendum con un unico quesito» seguito dalle scelte “yes” e “no”. Se dovesse vincere il sì, l’indipendenza sarà effettiva dal 2016. Attualmente il Parlamento scozzese ha competenze in materia di istruzione, sanità, ambiente e giustizia ma le questioni internazionali, l’energia e la difesa vengono decise da Londra.
IL PARAGONE CON GLI INCAS. Una svolta simbolica, che cade a 700 anni dalla battaglia di Bannockburn (1314), durante la prima guerra di indipendenza scozzese, quando venne conquistata l’indipendenza dall’Inghilterra, poi formalizzata dal trattato di Edimburgo-Northampton. A chi conviene? La Scozia riceve contributi fiscali direttamente dalle tasche dei cittadini inglesi, che viceversa godono indirettamente dei profitti relativi all’estrazione del petrolio nel Mare del Nord. Tanto che Alex Salmond, leader dello Scottish National Party (il cui slogan è “La Scozia in Europa”) qualche anno fa lo definì «il più grande furto da quando gli spagnoli rubavano l’oro agli Incas».
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