
Sapessi quant’è difficile essere donna e intellettuale e madre e tacco 12

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Cara Guia, sono una donna vera con sentimenti veri. Di quelle che danzano tra i fornelli e – anche se non solo vanno in giro in tacco 12 ma usano pure l’espressione “tacco 12”, perché le misure sono importanti – non dimenticano le loro origini, tornano al paesello e guardano la Madonna sfilare in processione, parlano della nonna e dei profumi dell’infanzia, scrivono libri sulla via Gluck che fu. Le radici sono importanti, come diceva quel magnifico film del premio Oscar che ci ha resi orgogliosi d’essere italiani.
Ma non sono così ingenua da non sapere com’è crudele, meschino, pettegolo il mondo in cui viviamo. Pronto a sminuire i sentimenti veri e a farne una pagliacciata fatta di titoli a effetto. Poliamorosa, mi hanno detto. Ma come si permettono. Meno male che non c’è più mia nonna a leggere certi giornalacci, avrebbe dovuto dire quindici rosari per riprendersi, non ci sarebbe stata processione della Madonna che bastasse.
Insomma, i matrimoni finiscono, no? Sì, avevamo appena avuto la nostra terza figlia, io e mio marito, ma insomma: non vi basta la poetica del primo amore? Sai quanti film, drammi, romanzi (pure uno mio, prossimamente, dicono i maligni, e io non li deluderò) sono stati scritti su quant’è dirompente il grande amore di gioventù? Se lo ritrovi, mica puoi nasconderti dietro a un certificato di matrimonio.
Io non l’ho fatto, io sono stata me stessa mestessamente, donna fino in fondo ma col cuore puro di bambina (sono uscita con lui, la prima volta da adulti, senza tacco 12, in innocenti scarpe da tennis: non basta questo a garantire l’assenza di malizia delle mie intenzioni?), perché troppo spesso noi donne ci scordiamo di noi stesse per essere solo mogli e madri (lo dice anche Angelina Jolie, sento che avremmo molto di cui parlare, io e lei: magari potrebbe fare un film dal mio ultimo libro).
E invece nessuno mi ha lodata per il mio coraggio, per il gesto rivoluzionario di non restare insieme solo per i figli (che comunque stanno meglio con genitori separati ma felici: mica certe scoperte pedagogiche varranno a Hollywood e non a Matera), per aver avuto il coraggio dei miei sentimenti, anche se sapevo che sarebbero stati impopolari, ma io sono così, una donna scomoda, che non si nasconde né se sta con un tizio qualunque né con un attore famoso, che non ha paura di rischiare, che vuole vivere.
[Francesca B.]
Cara Francesca, sei la nostra Angelina. Non solo perché prima fai una squadra di calcio di figli e poi ci ripensi, perché alludi nelle interviste a colpe indicibili del povero piantato, perché sembra che la tua sia la prima e l’ultima separazione della storia del giornalismo di costume. Sei la nostra Angelina perché, come lei, non hai paura delle frasi fatte, dei cliché, del ridicolo. Nulla vi sembra ridicolo, e in questo sta la vostra forza, e per questo non si può che ammirarvi.
Non so chi ti abbia attaccata e abbia osato contestare il tuo diritto al testessismo, non so chi abbia fatto la morale al tuo matrimonio finito e all’überfigo con cui l’hai sostituito (non amo la categorizzazione sciatta del “tutta invidia”, ma nel caso di quest’ultimo dettaglio credo di poter fare un’eccezione ormonale). Come spesso accade, ho letto solo le tue vibranti reazioni alle turpi cattiverie, e neanche mezza turpe cattiveria, ma non per questo penso tu ti sia inventata lettere scarlatte per stare sui giornali: so quant’è difficile essere donna e intellettuale e madre e tacco 12 e rava e fava (specialmente quest’ultima).
Una sola cosa non ho capito e, pur stando senza dubbi dalla tua parte, mi piacerebbe me la spiegassi. Ma se tu sei madre e moglie e scrittrice e collezionista di tacchi e una stanza tutta per te e le radici sono importanti; se quello famoso è lui, coi film da promuovere e le copertine da fare e i red carpet da camminare e i poster da autografare; se quello celebre è lui e non tu, perché ci sei sempre tu che dichiari, tu che stai sui giornali, tu che dai interviste, tu, testessamente tu?
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[cham_piede]
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