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Ora ho capito perché Sala il «cattolico praticante» era in testa al gay pride

Fatta la giunta con sei assessori della precedente, ci si chiede cosa significhi l’atto di battezzare la “casa dell’antiomofobia” e insieme proseguire con la moschea di Pisapia

Luigi Amicone
29/06/2016 - 3:00
Politica
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Anticipiamo un articolo tratto dal numero di Tempi in edicola da giovedì 30 giugno (vai alla pagina degli abbonamenti) – Sbaglio o questa è la giunta Renzi-Pisapia armonizzata con il controllore di legalità Gherardo Colombo e intestata a Sala detto Beppe per mera formalità di astensionismo di chi non doveva astenersi (per esempio, quante bravi cattolici hanno lasciato solo il povero Massimo Gandolfini nell’appello a guardare bene nei programmi e, come volevasi dimostrare con il gay pride, a riconoscere che Parisi non era per niente uguale al suo avversario?)? Il quale Sala, per altro, pare essersi tenuto le deleghe che gli permetteranno di mettere il naso anche nello smantellamento di Expo. Al quale smantellamento, per altro, giusto alla vigilia del ballottaggio, Renzi ha nominato Gianni Confalonieri. Uomo di fiducia dell’ex sindaco. E così il cerchio si chiude. O come dicono i rumors di Palazzo Chigi, si chiuderà con il “sì” di Pisapia al referendum in cambio di una poltrona da sottosegretario alla Giustizia. E poi dice che Renzi non ha smosso mari e monti per favorire l’astensionismo attivo a Milano. Prima con le due date impiccate. Poi, visto che Parisi funzionava, chiudendo l’accordo con il prode Giuliano. Infine promettendo a qualche cattolico la giusta mercede al giusto momento.

Ora, nel frattempo che si sono persi per strada la copertina di Linus, il consiglio internazionale della Bonino e tutti gli altri bei nomi alla Celentano della propaganda dell’ultima settimana, finiti a tarallucci e Majorino come la promessa radicale di proseguire la scortese campagna di ricorsi sul Sala ineleggibile (ci ha pensato l’assessorato Lipparini a pacificare Cappato?), succede che a Roma il Papa dice che la Chiesa deve chiedere scusa ai gay. Per la precisione, dice il Papa ai giornalisti curiosi di sapere se ha ragione il cardinale Marx a dire che la Chiesa deve chiedere scusa alla comunità gay, «io credo che non solo deve chiedere scusa a queste persone che ha offeso, ma ai poveri, alle donne e ai bambini sfruttati, di aver benedetto tante armi». Seguono attimi di discreto panico perché a un certo punto, si capisce, il povero cristiano si domanda: ma se la Chiesa ha fatto così tanti danni all’umanità, perché il capo non tira giù la claire? Che poi no, precisa il capo dopo che è sembrata lì lì per essere avviata alla rottamazione, «la Chiesa è santa e i peccatori siamo noi, io per primo, siamo noi cristiani a dover chiedere scusa e perdono non solo su questo».

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Ah beh, così il battezzato tira il fiato e, già più rinfrancato, porge le due guance. Le scuse di qua. E la richiesta di perdono di là. Però, poi, pensa il battezzato, Francesco non ha mica fatto mea culpa e chiesto scusa pure al gay pride. Ma si sa mai. Così Sala si è portato avanti. Lo avete visto, no? Ma quanto bello era nel confessare a Sky, chiaro, sorridente e tondo, «sono un cattolico praticante»? Mica come Parisi, mogio, miserello e pubblicano ad ammettere «sì, sono cattolico, ma non praticante». E questo basti a spiegare perché il nuovo sindaco era in testa al gay pride. E volete che un cattolico veramente praticante ma veramente bello, chiaro e tondo, non stesse anche in prima fila a reggere lo striscione di apertura del corteo? Quasi meglio del suo mentore Pisapia, che sulle ali dell’entusiasmo si è fatto riprendere dalle telecamere nel tripudio multicolore a inalberare quel meraviglioso cartello che non era un’indicazione del wc più prossimo al palco. Bensì il manifesto con le sagome stilizzate di un omino e di una omina, con due cuoricini al posto delle zinne (lato omina) e (lato omino) un cuore bello, proprio lì, all’altezza del pisello. Molto romantico.

Intanto, fatta la giunta Sala con sei assessori della precedente e sei in quota al facente funzione primo cittadino, ci si chiede quale novità rappresenterà questo primo atto simbolico double-face, che per un verso battezza la “casa dell’antiomofobia” e quindi combatte questo terribile clima in cui coraggiosamente si tengono gay pride un giorno sì e l’altro pure. Per altro verso battezza la casa dell’antislamofobia. Cioè la moschea già programmata da Pisapia. Niente da dire. Viva la libertà di culto. Però, su queste case di culto ci metteranno anche striscioni per dire che sarebbe ora che le famiglie di mamma e papà chiedessero scusa di essere ferrivecchi giustamente ipertassati, emarginati dalle politiche sociali, impediti nella libertà educativa? Ci metteranno le richieste di perdono che si devono esigere, come dice Erdogan, a quei crociati che osano parlare di “genocidio” armeno e, soprattutto, osano insinuare che ogni moschea dovrebbe dire qualcosina di bello, chiaro e tondo, sull’islam di quei birbantelli che stanno disintegrando la libertà di coscienza e di culto in giro per il mondo?

@LuigiAmicone

Foto Ansa

Tags: Beppe Salagay prideGiualino PisapiaMilanoOmofobiaPapa Francesco
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