Romney ha perso perché i repubblicani si sono dimenticati delle minoranze

Di Maria Claudia Ferragni
07 Novembre 2012
Alle 23.15 Obama prende l'Ohio e diventa presidente degli Usa per la seconda volta. Romney ha perso perché i repubblicani non hanno cercato il voto delle minoranze ispanica, afro-americana e asiatica.

Da Washington. Le urne stanno chiudendo in tutto il Paese, alle 20.30 in America Fox News trasmette i primi exit poll della sfida elettorale fra Obama e Romney. La tensione è alta nella sede di Americans For Tax Reform, il think tank guidato dal reaganiano Grover Norquist, la cui proposta di riforma del sistema fiscale è stata ripetutamente una fonte di ispirazione dal candidato repubblicano nel corso della sua campagna elettorale. Sono presenti esponenti e attivisti dei principali think tank di area conservatrice, oltre a lobbisti e rappresentanti di associazioni industriali e colpisce il fatto che l’età anagrafica non conti: giovanissimi, giovani e meno giovani sono tutti qui nella speranza che l’America riprenda la strada della crescita e della prosperità che non passa certo per il social-statalismo ugualitario obamiano, ma per la libertà di intrapresa individuale. Gli Stati-chiave nei quali si gioca la sfida elettorale sono la Florida, l’Ohio,  la Virginia, il Colorado e il Nord Carolina. Ma l’aspetto più singolare è che a urne chiuse sulla costa Est da oltre mezz’ora, non si sappia ancora chi ha vinto: tutti gli Stati contesi lo sono ancora. E questo conferma la spaccatura attuale del paese quasi al 50%.

OBAMA HA VINTO ALLE 23.15. Alle 21.30 Obama e Romney erano alla pari per voti elettorali, 153 a 153, il che è un indice a favore di Obama, e la buona notizia per il partito dell’elefante è che la Camera, rinnovata per un terzo, resta in mano repubblicana. Alle 22 Obama vince il New Hampshire e stacca Romney (157 a 153). Le chance di vittoria dello sfidante repubblicano si assottigliano, confermando così le pessimistiche previsioni della vigilia. Ore 23: con la vittoria in California Obama allunga (244 a 193) e la partita è ormai chiusa, vista l’impossibilità di Romney di conquistare contestualmente i quattro stati in bilico. Alle 23.15 Obama conquista l’Ohio e inizia così ufficialmente il suo secondo mandato.

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REPUBBLICANI SI DIMENTICANO DELLE MINORANZE. Questi numeri sottolineano un fatto molto importante: i repubblicani non possono più pensare di fare a meno del voto della minoranze ispanica, afro-americana e asiatica, oggi determinante per la conquista della Casa Bianca da parte di qualsiasi candidato. In particolare, non possono più trascurare un tema cruciale come quello dell’immigrazione, di fronte ai quasi quaranta milioni di ispanici. Se tradizionalmente queste minoranze “oppresse” sono state attratte dalla retorica assistenzialista liberal, l’America riesce sempre a stupire, perché proprio qui incontriamo Mario Lopez, presidente e fondatore (nel 2008) dell’Hispanic Leadership Fund, un gruppo di pressione bypartisan volto a promuovere le ragioni della libertà individuale e di intrapresa del governo minimo all’interno della comunità ispanica. Lopez, nato negli Stati Uniti da genitori messicani, è laureato in Scienze Politiche e prima di questa esperienza ha lavorato come lobbista al Congresso con deputati repubblicani per sostenere priorità legislative a favore della crescita economica in Sud America. «È vero» dice Lopez, «che la nostra organizzazione è ancora un’eccezione unica nel panorama politico americano, ma credo che molti inizino a capire quanto sia necessario espandere la base e comunicare l’importanza del libero mercato e del governo minimo a tutti, senza trascurare nessuno. Il riscontro che abbiamo è estremamente elevato, con soci in tutto il paese in costante crescita. Ci occupiamo di public policy e di lobbying al Congresso».

«BUSH SI ERA MOSSO BENE». «È vero – continua – che per il partito repubblicano comunicare con la comunità ispanica è una sfida molto importante, essenziale a livello non solo di governo centrale, ma anche di Congresso e di governi locali. Non si può propriamente dire che i repubblicani non abbiamo mai fatto nulla in questa direzione, in particolare Bush si era mosso bene, ma la strada è ancora lunga perché alcuni momenti-chiave sono stati trascurati. Ma è ormai chiaro che paga molto di più essere attivi nella comunicazione che aspettare passivamente il cambiamento. Ma noi siamo molto ottimisti e continueremo a fare la nostra parte, sostenendo le ragioni della libertà». La battaglia continua, in particolare all’interno del partito repubblicano che deve rimettersi in discussione e ripartire da stanotte.

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