Ritorno ai campi

Di Caterina Giojelli
29 Aprile 2004
Latinisti di tutto il mondo unitevi

Latinisti di tutto il mondo unitevi nel titire tu patulé recubans sub tegmine fagi, perché l’Italia è un paese profondamente bucolico, e i campanacci bovini, campanelli ovini e campanili parrocchiali de “La Corrida” lo dimostrano egregiamente! Trattasi, “La Corrida” appunto, di pura antropologia, ove una moltitudine di dilettanti esporta da un palco colognese la realtà dell’Italia più autentica: via le facce globalizzate, largo ai paesini da 40 anime che vedono il macellaio improvvisarsi funambolo e la figlia della prestinaia scoprirsi libellula del can can. Rendono omaggio ai “dilettanti allo sbaraglio” plotoni di pensionati, studenti, avvocati, casalinghe e consorti che giudicano il vero stivale con i mezzi propri della vera agrestitudine, i sopracitati campanacci. Ed è tutto un reportage dalle comunità locali: c’è l’inquilino delle pendici della Sila che tutto emozionato canta una ninna nanna; c’è la nonnina milanese che fa un’ode al risotto; c’è il gruppo delle panchine di Trezzano sul Naviglio che balla sulla testa. Un po’ come alle cene natalo-pasquali, che ti tocca sorbire il parente fissato con le barzellette o il gioco di prestigio, solo che qui ogni esibizione è sapientemente arginata dal trio Scotti-Triani-Pregadio, tre generazioni diverse e relative dentature sempre in mostra, perché è impossibile non sorridere innanzi a tanta familiare umanità. E soprattutto innanzi alla morte dei classici ingredienti per il successo: sfigolandia, superospite, maxipremi, e tanta informazione intelligente (tipo un bel Bilancia che allieti il pomeriggio di Rai Uno raccontando i pensierini di un pluriomicida) cedono il passo al più sano esibizionismo del concorrente-controcorrente.

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