Napoli. Il rione Sanità lo si attraversa a piedi in dieci minuti, eppure conta circa 120mila abitanti. Sembra Hong Kong, con tutta questa gente in giro per strada. Fiumi di persone a piedi, in tre su un motorino, in auto contromano lungo vie strette, malmesse e semiostruite da bancarelle che vendono di tutto. Sì, vista da qui Napoli sembra proprio Hong Kong, solo che il rione Sanità è molto, molto più sgarruppato. L’abitazione tipica è il “basso”, una spelonca di due metri per due cui si accede direttamente dalla strada, senza finestre, senza intonaco, ma coi mobili lucidi, il lettore dvd e la Playstation 2 con megaschermo (è gente strana questa della Sanità). Quando va bene, il basso è costruito su due piani, la zona notte e la zona tutto-il-resto. Altrimenti c’è una stanza sola, la zona tutto. Di solito nel basso ci si vive in sette, due genitori e cinque figli. Per forza di cose quindi i bambini vengono su per strada, anche perché qui alla Sanità la gente si fida del vicino, come in una grande famiglia. Non di rado, una mamma allunga la testa fuori da un basso e ti urla «Domenico!» nell’orecchio sperando di trovarci suo figlio. Non di rado, qualcuno ti ferma e ti chiede chi sei, da dove vieni, cosa ci fai alla Sanità. Ovviamente manca l’occupazione, perciò chi può tira a campare lavoricchiando, perlopiù in nero. Ci sono botteghe di artigiani nelle cantine e nei seminterrati dei palazzi della Sanità che svolgono la loro attività completamente in nero. Dilaga la povertà e con essa, come da copione, la criminalità e il disagio sociale. Il rione è zona franca: di poliziotti in giro, neanche l’ombra.
Non c’è limite al peggio
Poveracci quelli della Sanità. Di questi tempi, poi, va di male in peggio, perché ai piani alti sembrano essersi messi pure a prenderli per il naso. In gennaio Antonio Bassolino, presidente della Regione Campania, ha avviato la sperimentazione del famigerato Reddito minimo di cittadinanza, un contributo di 350 euro al mese per le famiglie con introito inferiore a 5mila euro annui. Però, da una parte, alla Sanità, tra i disinformati e quelli che non si fidano a regolarizzare la propria posizione solo per poter presentare le carte necessarie, sono effettivamente pochi gli aventi diritto che domandano il contributo, e dall’altra parte sembra che la Regione, anche raschiando tutti i fondi possibili, fatichi a trovar soldi. Insomma, nel rione stanno a vedere, ma ormai si sussurra già che l’iniziativa di Bassolino in realtà è poco più di uno spottone elettorale.
E poi ci sono stati i fattacci nel quartiere accanto, Forcella, la sparatoria e quella poveretta che è rimasta uccisa. Da allora la parola d’ordine è «via i ragazzi dalla strada». E chi ti mandano alla Sanità? Alex Zanotelli. Che i ragazzi magari li toglie davvero dalla strada, ma per mandarli dove? In piazza? Nel rione, ancora una volta, stanno a vedere, ma Zanotelli ad oggi non l’hanno visto nemmeno dipinto sui muri. Lui invece, per non saper né leggere né scrivere, intanto s’è messo a firmare appelli antiracket.
Di male in peggio dunque, per quei poveracci della Sanità. Forse nemmeno qui attaccano le soluzioni giustapposte ai problemi, quelle che rispondono a grandi schemi prestabiliti dalla sociologia progressista. Forse qui bisogna prima vivere la quotidianità degli abitanti della Sanità, condividere le stesse strade, bere il caffè nel basso della signora Nina che ha appena scoperto che il figlio minorenne va in giro con il coltello e prima o poi le porterà la polizia in casa. Forse bisogna imparare da Tonino Romano e dai suoi amici.
La missione semplice
Questa storia comincia nel 1993, quando, in cerca di un alloggio per un suo amico studente universitario, Tonino Romano bussa alla porta della monumentale missione dei padri vincenziani, nel centro del rione Sanità. E siccome i padri di spazio ne avevano tanto, Tonino ha continuato a chiedere loro alloggi per chi ne aveva bisogno. Nel tempo è cresciuta la fiducia reciproca, al punto che i vincenziani hanno concesso a Tonino e ai suoi amici tutto il primo piano della missione e questi ne hanno fatto un pensionato per studenti universitari, la Cooperativa Solidarietà. «Gli abitanti del rione si incuriosivano nel vedere tutti quei ragazzi entrare e uscire dalla porticina laterale della missione, perché Napoli è un paesone, tutti si interessano a cosa capita nel loro quartiere. E un giorno alcuni bambini di qui hanno seguito uno dei ragazzi fin dentro lo studentato, perché, dicevano, “vogliamo vedere che cosa c’è”. Poi quei bambini hanno cominciato a presentarsi tutti giorni sotto l’ingresso del pensionato. Per loro, abituati a gironzolare per strada, era il massimo farsi anche solo una corsa nel cortile interno dell’edificio». L’iniziativa del doposcuola è nata così, «semplicemente perché ad un certo punto era evidente che quelli cercavano un’amicizia, e noi siamo diventati amici loro in quello che dovevano fare, i compiti». Con la stessa semplicità con cui sono diventati un punto di riferimento per i bambini del rione Sanità, Tonino e i suoi hanno stretto rapporti con le famiglie, che cominciavano a farli partecipi dei problemi più disparati, dal lavoro alla casa. Ed ecco nascere un asilo, un punto di distribuzione del Banco Alimentare, un momento di ascolto… «Sono 150 le famiglie che si rivolgono a noi – spiega Mario Del Verme, responsabile del Banco Alimentare –. E mica ci chiedono solo da mangiare! Di volta in volta soppesiamo le richieste, perché rischiamo di essere sfruttati dai profittatori. Ma il motivo per cui nel rione ormai siamo di famiglia è che non ci tiriamo mai indietro di fronte a chi ha bisogno e ci chiede di implicarci, nemmeno di fronte alle situazioni più difficili, senza imporre schemi studiati a tavolino, senza affrontare la realtà a compartimenti stagni come fanno i burocrati. C’è chi s’è preso i pidocchi dai bambini del doposcuola».