
Tasse, il disastro finanziario del Regno Unito è un avvertimento per tutti

Se Liz Truss ha davvero idolatrato Margaret Thatcher in passato, allora quella di ieri è una giornata epocale. La nuova premier britannica ha rinnegato il suo predecessore Tory dopo meno di un mese dalla formazione del suo esecutivo compiendo una giravolta che la Lady di Ferro non avrebbe nemmeno mai contemplato. Nella mattinata di ieri il Cancelliere dello Scacchiere britannico, Kwasi Kwarteng, ha annunciato che il governo conservatore rinuncerà al taglio delle tasse per la fascia di redditi più alta dal 45 al 40 per cento. «Abbiamo capito e abbiamo ascoltato», ha scritto Kwarteng sui suoi canali social, prima di esporre la retromarcia che ha fatto subito balzare, momentaneamente, la sterlina a 1,12 sul dollaro.
Il fallimento del piano sulle tasse di Liz Truss
Al mini-budget portato in aula alla Camera dei Comuni venerdì 23 settembre manca l’appoggio della maggioranza dei parlamentari Tory, il consenso dell’elettorato e, cosa tutt’altro che da sottovalutare, quello dei mercati. Le stime sulla crescita al 2,5 per cento erano più che altro spannometriche, senza il consueto ausilio degli studi di fattibilità del Tesoro e dell’Ufficio per la Responsabilità del Budget (OBR), messi da parte per l’occasione. La stessa Truss aveva detto alla Bbc che «il governo avrebbe potuto preparare meglio il terreno dell’annuncio dei tagli alle tasse». Un problema di comunicazione, quindi, che è andato ad assommarsi a quelli politici ed economici.
Il thatcherismo non sembra più maggioranza nel partito Tory e nemmeno nel paese. C’è chi, peraltro, ha fatto notare che tagliare le tasse indebitandosi di oltre 160 miliardi di sterline da qui al 2025 non è una cosa «da conservatori». Certo è che l’avvio di Truss come Primo Ministro non ha equivalenti nella storia del Regno Unito: già ora, dopo nemmeno un mese dal suo ingresso a Downing Street, ha lo stesso livello di gradimento di Boris Johnson alla fine del suo mandato: 19 per cento. Altro che luna di miele: i parlamentari Tory sentono il fiato sul collo del Labour – che settimana scorsa i sondaggi più credibili assestavano addirittura a +33 per cento sui Conservatori – e pare stiano progettando una clamorosa defenestrazione della nuova leader addirittura prima di Natale.
Un avviso ai governanti: le Borse vi guardano e giudicano
Assurta a premier con un programma di tagli alle tasse e un piano per la crescita che non aveva convinto un partito nel quale la sua corrente è minoritaria, Truss ha dovuto fare i conti con la realtà politica. O, forse, non li ha nemmeno fatti a dire il vero, visto la dabbenaggine con la quale sia lei sia il Cancelliere Kwarteng si sono mossi. «Una vacanza dalla realtà», aveva detto in tempi non sospetti il leader degli anti-Truss nel partito Tory, Michael Gove, sul programma economico del nuovo governo.
Purtroppo, e non è un dato di fatto solo a Londra, i governi non possono operare senza il consenso dei mercati a cui chiedono i soldi per farlo. Truss ha agito in modo impulsivo per placare l’ala destra del partito che l’ha portata a Downing Street, ma ha dovuto rimettersi subito in carreggiata.
Se questo è successo a Londra, secondo paese del G7 in termini di rapporto debito/Pil, c’è da attendersi che un simile trattamento possa essere riservato anche ad altri in caso di improbabili fughe in avanti su tasse, debito e senza un’adeguata spending review che riduca le spese dello Stato. La politica economica – insieme a quella estera – è la base su cui verrà giudicato anche il prossimo governo italiano. Da Londra un avvertimento per Meloni e gli altri leader della coalizione: ponderate bene le scelte senza essere precipitosi, le Borse mondiali vi guardano.
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