Un italiano di buon senso può non condividere le idee del presidente del Consiglio, ma non “gufa” quando sente enunciare propositi di maggiore efficienza della pubblica amministrazione e di risultati che non hanno colore; per esempio la messa in sicurezza di tanti edifici scolastici, al cui interno sono precari non solo i docenti, bensì pure i muri.
Lo stesso italiano però apre il quotidiano e scopre che «i numeri che leggete sull’intervento del governo sull’edilizia scolastica sono falsi. Tutti falsi».
La prima sorpresa è che queste parole non appartengono a un feroce grillino, ma al sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi, politicamente vicino a Renzi. La seconda è che esse non sono state carpite in uno sfogo privato, sono state pronunciate in pubblico lunedì 10 marzo in occasione di un convegno del Pd. La terza è che il periodo non è completo: «Nessuno sa davvero quante e quali sono le scuole su cui dobbiamo intervenire, né conosce i fondi disponibili. (…) Qui nessuno sa niente. Renzi spara razzi nel cielo quello è il suo talento, ma poi noi gli arranchiamo dietro». Non riporto il seguito per brevità, ma è coerente con le premesse.
Per dire cosa? Che gli squilli di tromba vanno bene quando si devono affrontare le primarie e i cambi di governo; quando poi arriva il confronto con la realtà devono cedere il passo ad altro. Giusto il proposito di risultati ambiziosi, a condizione che si impieghino i giorni, e talora le notti, a conoscere i settori sui quali si vuole incidere, e a reperire le risorse per riuscirvi. L’impresa non è impossibile, a condizione che alle comparsate a Ballarò si affianchi un lavoro paziente, umile, complicato, che punti al risultato senza saltare passaggi intermedi.
I razzi in cielo sono stati sparati, ora il governo è chiamato a dimostrare che il programma non si esaurisce nei fuochi d’artificio.