Ci sono Ficarra e Picone, Claudia Gerini, Elio Germano, Nino Frassica, Valeria Golino, Flavio Insinna, Noemi, Piero Pelù e altri. Sono gli attori che hanno prestato il loro volto per la campagna di Greenpeace a favore del “sì” al referendum del 17 aprile. Il filmato invita a «fermare le trivelle», a «difendere il nostro mare», a continuare ad ascoltare «il rumore delle onde» di modo che, magari, un giorno, potremo incontrare «qualche sirena».
Va bene la poetica semplificazione del messaggio, d’accordo che da un filmato di pochi minuti non si possa pretendere precisione scientifica, ok che siamo su Youtube e non a un congresso di esperti, ma almeno una – una! – cosa vera i nostri artisti potevano cercare di comunicarla.
QUALI TRIVELLE? Chi voterà sì, non fermerà nessuna trivella, per il semplice motivo che non c’è nessuna trivella da fermare. Il quesito posto dal referendum – come vi spiegheremo più diffusamente sul settimanale Tempi in edicola da giovedì 7 aprile – non è sulle trivelle, ma sulle concessioni; non riguarda le perforazioni, ma le piattaforme offshore.
Appunto: da nessuna parte si parla di trivelle ma solo di piattaforme e, per di più, solo di quelle poste a 12 miglia (circa 22 chilometri) dalla costa. Quelle più lontane potranno, indipendentemente dall’esito del voto, continuare la loro attività. E non riguarda nemmeno “nuove” fantomatiche trivellazioni entro le 12 miglia, già vietate per legge.
REFERENDUM. Chi vota sì vuole che le piattaforme attive entro le 12 miglia, una volta terminata la concessione (alcune scadono tra pochi anni, altre tra una trentina), rinegozino la loro permanenza con le Regioni e lo Stato. Ergo, non è nemmeno detto che tali estrazioni si debbano interrompere: potrebbero proseguire se la concessione fosse rinnovata.
Chi vota no, oppure se il referendum non raggiunge il quorum, lascia tutto come è ora. Le compagnie possono continuare a estrarre olio o gas fino all’esaurimento del giacimento.
Foto Ansa