
La preghiera del mattino
Tutto quello che sappiamo sulla battaglia per il Quirinale

Su Huffington Post Italia Ugo Magri centra la questione essenziale della partita Quirinale per l’elezione del presidente della Repubblica. «Non è vero che brancoliamo nel buio: sulla corsa al Colle ci sono svariate certezze. La prima riguarda Mario Draghi. In tutti gli ambienti altolocati, comprese alcune cancellerie europee, si dà per scontato che non veda l’ora di trasferirsi al Quirinale». Questo è il punto fondamentale da cui partire, non tenerne conto potrebbe portare, come nota con intelligenza Luca Zaia su Dagospia a «ritrovarci Draghi non eletto al Quirinale ma nemmeno più a Palazzo Chigi». Prima si prende atto di questa realtà e meglio è. La vera novità di questi giorni è, come scrive Corrado Ocone sulla Zuppa di Porro, che è «fallito miseramente il subdolo e furbo tentativo» di rieleggere Sergio Mattarella via ddl Zanda. In quel permanente scontro nel Pd tra correnti ex dc, appena appena disturbato ogni tanto dagli ex Pci, contro l’operazione Zanda per confermare l’attuale inquilino del Colle così si scrive su Dagospia (riprendendo un articolo di Francesco Boezi sul Giornale): «Il tuono più evidente è arrivato attraverso a un cinguettio di Pierluigi Castagnetti: Non si modifica la Costituzione per risolvere un problema politico nazionale. Ineccepibile la reazione (ndr di Mattarella)».
Intanto mentre si esercitano ancora sforzi per impedire quello che pare inevitabile (Draghi al Quirinale) il caos continua a crescere come nota su Startmag Francesco Damato: «Non vi è Parlamento della storia della Repubblica italiana – paradossalmente neppure quello eletto nel 1992 nel clima avvelenato di Tangentopoli e sciolto meno di due anni dopo dall’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro – così rovinosamente e rapidamente delegittimato come quello conquistato dai grillini nel 2018». Con tutta la stima che è giusto avere per il rigore morale di Sergio Mattarella, non si può non prendere atto che l’attuale presidente abbia portato il Parlamento a uno stato quasi di rigor mortis.
Sulla questione della presidenza della Repubblica peraltro va avviata una riflessione meno legata solo alla stringente attualità come nota sul Post Mario Macchioni che scrive del presidente della Repubblica: negli ultimi 30 anni è diventata una figura politica più rilevante che in passato, ma una tendenza all’interventismo c’è sempre stata. Il punto è che il ruolo dell’uomo del Colle nella nostra Costituzione era disegnato nel contesto della Guerra fredda per bilanciare, in modo originale rispetto a altre costituzioni democratiche non presidenzialistiche, un Parlamento nel quale l’influenza del Pci era “troppo” forte. Dopo il 1992 questo ruolo di bilanciamento è diventato, grazie anche all’anomalo ruolo politico della magistratura, funzionale a difendere la primazia politica della Commissione europea rispetto al nostro Parlamento.
Passando all’altra questione particolarmente attuale, il contrasto alla pandemia, non è inutile prendere nota delle manifestazioni internazionali contro provvedimenti restrittivi delle libertà personali. Open scrive dell’ennesima giornata di proteste nella capitale dello Stato australiano di Victoria. I cittadini di Melbourne, al grido di «Libertà» e cantando cori per le dimissioni del premier dello Stato, Dan Andrews, hanno invaso il central business district, quartiere della cultura, dei ristoranti e degli affari della città.
Personalmente sono convinto dell’esigenza di provvedimenti rigorosi di fronte all’emergenza in corso, ma non si può non interloquire con chi è preoccupato per le restrizioni alle libertà personali. La soluzione principale al dilemma emergenza/libertà è spiegare, normare, definire nei modi e nei tempi la prima senza mai perdere la pazienza (ma neanche il rigore).
Che ci siano problemi reali sul fronte lotta al Covid si comprende leggendo anche quello che scrive L’Occidentale su come si siano «verificate 4.900 posizioni relative a medici, odontoiatri, farmacisti, veterinari, infermieri, fisioterapisti e altre figure, accertando 281 situazioni irregolari dovute all’esercizio della professione in assenza della vaccinazione». Che più del 5 per cento di operatori a vari livelli della sanità non siano in regola con i vaccini è un dato rilevante che segnala una qualche irresponsabilità (o egoismo) dei singoli ma anche un qualche difetto sistemico: se insistesse sui rischi calcolati e su una procedura che definisce le condizioni con le quali l’emergenza cesserà, si sarebbe convincenti piuttosto che apparire quelli del solo «credere, obbedire e combattere».
Naturalmente, sempre sul Covid, non si deve lasciar spazio all’irrazionalità, quando si legge su Byoblu che l’avvocato Erich Grimaldi ha convocato una manifestazione davanti al ministero della Salute dei danneggiati da vaccini, non si può non ricordare che un po’ dei danneggiati da non vaccinazione non potranno mai più manifestare (se non come fantasmi) a manifestazioni contro coloro che li hanno convinti a non prevenire un esito fatale.
Su Formiche Gabriel Carrer racconta come la Casa Bianca abbia escluso dall’incontro della prossima settimana tra paesi democratici l’Ungheria mettendo in imbarazzo tutta l’Unione europea. Sleepy Joe in politica estera se non Barack Obama fa rimpiangere Bill Clinton. Mentre Antony Blinken si dimostra all’altezza (molto bassa) di Hillary
Su Formiche Raffaele Bonanni spiega che il lavoro flessibile non è negativo perché si discosta dalla stanzialità della prestazione lavorativa, è negativo quando è pagato male, e non è servito da ciò che rende il lavoratore costantemente in grado di aggiornare la sua professionalità, quando la protezione sociale non è pari al lavoro tradizionale e comunque insufficiente a ripagare e proteggere questo tipo di impegno. Leggendo queste parole, sentiamo la nostalgia per sindacalisti saggi e razionali che è sempre più difficile incontrare
Sul Sussidario Giulio Sapelli spiega come sull’industria aereospaziale c’è il forte rischio di una subalternità italiana alla più geopoliticamente forte Francia ma aggiunge anche che non è detto che la nostra sorte sia peggiore affidandoci direttamente a costoro (come oggi accade) piuttosto che, invece, alla borghesia compradora che da essi dipende e che quindi una quota parte di quel plusvalore sottrae alle aziende e quindi al lavoro, di qualsivoglia nazione esso sia. Non è male il ragionare dialetticamente.
Su Huffingont Post Italia Angela Mauro scrive che David Sassoli, attuale presidente, in corsa per il rinnovo anche se non ancora candidato ufficiale dei Socialisti, convince di più l’area progressista, tra liberali di Renew Europe e Verdi. La nostra stampa con la sua vuota retorica europeista non sta prendendo atto che, innanzi tutto a causa del voto tedesco e più in generale di un rapporto socialisti-movimenti radicali verdi o simili in tutta Europa, lo stagnate regime consociativo benedetto dalla regina del rinvio Angela Merkel e dall’ossequienza all’asse carolingio, stia arrivando al capolinea. Il modo di funzionare (e celebrare) dell’Unione europea sembra sempre di più quello dell’Azione parallela che magistralmente descriveva Robert Musil nell’Uomo senza qualità
Su Startmag Fernando Soto scrive che uno dei punti chiave su cui Del Vecchio e Caltagirone punteranno da un lato per dimostrare la gabbia operata da Mediobanca su Generali in termini di business e dall’altro per auspicare una maggiore intraprendenza del Leone non solo nelle acquisizioni: il risparmio gestito, ad esempio, secondo i due imprenditori è stato di fatto tarpato proprio perché l’istituto di Piazzetta Cuccia guidato dall’amministratore delegato, Alberto Nagel, non vede di buon occhio la crescita di un potenziale concorrente, quale può essere Banca Generali, controllata dal gruppo Assicurazioni Generali con il 50.17%. Mentre nel frattempo ci sono state occasioni mancate per Banca Generali come Pioneer e Finanza&Futuro, secondo la visione dei pattisti. Chissà se tra le disgregate formazioni politiche nostrane c’è ancora qualcuno che ragiona su come si stanno assestando il nostro capitalismo finanziario ed industriale
Su Dagospia si riprende l’analisi di Gian Micalessin sul Giornale su come il sogno di Kamala Harris di diventare la prima donna e pure di colore la casa Bianca si infrange ad appena undici mesi dalla nomina. Ecco una riflessione che dovrebbe interessare Marco Tarquinio che propone per il Quirinale “una donna”. Ci sono donne formidabili perché scelte per i loro meriti non per il loro sesso come Madeleine Albright o Condoleeza Rice per restare in Anerica e poi ci sono le Harris, e da noi le Pivetti, le Boldrini e così via.
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