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Radio Wa, l’emittente della Chiesa cattolica ugandese che ha salvato centinaia di bambini-soldato

La radio diffondeva messaggi di perdono nei confronti dei ragazzi costretti a commettere atrocità dai soldati del Lord’s Resistance Army, convincendoli a tornare dalle loro famiglie

Egidio Picucci
09/07/2014 - 2:00
Esteri
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uganda-bambini-soldatoArticolo tratto dall’Osservatore Romano – La globalizzazione non poteva ignorare l’Africa: infatti l’ha invasa da Nord a Sud. La prova più convincente è l’uso del cellulare, che ormai ha raggiunto anche i villaggi più remoti e che, secondo gli addetti ai lavori, è in mano all’80 per cento degli africani, molti dei quali se ne servono per ascoltare la radio, grande passione della gente. Chi non ha il cellulare porta con sé il transistor, se non altro per ascoltare la musica. «Si può dire — ha scritto Alberto Eisman nel mensile missionario Mundo Negro — che essa è stata (ed è) lo strumento privilegiato per diffondere il bene e il male. Senza “Radio libera delle Mille colline” e “Radio Muabura”, per esempio, il genocidio rwandese non solo non si sarebbe esteso così rapidamente, ma non avrebbe avuto l’atrocità che l’ha così mostruosamente insanguinato. La radio è come un coltello che può essere usato sia per tagliare un buon dolce, sia per commettere un crimine atroce».

La sua diffusione, comunque, ha reso e rende un bel servizio anche alle emittenti cattoliche, presenti ormai in ogni diocesi del continente. Una delle più conosciute e seguite è l’ugandese Radio Wa (Nostra Radio, in lingua luo), della diocesi di Lira, benemerita fin dai tempi della guerriglia scatenata dall’Esercito di Resistenza del Signore, o Lord’s Resistance Army (Lra), attivo dal 1987, quando segnalava i movimenti dei soldati, consentendo alla gente di nascondersi nella foresta, di rifugiarsi nelle missioni cattoliche, nelle città, o di chiedere aiuto all’esercito governativo.

Un bel giorno l’emittente mandò in onda il programma «Karibu» (Benvenuto, in lingua suahili), destinato ai ragazzi che negli anni ’85-’90 erano rapiti e arruolati da quelle milizie. Si sapeva con certezza che essi erano riusciti a procurarsi piccole riceventi clandestine che ascoltavano con interesse, anche perché ai microfoni della radio diocesana si alternavano i parenti e la gente del loro villaggio, inviando notizie, saluti, incoraggiamenti e inviti alla riconciliazione.

Perché tanto interesse da parte di ragazzi? Tutti sapevano che, durante l’assalto alle capanne, i soldati dell’Lra, per essere certi che essi non sarebbero mai più tornati nel villaggio, li costringevano a uccidere la gente, compresi, a volte, gli stessi parenti. Nessuno di loro avrebbe commesso, quindi, l’imprudenza di tornare dove aveva eliminato un fratello, un amico, un compagno di scuola. La redazione della radio conosceva questa tattica e cominciò a trasmettere messaggi di perdono per chi intendeva tornare dov’era stato rapito. Grazie a «Karibu», molti ragazzi riuscirono così ad ascoltare settimanalmente la voce di genitori, parenti e amici che li invitavano ad aver fiducia in un avvenire diverso da quello che vivevano nella foresta se fossero tornati a casa, dove sarebbero stati accolti a braccia aperte perché tutti avevano dimenticato quanto era accaduto.

6  Communication/Mass MediaL’insistenza di questi inviti non solo sollevava i ragazzi, ma li incoraggiava a scoprire il modo di fuggire dai campi di reclusione, sfidando le incognite della foresta. I soldati raddoppiarono la sorveglianza, ma non riuscirono a eliminare le fughe. Quando, nel settembre 2002, capirono da dove veniva quell’invito che minacciava di farli restare senza i collaboratori più fidati e più ubbidienti, attaccarono di sorpresa la sede della radio, distruggendola completamente. Fortunatamente l’unico impiegato che quel giorno era al lavoro riuscì a salvarsi. Dopo sei mesi di silenzio, Radio Wa riprese regolarmente tutte le trasmissioni, compreso il programma «Karibu», grazie all’aiuto di amici lontani ed emittenti sorelle, ma andando in onda da un luogo più sicuro e più protetto.
Nessun membro della redazione aveva mai saputo dell’influsso esercitato dal programma sui ragazzi prigionieri; lo seppe quando fonti militari, incaricate di studiare gli “strani” allontanamenti, rivelarono che millecinquecento piccoli soldati erano fuggiti dalla prigionia per tornare nei villaggi. La prova che era stato proprio «Karibu» a spingerli alla fuga, si ebbe quando, durante le trattative per la pace tra il Governo e i militanti del Lord’s Resistance Army, questi chiesero la soppressione del programma. La condizione fu accettata, anche se esso continua con un nome diverso ma più o meno con lo stesso scopo.

Oggi è l’organizzazione «Bambini invisibili» a mandare messaggi in lingua acholi e in lingua luo agli ultimi ragazzi-soldato ancora nelle mani dell’esercito, disperso nelle foreste dei Paesi vicini.

Tags: bambini soldatoChiesa ugandalrauganda
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