Quei menagramo di Tokyo

Di Togni Paolo
26 Aprile 2007

È noto a tutti che, per fortuna, le previsioni di quei menagramo di catastrofisti non si avverano. Avevano detto che la Terra non avrebbe potuto nutrire una popolazione di quattro miliardi di persone; ce ne sono sei e mezzo, che vivono meglio, e meglio nutriti, e più a lungo, di quanto sia mai avvenuto in passato. Avevano detto che una nuova era glaciale avrebbe congelato il mondo, e stiamo vivendo anni tra i più caldi della storia recente. Avevano detto che l’umanità stava per morire di sete, e che per il controllo dell’acqua si sarebbero scatenati terribili conflitti, e il settore delle risorse idriche è quello che vede il massimo fervore di iniziative comuni tra stati frontalieri o rivieraschi: l’ultima guerra per l’acqua registrata dalla storia si è svolta duemilaseicento anni prima della nascita di Cristo e per fortuna non se ne prevede un’altra. Ora dicono che in poche decine di anni saremo tutti arrostiti, perché il nostro comportamento determina l’innalzamento delle temperature. Che la temperatura del mondo aumenti, sia pur molto meno di quanto viene reclamato, è vero: altro discorso è affermare che causa di questo aumento siano le emissioni in atmosfera determinate dall’attività antropica. In questo periodo sono stati registrati aumenti di temperatura anche su Marte, Giove e Saturno, e pensare che ne siano i nostri impianti la causa è un peccato d’orgoglio, oltre che di stupidità.
Tuttavia sull’ipotesi non dimostrata che sia l’uomo la causa del riscaldamento del pianeta si stanno spendendo da parte dei paesi occidentali (ma non da tutti: gli Usa, l’Australia ed altri significativi non ci stanno; Francia e Germania, per motivi diversi, non spenderanno) migliaia di miliardi di euro. Solo l’Italia, per rispettare gli impegni di Kyoto, dovrà spendere nel periodo 2008-2012 tra 12 e 30 miliardi di euro: destinati a non lasciare traccia, poiché se gli sforzi di tutti i paesi del mondo raggiungessero gli obiettivi previsti dagli scriteriati kyotomani, l’aumento di temperatura verrebbe ridotto di soli due decimi di grado. C’è un’unica via d’uscita da questo incastro: ritirare la nostra adesione al protocollo, che è stata un atto di puro conformismo, e destinare una parte significativa delle somme richieste per Kyoto ad alleviare le conseguenze dell’aumento (naturale) della temperatura e a renderne sostenibili le conseguenze per gli italiani. Investirne una parte in ricerca scientifica e tecnologica ed una parte in un vasto programma di dissalazione non sarebbe male.

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