Quanto durerà ancora la notte? Domande inevase di un mondo che arranca

Di Cominelli Giovanni
12 Ottobre 2006

Molte cose si intravvedono quando si va in giro per l’Italia a discutere, in larghe assemblee o in piccoli gruppi, della vita pubblica, dell’educazione dei figli, del futuro del paese. Ci troviamo con una Finanziaria-omnibus, che registra, senza modificarle, le pressioni di tutte le corporazioni. La politica arranca, chiusa nel proprio serraglio. Da fuori premono le sfide del mondo, ma i nostri giornali hanno lo sguardo rivolto all’interno e il sistema duopolistico televisivo monta circenses di banalità e di idiozia. Ratzinger richiama l’Europa alle proprie radici, il fondamentalismo islamico lancia una fatwa contro di lui e contro le libertà europee, le classi dirigenti politiche, intellettuali e religiose volgono altrove lo sguardo imbarazzato. Sotto la superficie pubblica della politica e dei mass media si accumulano domande, paure, slanci e ripiegamenti delle coscienze singole, che non riescono a spaccare la superficie. Si tratta di lava fredda, di coscienze sospese su un paese improbabile. L’impotenza educativa degli adulti ne costituisce l’effetto più drammatico. Se la generazione adulta non sa camminare nel tempo storico presente, perché dovrebbero esserne capaci i figli? Nessuno può meravigliarsi se i giovani hanno difficoltà ad autocollocarsi nella storia lungo la linea segnata dalla freccia del tempo.
Alla mancanza di senso dell’azione storica non si pone riparo con qualche riparo d’occasione. Scriveva Max Weber nell’inverno tragico del 1918: «La semplice probità intellettuale ci impone di mettere in chiaro che oggi tutti coloro i quali vivono nell’attesa di nuovi profeti e nuovi redentori si trovano nella stessa situazione descritta nel bellissimo canto della scolta idumea durante il periodo dell’esilio, che si legge nell’oracolo di Isaia: Una voce chiama da Seir in Edom: Sentinella! Quanto durerà ancora la notte? E la sentinella risponde: Verrà il mattino, ma è ancora notte. Se volete domandare, tornate un’altra volta. Il popolo, al quale veniva data questa risposta, ha domandato e atteso ben più di due millenni, e sappiamo il suo tragico destino. Ne vogliamo trarre l’ammonimento che anelare ed attendere non basta… : ci metteremo al nostro lavoro e adempiremo al “compito quotidiano” – nella nostra qualità di uomini e nella nostra attività professionale. Ciò è semplice e facile, quando ognuno abbia trovato e segua il demone che tiene insieme i fili della sua vita».

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