Quando i ciellini andavano nell’Est comunista
«Occorre subito sgomberare il campo da possibili equivoci: questo scritto non ha la pretesa di operare una ricostruzione storica, non ne saremmo capaci e non ne avremmo nemmeno le competenze. Questo libro nasce da un ritrovarsi: persone che vissero a fondo quella esperienza, oggi, a distanza di anni, hanno ricominciato a vedersi e a ripensare fra loro a quello che vissero e videro, scoprendo che la distanza di anni non ne ha intaccato la freschezza».
Quando c’era la Cortina di ferro – Storie di un destino ritrovato tra due Europe, a cura di Walter Ottolenghi e Franco Realini (Biblion Edizioni), non appartiene ai saggi storiografici, ma alla memorialistica. Mette in fila 33 testimonianze di attempati ciellini che fra gli anni Sessanta e Ottanta del XX secolo hanno ripetutamente visitato i paesi dell’Est Europa – allora tutti retti da partiti comunisti locali e compattamente posti sotto l’influenza dell’Unione Sovietica (con l’eccezione della Jugoslavia) – e intrecciato duraturi rapporti di amicizia e di fraternità cristiana con alcune delle personalità più umanamente interessanti, intellettualmente vivaci e appassionatamente credenti delle comunità ecclesiali che esistevano e resistevano di là dalla Cortina di ferro.
Giussani e Ricci
Ma non bisogna pensare che tutti costoro si muovessero in un’ottica di conquista (proselitismo per il proprio movimento), al contrario: «Certamente, come ci si rese conto da subito, non si trattava di “esportare” nulla, né in Jugoslavia né ovunque altrove. Sia perché questo sarebbe stato totalmente stridente con quanto avevamo imparato dalla vicinanza di don Giussani, sia perché bastava un po’ di semplice buon senso per capire che in quelle situazioni tanto diverse dalla nostra si erano prodotte esperienze molto particolari di presenza e testimonianza, dalle quali, casomai, c’era molto da imparare e ammirare».
Zverina e Havel
Come già detto, il testo non ha velleità storiografiche, e le testimonianze sono assolutamente diseguali fra loro: alcune occupano 50-60 pagine di un tomo che ne conta 558, altre sono concentrate in tre paginette scarse; alcune si accontentano di raccontare aneddoti ed episodi curiosi, altre descrivono con maggiore accuratezza e profondità le realtà ecclesiali e sociali incontrate, le confrontano con la propria autocoscienza di fede e formulano giudizi di valore. Tutte hanno in comune la sottolineatura di quanto quegli incontri e quella fedeltà ai rapporti che andavano nascendo abbiano inciso sulla propria personale maturità di fede e sull’identità stessa del movimento di Comunione e Liberazione, che sempre valorizzò quello che Cseo Milano e Cseo Forlì andavano intessendo.
Le frequentazioni del Gruppo Est e di don Ricci nelle terre di là dalla Cortina di ferro permetteranno di far arrivare nel “mondo libero” la Lettera ai cristiani d’occidente scritta dal teologo ceco Josef Zvěřína e Il potere dei senza potere di Vaclav Havel, futuro presidente della Repubblica Ceca allora drammaturgo perseguitato dal regime.
KaroI Wojtyla
Saranno loro gli unici in Italia a disporre di informazioni di prima mano su Karol Wojtyla, quando il cardinale arcivescovo di Cracovia sarà eletto Papa nell’ottobre 1978: lo conoscevano di persona da una dozzina di anni, e lo avevano fatto incontrare con don Giussani.
La rievocazione di quell’evento rende un’idea dell’approssimazione esuberante ed ingenua della combriccola. Scrive Franco Realini: «Non ho una foto dell’incontro, ho una foto con Wojtyła al tavolo mentre mangia, relativa alla sera dell’incontro con don Giussani, di spalle padre Blachnicki (il fondatore del movimento Luce e Vita – ndr). L’allora vescovo di Cracovia gli fu presentato, ma probabilmente qualcosa sapeva già, e ci fu una conversazione breve, una decina di minuti, cui fui presente, spettatore attonito. Non saprei dire nulla di quello che fu detto, ho sempre avuto difficoltà di memorizzare al volo, però ricordo benissimo il senso di quello che dissi io a don Giussani dopo: “quell’uomo quando ti ascolta lo fa sia con le orecchie che con gli occhi”, come dire, arriva al tuo cuore!».
Nel mezzo del ’68
I viaggi, punto focale dell’attività svolta dal gruppo, erano completamente autofinanziati. Essendo composto in buona parte da universitari, avevano luogo durante le vacanze estive, nei periodi natalizi o pasquali, solo eccezionalmente in altri periodi dell’anno. Toccarono quasi tutti i paesi dell’Est: l’allora Jugoslavia, la Cecoslovacchia, la Polonia, l’Ungheria, la Romania e la Germania Est.
L’Italia viveva in quegli anni le polarizzazioni ideologiche sessantottine, la deriva della violenza politica e del terrorismo degli anni Settanta, scontri fra linee diverse all’interno della Chiesa. I ragazzi di Cseo Milano tornano dall’Est vaccinati contro tutto ciò, pervasi della forza interiore prodotto del riconoscimento fra cristiani certi che la fede non coincide con utopie millenaristiche e che la politica non ha la risposta per tutto. Ricordano bene qual era la prima preoccupazione dei loro interlocutori dell’Est: accertarsi che quegli italiani non fossero iscritti o elettori del Pci, il Partito comunista italiano. Chiarito ciò, si aprivano a rapporti che sfociavano in commossa amicizia e autentica comunione.
Il testo reca una pregevole prefazione di una decina di pagine dello storico Stefano Bruno Galli, che inquadra le testimonianze nel loro contesto storico dimostrando un’eccezionale capacità di sintesi.
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