
Qualche motivo c’è per gridare al rischio dittatura in Messico

Sarà l’avvocato indigeno Hugo Aguilar Ortiz il nuovo presidente della Corte suprema di giustizia del Messico dopo la prima elezione popolare nel paese latinoamericano di tutta la sua storia. Un voto che ha fatto gridare al rischio dittatura visto che, in questa parte di mondo dove la divisione dei poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) è tutt’altro che netta, Bolivia a parte nessun altro paese anche solo formalmente democratico usa il suffragio universale per scegliere i magistrati che devono decidere cosa è reato e cosa no.
Non bastasse, nell’elezione celebrata lo scorso fine settimana dopo un anno di polemiche feroci sia in Messico ma anche nei vicini Stati Uniti, che vedono con preoccupazione la deriva populista della giustizia nel paese con la maggiore densità mondiale di cartelli e soldati del narcotraffico che già incidono sulle elezioni politiche e figurarsi su quelle dei giudici, ha votato appena il 13 per cento degli aventi diritto, meno di 13 milioni di persone. Come se in Italia i giudici della Corte di cassazione e del Consiglio superiore della magistratura fossero nominati dagli elettori di una sola regione delle dimensioni del Lazio, visto che la popolazione del Messico supera i 130 milioni di abitanti con oltre 100 milioni di aventi diritto.
Il capo della Corte suprema e la sua vice
Aguilar Ortiz è stato difensore dei diritti dei popoli indigeni e coordinatore delle consultazioni sulle opere prioritarie dell’ex presidente Andrés Manuel López Obrador, “Amlo” come lo conoscono tutti, di cui la delfina, Claudia Sheinbaum, ha raccolto l’eredità alla guida del paese. Nato nello stato di Oaxaca che confina con il Guatemala e che nel 1994 diede i natali all’esperimento sociale della rivoluzione zapatista guidata dal Subcomandante Marcos, anche se oggi chi domina sono i cartelli della droga che gestiscono il transito di sostanze stupefacenti e migranti verso gli Stati Uniti, Aguilar Ortiz ha guidato la redazione della riforma costituzionale sui popoli indigeni e afro-messicani di Amlo. Inoltre fu da lui nominato, nel 2018, coordinatore generale dei diritti indigeni dell’Inpi, l’Istituto nazionale dei popoli indigeni.
Legato al partito governativo Morena, il Movimento per la rigenerazione nazionale di López Obrador e Sheinbaum, questo avvocato ha superato di quasi 300 mila voti Lenia Batres Guadarrama, la quale sarà comunque membro della Corte suprema messicana con Yasmín Esquivel Mossa, Loretta Ortiz Ahlf, María Estela Ríos González, Irene Herrerías, Giovanni Figueroa, Irving Espinosa e Arístides Guerrero. Si tratta di giudici vicini alla cosiddetta “Quarta Trasformazione”, la 4T di Amlo, quarta perché arriva dopo l’indipendenza del paese dalla Spagna del 1821, le riforme per separare Chiesa e Stato del 1860 e la Rivoluzione messicana del 1910-’17.

Tutte le donne di Sheinbaum (e Obrador)
Aguilar Ortiz ha ottenuto circa 5 milioni di voti e guiderà una Corte suprema di giustizia del Messico che, con la riforma di Morena, si riduce da 11 a 9 membri, con un mandato di 12 anni. Batres Guadarrama, la seconda candidata più votata che gli farà da vice, è un’altra giudice fedelissima sin dall’inizio al progetto dell’ex presidente Amlo e vicina al team di Sheinbaum in quanto sua consulente tra il 2015 e il 2018 e, poi, quando l’attuale presidente era capo del governo di Città del Messico, come direttrice generale della gestione, del collegamento e degli affari giuridici e normativi per lo spazio pubblico oltre che advisor della segreteria per l’edilizia abitativa.
Terza eletta dal popolo la giudice Yasmín Esquivel Mossa, anche lei supporter della 4T e già nominata giudice alla Corte suprema da López Obrador nel 2019. Nel 2022 è stata accusata di plagio nella sua tesi di dottorato all’Unam, l’Università nazionale del Messico, con annessa richiesta pubblica di ritirarle il dottorato e persino la laurea in Giurisprudenza.
Separazione dei poteri addio
Appena più contenute le polemiche sulla quarta giudice eletta, Ortiz Ahlf. Suo marito era l’ex procuratore speciale per i crimini elettorali, José Agustín Ortiz Pinchetti, vicino a López Obrador al punto che, quando Amalo vinse le presidenza nel 2018, nominò Ortiz Ahlf, già deputata federale per Morena dal 2012 al 2015, coordinatrice del Consiglio consultivo per garantire la pace in Messico. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti, visto il record di omicidi di sacerdoti, giornalisti e cittadini comuni durante i sei anni di Amlo al potere.
Ultima fedelissima di López Obrador alla prossima Corte suprema, nominata dall’ex presidente sua consulente legale alla fine del mandato di sei anni, è la giudice Ríos González, che ha visto la sua carriera decollare negli anni Settanta come avvocato sindacale dei minatori e dei metalmeccanici e che durante il governo di Città del Messico, con Amlo alla guida, è stata coordinatrice dei consulenti del sottosegretariato del Lavoro e della Previdenza sociale della capitale messicana.
Con almeno 5 giudici della Corte suprema su 9 legati a filo doppio al partito che esprime il capo del governo, la divisione dei poteri in Messico tra esecutivo e giudiziario è finita e la democrazia del paese è sempre più lontana dai dettami di Montesquieu.
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