
PROVACI ANCORA KERRY
I miei amici all’estero mi fanno parecchie domande sull’andamento della campagna elettorale per le presidenziali di novembre. Ecco le mie risposte.
A questo punto si può già dire che l’avversario di Bush sarà Kerry?
Non, non ancora. Ma le primarie di questa settimana saranno molto importanti. Se Kerry dimostra che può vincere nel Sud, allora la sua nomination sarà molto probabile. Senza dubbio il suo prestigio aumenterebbe considerevolmente, ma possono sempre capitare imprevisti che cambiano rapidamente il quadro della situazione. Non mi riferisco soltanto a eventi di portata internazionale; si potrebbe scoprire qualcosa di compromettente nel passato di Kerry o altre cose di questo genere. In questo momento i democratici non si interessano molto delle questioni concrete. La loro principale preoccupazione è rappresentata da quella che viene chiamata “eleggibilità”, ossia la capacità di competere effettivamente contro Bush. E’ una questione di immagine, non di programmi politici. Il disprezzo e persino l’odio nei confronti di Bush è molto diffuso tra gli attivisti democratici, che lo accusano di avere rubato i risultati delle ultime elezioni e di avere distrutto tutto ciò che era stato fatto durante la presidenza Clinton. Le elezioni si sono trasformate in una battaglia cruciale di una guerra culturale. I democratici vogliono sconfiggere Bush a tutti i costi, e sceglieranno il candidato che avrà maggiori probabilità di riuscirci.
Si rafforza l’ipotesi che il suo vice possa essere Edwards?
Molto dipenderà dai risultati che Edwards otterrà nel Sud questa settimana. Se il candidato dovesse essere Kerry, tradizione vuole che il candidato alla vicepresidenza provenga dagli Stati del Sud, come, per fare solo un esempio, nel caso di Kennedy e Johnson.
Si delineano i temi su cui punterà il candidato per tentare di battere Bush?
In questo momento la guerra è un tema di dibattito, ma non il più importante. La questione decisiva sarà l’economia, soprattutto il problema dell’occupazione e quello del sistema sanitario. Le statistiche che indicano un progresso dell’economia non sono necessariamente un vantaggio per Bush, dato che la mancata creazione di nuovi posti di lavoro fa supporre che questi miglioramenti vadano a beneficio di una ristretta minoranza (le corporation degli amici di Bush!). I democratici tracceranno il quadro di “due Americhe”: quella dei miliardari e quella della classe media. E si presenteranno come i difensori della classe media. Bush sarà descritto come uno strumento nelle mani di quelle corporation che prima hanno esaurito il surplus di bilancio della presidenza Clinton con riduzioni fiscali per i loro amici e ora si appellano al deficit per tagliare i finanziamenti ai programmi di assistenza sociale, cercando di nascondere ogni cosa con la retorica del patriottismo.
E Bush, da parte sua, quali contromosse sta studiando?
La risposta sta nel recente discorso sullo Stato dell’Unione. Il suo programma si indirizza per il 60 % alla sicurezza nazionale, per il 30 % a programmi di “sostegno” alla ripresa economica (nessuna nuova tassa) e per il 10 % alla difesa delle questioni culturali (matrimoni gay, aborto, etc).
E’ verosimile che in Medio Oriente i saddamiti e gli estremisti islamici alzino il livello degli attentati nei prossimi mesi e facciano anch’essi la loro campagna elettorale: credi che ciò possa influire sul voto?
Sì, proprio così. Dipende da chi saprà interpretare meglio la causa patriottica della sicurezza nazionale, e finora sembra che Bush ci sia riuscito meglio di tutti.
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