Protestanti “rigorosi” e cattolici “lassisti”? Idea vecchia e sbagliata

Di Massimo Giardina
05 Settembre 2012
Il Corriere dedica una pagina al pensiero del Globalist per cui il debito pubblico è un male di origine cattolica. Risponde lo storico dell'economia Alberto Cova. San Carlo Borromeo o Maria Teresa erano protestanti?

La paginata del Corriere della Sera di oggi, firmata da Massimo Franco (“Protestanti “rigorosi” del nord contro cattolici “lassisti” del sud”, il titolo) mette in rilievo l’idea del direttore del Globalist, Stephan Richter secondo cui «un eccesso di cattolicesimo danneggia la salute fiscale delle nazioni». Risponde a tono lo storico dell’economia Alberto Cova, professore ordinario emerito e dal 1992 al 2008 preside della facoltà di Economia della Cattolica di Milano: «Ma come si trova il coraggio di affermare certe scemenze?»

Professore, una tesi un po’ strana quella vista oggi sul Corriere, non trova?
Nel 1988 avevo scritto un saggio: Cattolici e protestanti nella formazione dell’economia moderna. Era un tema importante collocato su un altro argomento molto in voga nelle produzioni scientifiche di quel tempo: la finanza cristiana. Oggi siamo nel 2012 e l’articolo che ho letto sul Corriere non ha più nessun fondamento scientifico, perché la tesi proposta è già stata da tempo smontata. Certo che, se si vogliono usare tali tematiche per sostenere le proprie posizioni è un altro discorso, ma quanto scrive questo signor Richter è un concentrato di scemenze: non è immaginabile una fondazione seria con questo genere di affermazioni.

Non è la prima volta che si sentono certe affermazioni, o sbaglio?
Nel passato mi è più volte capitato di ricevere provocazioni di questo tipo in merito al ruolo che ha avuto il cattolicesimo nella costruzione della società; a chi mi provocava con soluzioni come quelle di Richter ponevo subito una domanda: «Come mi si spiegano 300 mila imprenditori cattolicissimi che “funzionano alla grande”?»

Cosa le rispondevano?
Pensi un po’, la risposta che ricevevo era questa: «Sono cattolici, ma si comportano come protestanti». Davanti a una posizione così cosa potevo dire se non: «Vabbé, allora avete sempre ragione voi!». Le sembra un ragionamento?

Il quadro che emerge è che il cattolicesimo è responsabile di una forma patologica di assistenzialismo a fronte di un protestantesimo efficiente. 
Diciamolo chiaramente: questa è una cretinata e il modello lombardo lo dimostra chiaramente. Andiamo indietro nel tempo. Parliamo di responsabilità comunitaria nella gestione della comunità stessa. Abbiamo un esempio che calza a pennello: San Carlo Borromeo, che fino a prova contraria è il vescovo della controriforma. Nel primo sinodo postconciliare a Milano, il santo arcivescovo mise nell’ordine del giorno le indicazioni per i vescovi da applicare durante le visite pastorali, e impose la verifica dal punto di vista amministrativo degli enti morali. Il cardinale di Milano voleva che emergessero le modalità di gestione degli ospedali e di tutte le associazioni che proponevano assistenza, in modo da capire se gli amministratori facessero il loro interesse o gli interessi dei destinatari del servizio erogato dall’ente. Se dovessi seguire la tesi del Globalist dovrei affermare che un cardinale della Chiesa Cattolica introdusse un criterio di efficienza protestante. La verità è che San Carlo non fece altro che applicare l’insegnamento della dottrina cristiana nella dimensione morale dell’agire economico.

E per l’Italia meridionale?
La questione è diversa e definita dalla scarsità di esperienze di conduzione comunitaria e collettiva delle società micro. Nel Sud il regime feudale ha caratterizzato il territorio per lungo tempo.

Insomma, l’unità religiosa non implica l’unicità culturale?
La mappa della cooperazione e della sua dimensione nell’Italia settentrionale è la medesima dell’esperienza corporativa tedesca o francese. Il problema è culturale in senso più ampio e non solo dal punto di vista religioso e bisogna tenere in considerazione anche la dimensione politica
.

Cioè?
In un saggio di metà Ottocento sulle proprietà fondiarie e la popolozione agricola in Lombardia emerge una gestione della comunità come saldatura tra la cultura popolare e le istituzione politiche e ci si rende conto che tutto regge sull’ordinamento amministrativo emenato a metà Settecento dalle riforme austriache. Vienna era protestante o cattolica? E Maria Teresa? Se protestante vuol dire tedesco affermiamo una balla collossale, infatti la famiglia di Teresa, ad eccezione del suo primogenito Giuseppe, era di religione cattolica e governava  mettendo in secondo piano interessi personali o dei gruppi più o meno aristocratici.

Poi arrivarono i Savoia.
Soltanto il passaggio della Lombardia al regno d’Italia determina una scelta rovesciata rispetto al decentramento organizzativo. È un dato di fatto che alcune aree del paese con il sistema decentrato avrebbero retto meglio e purtroppo abbiamo perso i due treni del 1859 e del 1945 per organizzare uno Stato federale così come avrebbe dovuto essere.

@giardser

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1 commento

  1. paolo delfini

    Baviera,Renania,Austria,Francia,Belgio,Italia,Lussemburgo,Spagna,parte dell’Olanda,la Polonia,l’Ungheria ecc., cioe’ tante delle aree piu’avanzate del mondo ,non sono forse abitate da cittadini di Tradizione cattolica,? Ah gia’ , dimenticavo, sono protestanti camuffati da cattolici o cattolici che ragionano come protestanti………L’articolo del Corriere e’ davvero esilarante, grazie Massimo per avercelo segnalato.

    ps. praticamente aldila’della Germania del Nord,dei Paesi scandinavi e della Gran Bretagna e un po’ di svizzeri, in Europa siamo tutti dei lavativi subumani, lo diceva anche quello con i baffetti tanti anni fa.

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