Cannes, 21 Giugno, ore 9. Si aprono i battenti del Palais dove ha inizio la 46ma edizione del Festival mondiale della pubblicità. Oltre settemila campagne si sfidano nell’arco di una settimana alla conquista di un Leone. Tutto il bel mondo della creatività internazionale si dà appuntamento sulla Croisette. Alcuni vi rimangono tutta la settimana, sorbendosi il sole e facendo pronostici, altri si spostano di cento metri (al Palais) sorbendosi migliaia di spot e portandosi a casa qualche statuetta. Gli italiani, fra i più assidui e numerosi frequentatori della manifestazione, sono fra coloro che fra uno spot e una short list preferiscono un long drink, possibilmente al Martinez dove mondanità e presenzialismo aiutano a trovare una nuova agenzia, ma non aiutano la creatività. Che infatti stenta a decollare nella kermesse creativa più importante del pianeta: lo scorso anno, per esempio, fra 246 Leoni assegnati, solo uno è andato all’Italia. E ’stavolta? Quale sorte toccherà al Belpaese? I più informati giurano che sarà ancora un anno di magra. I più polemici se la prendono con la giuria che non capisce il nostro umorismo. La giuria se la prende con gli italiani perché copiano gli spot americani e inglesi. E gli italiani se la prendono. E basta. Ma, obiettivamente, perchè un giappponese dovrebbe premiare Lavazza, con San Pietro che non sa neanche chi sia? O la mucca pazza di Tim che è lì impalata da settimane sulle rotaie del treno, senza un perché? Non lo sapremo mai, ma tanto a Cannes, per dirla con De Coubertin, “l’importante non è vincere, ma partecipare”.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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