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Lo scorso 3 giugno ricorreva il centenario della morte di Franz Kafka, in occasione di quest’anniversario è rimbalzato su molte testate l’incipit della sua opera più famosa, La metamorfosi. «Una mattina Gregorio Samsa, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato in un insetto mostruoso. Era disteso sul dorso, duro come una corazza».
Sogni inquieti che culminano in una mutazione tremenda. Lo scrittore, come un cavo dell’alta tensione, restituisce al mondo una forte scossa. Inventando, rivela. Quell’incipit continua a denunciare l’illusione di un progresso che associa il mero procedere del tempo in avanti a sinonimo di miglioramento e s’impatta, invece, con una regressione dell’umano. La metamorfosi è in corso e, a stanarle, si mostrano tracce della durezza di un guscio che intacca i connotati più vitali delle anime. L’esoscheletro può essere un coma, può essere proprio pietra.
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