
Prodi, troppo occupato a punire i ricchi, non vede che in realtà pagano i poveri
Molti sostenitori dell’attuale maggioranza affermano che questa Finanziaria è fatta, oltre che per rientrare nei parametri di Maastricht, per difendere i deboli. Si tratta di verificare se questo rimane vero quando tale difesa è perseguita solo con limitati sgravi fiscali ai meno abbienti, probabilmente compensati da un aumento delle tasse comunali. Alcune ragioni, tra le tante, fanno dubitare. In primo luogo è dimostrato da studi internazionali che le politiche di trasferimento non portano, nel lungo periodo, a una maggiore eguaglianza. Lo sviluppo e la redistribuzione del reddito duraturi nel tempo possono essere raggiunti con l’incremento della qualità dell’istruzione a ogni livello (soprattutto quello superiore), come dimostrano da anni i paesi anglosassoni o scandinavi e l’orientamento politico di India e Cina oggi. In Italia accade proprio il contrario, anche con questa Finanziaria e con l’attuale politica del ministero dell’Istruzione che, oltre a non destinare i fondi necessari alla formazione superiore in modo selettivo rispetto alla qualità (soprattutto nel caso di dottorati e master qualificanti), continua a difendere statalismo e ostilità alla parità e all’autonomia scolastica, causando mortificazione alla libertà di educazione e svilendo la professionalità degli insegnanti.
In secondo luogo, la difesa dei più deboli si attua incrementando il lavoro, ma proprio il lavoro in un mondo globalizzato è una variabile dipendente della capacità competitiva delle aziende, anche e soprattutto piccole e medie, fondamentali per lo sviluppo del paese. Purtroppo, però, a fronte delle norme per l’innovazione del pacchetto Bersani vi è un aumento della tassazione di chiunque faccia l’imprenditore seriamente, pagando le tasse, e un sostanziale nulla di fatto sull’abbattimento del cuneo fiscale, congeniato a favore di grandi aziende. In più la Finanziaria prevede una sottrazione del Tfr, da molti utilizzato come autofinanziamento, in un clima che rimane di sostanziale diffidenza bancaria verso i “piccoli” imprenditori; un ritorno alla rigidità del lavoro e un’assenza totale di politiche organiche di sviluppo internazionale in genere, e in particolare verso aree strategiche quali l’India e la Cina (il viaggio di Prodi non è stato certo ricco di risultati concreti). C’è addirittura un clima da caccia alle streghe nei confronti dei lavoratori autonomi e dei liberi imprenditori, additati generalmente come evasori fiscali o come esponenti di un sistema economico arretrato.
Un recente articolo apparso sul Sole 24 Ore documentava che l’occupazione nel nostro paese si è sviluppata soprattutto nel settore del non profit. Come pensare di incrementarne l’espansione quando, soprattutto nei servizi alla persona, lo sviluppo di questo settore non è quasi per nulla supportato da forme di contratto a progetto, deduzioni, detrazioni o voucher che rendano effettiva per gli utenti la possibilità di scegliere gli erogatori di servizi più efficienti a prescindere dalla loro natura giuridica?
Infine, il reddito prodotto da un paese si può destinare in tre modi: investimenti, aiuti ai più deboli, rendite parassitarie. Più s’incrementa questa terza componente, meno i deboli possono essere aiutati. Ora, al di là delle dichiarazioni di principio, gli incrementi salariali del pubblico impiego non si legano alla qualità del lavoro, non si discute punto sui 450 mila statali di troppo, ma si cede ai ricatti di chi può contribuire al fallimento di grandi imprese per le sue richieste irrealistiche, non si diminuisce la spesa pubblica laddove si può. Così dopo 5 anni di un centrodestra demagogico e incapace di liberarsi dei suoi e altrui statalismi e conflitti di interesse, ci troviamo di fronte a chi, dicendo di difendere i deboli, di fatto, nel lungo periodo li affosserà.
*presidente Fondazione per la Sussidiarietà
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