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Presidente salvato…

Lorenzo Albacete
16/11/2006 - 0:00
Archivio
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L’opinione dominante riguardo i risultati delle elezioni di mid-term della scorsa settimana è che la straordinaria vittoria del Partito Democratico sia dovuta alla reazione degli americani alla politica del presidente Bush sull’Iraq e al modo in cui la sua amministrazione ha condotto la guerra. Questo è vero ma è importante sottolineare che ciò non significa che il popolo americano sia diventato improvvisamente pacifista, esattamente come coloro i quali si sono opposti al conflitto fin dall’inizio. E non è vero nemmeno che il popolo abbia cominciato a temere le conseguenze che la guerra al terrorismo può comportare. Ciò che è cambiato è che molta gente ha perso fiducia nell’abilità del presidente Bush di guidare la nazione in questa missione.
Gli americani hanno perso la fiducia quando hanno cominciato a sospettare che le ragioni addotte dal presidente per giustificare la guerra non fossero ragioni reali e credibili. Molti americani credevano che la guerra fosse giustificabile come risposta a quanto accaduto l’11 settembre 2001 non tanto per il coinvolgimento diretto dell’Iraq negli attacchi terroristici, quanto per il presunto possesso da parte del regime di Saddam Hussein di armi di distruzione di massa che sarebbero potute entrare nelle disponibilità di movimenti terroristici. Oltre a questo, il presidente ha difeso la guerra facendo appello al senso patriottico e morale della missione, così caratteristico dell’immaginario americano.

Il fronte repubblicano disgregato
Quando, però, si è scoperto che molti esperti sia interni che esterni all’amministrazione dubitavano dell’esistenza di queste armi, quando il popolo iracheno non ha reagito come preventivato all’intervento americano, quando i cadaveri dei soldati sono cominciati a tornare a casa, è iniziata a scemare proprio la volontà di fare qualsiasi cosa fosse necessaria per proteggere e promuovere la libertà e lo stile di vita americano (così frequentemente considerato inseparabile dallo stile di vita cristiano). Ma il presidente non ha cercato di motivare la gente affinché continuasse ad accettare i sacrifici necessari per ottenere un risultato simile. Dall’11 settembre in poi tutto ciò che il popolo americano è stato chiamato a fare è spendere e comprare per mantenere forte l’economia. Questa la domanda che ha cominciato ad attanagliare un numero sempre crescente di supporter del presidente: quale è stata la vera ragione che ci ha spinto ad andare in guerra? Chi sono le persone che portano la responsabilità di aver consigliato al presidente di fare ciò che è stato fatto e nel modo in cui è stato fatto? La base evengelica della coalizione repubblicana ha continuato a supportare con convinzione la guerra e l’amministrazione Bush poiché il presidente è stato in grado di unire il conflitto armato al senso morale dell’America evangelica, minacciata dall’agenda sociale della base attivista del Partito Democratico su argomenti come l’aborto, la ricerca sugli embrioni, l’eutanasia e i matrimoni gay. Ma anche questo supporto ha cominciato a indebolirsi quando sono emerse le prove dell’ipocrisia del Partito Repubblicano nell’intento di difendere i “valori americani”. E pure il resto della coalizione repubblicana ha cominciato a disgregarsi su argomenti come l’immigrazione, il deficit di spesa, temi sui quali i conservatori tradizionali non sono d’accordo con l’establishment repubblicano classico. Sembrava che il partito potesse contare unicamente sulla paura dei democratici per sperare di mantenere il controllo del governo. Il loro messaggio da ultima spiaggia è stato: volete Nancy Pelosi (una democratica ultraliberal di San Francisco) come speaker del Congresso? Le elezioni hanno offerto questa risposta: sì. E non perché gli americani siano d’accordo con l’agenda sociale della Pelosi, ma perché la vittoria degli avversari costringerà l’amministrazione Bush a ripensare la propria politica di guerra e ad essere onesta con il popolo americano.

Cattolicismi un po’ Pelosi
Infine, i democratici hanno giocato le carte a loro disposizione alla perfezione. Si sono semplicemente fatti da parte per permettere all’amministrazione repubblicana di distruggersi da sola e sono rimasti silenti sulle politiche che spaventano il popolo americano. Infatti, in aree in cui i repubblicani sono stati rimpiazzati dai democratici, gli stessi votanti (dove è stata offerta loro tale possibilità) hanno bocciato proposte (come la legalizzazione dei matrimoni omosessuali) identificate con il Partito Democratico. Nel frattempo, Mrs Pelosi andava in giro vestita elegantemente e ricordando a tutti di essere una cattolica italiana. Molti dei nuovi eletti tra i democratici sono molto più conservatori di quanto sia lei, per cui la nuova speaker deve continuare a recitare la sua parte se vuole mantenere il partito unito al Congresso.
In Pennsylvania Robert Casey, un altro democratico cattolico, ha vinto contro il repubblicano Rick Santorum, un importante esponente dell’ala pro-life. Al padre di Casey, in passato a sua volta governatore dello Stato, proprio per le sue opinioni pro-life fu vietato di parlare alla convention del Partito Democratico che sedici anni fa elesse Bill Clinton come candidato. Anche suo figlio è ritenuto un pro-life ma questo non gli ha vietato di diventare candidato dei democratici e vincere le elezioni. Sarà interessante vedere se i democratici impareranno da questo esempio ad essere più aperti verso i cattolici pro-life, così come lo sono i loro candidati (questo, ovviamente, se Casey resterà un pro-life). La coalizione repubblicana è stata ferita gravemente, forse mortalmente dalle ultime elezioni di metà mandato, ma quella democratica deve ancora dimostrare di saper sopravvivere al parto.

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