
Continua a essere alta la tensione sulla prescrizione, con Italia Viva di Matteo Renzi che minaccia la maggioranza. Da gran maestro di tattica qual è, Renzi assicura di non voler far cadere il governo, ma ribadisce la sua opposizione alla riforma Bonafede.
Che il tema tenga sulle spine il Pd lo si vede anche dalla lettura dei giornali, ricchi di interviste a esponenti democratici in fibrillazione per le mosse del senatore di Rignano (si vocifera anche di maggioranze alternative, con “responsabili” di Forza Italia al posto di renziani), ma si starà a vedere fino a dove Iv sarà disposta a tirare la corda.
Qualcosa è cambiato
La novità, come nota oggi Angelo Panebianco sul Corriere della sera è che «qualcosa è cambiato»: la divisione rigida tra «quelli che, di volta in volta, entravano nel mirino delle procure e che cercavano di difendersi (da Craxi a Berlusconi, da Renzi a Salvini)» e dall’altro «i difensori tutti d’un pezzo dello “Stato di diritto” e della “indipendenza della magistratura” ma solo quando la botta giudiziaria colpiva l’avversario politico», è venuta meno.
«La cosa certamente più importante, la vera novità – scrive Panebianco -, è che l’apparente (solo apparente, ovviamente) compattezza della magistratura è saltata: sulla prescrizione il disaccordo fra i magistrati è ora alla luce del sole».
Panebianco probabilmente pecca di ottimismo nel voler far intendere che tale spaccatura possa portare a importanti conseguenze, ma certamente ha ragione nel sottolineare che tale “spaccatura” c’è, esiste.
Pseudosoluzione
Lo rileva sullo stesso quotidiano anche Luigi Ferrarella che in un commento che ricostruisce la storia della legge Bonafede fa notare che la soluzione di compromesso raggiunta tra Pd, Leu e M5s dopo «8 vertici di maggioranza per non far cadere il governo» è un’altra «pseudosoluzione»:
«cioè fare una nuova norma (sotto forma di emendamento al decreto Milleproroghe) per sospendere momentaneamente la legge Bonafede in vigore dal primo gennaio e a ruota trapiantarvi l’altra pseudosoluzione che per gli assolti in Tribunale lascerebbe decorrere la prescrizione (promettendo poi un Appello entro due anni), mentre ai condannati in Tribunale bloccherebbe definitivamente la prescrizione se ricondannati in Appello, dove invece gli assolti si vedrebbero “resuscitare” e restituire a posteriori il periodo trascorso nel frattempo. Idea che, al prezzo di mettere in tensione il principio costituzionale per cui l’imputato non è considerato colpevole sino a sentenza definitiva, peraltro alla luce dei dati statistici riguarderebbe soltanto meno di un quarto delle prescrizioni che maturano ogni anno, e meno del 3% di tutti i procedimenti penali».
Morte pietosa
Concorda con lui il magistrato Carlo Nordio che, dopo aver definito la riforma Bonafede un «mostro giuridico», oggi sul Messaggero parla del compromesso Conte come di un «mostriciattolo».
E fa questo esempio:
«Tizio viene assolto in primo grado: la prescrizione continua. Il Pubblico Ministero impugna, si va in Appello, e Tizio viene condannato. La prescrizione (a quanto pare) si sospende. Ma Tizio ricorre in Cassazione, che annulla la condanna e rinvia a un’altra Corte. Quest’ultima assolve. Che fine farà al prescrizione? Mah! E mica è finita. Perché se contro questa assoluzione ricorre il Procuratore Generale, e la Cassazione accoglie il ricorso, si fa un nuovo processo. Se stavolta la Corte d’Appello condanna, la prescrizione si sospende (pare) di nuovo. Ma se Tizio ricorre a sua volta, e la Cassazione annulla la condanna, la nuova Corte può assolvere, con la conseguenza di una nuova impugnazione del Procuratore Generale.
E così via senza tregua, perché nel nostro sgangherato sistema il processo può effettivamente andare avanti all’infinito, con corsi e ricorsi che ricordano, tanto per restar nella filosofia greca, la dialettica degli stoici. E badate che questo è solo un aspetto del problema. Perché può esservi il caso opposto e simmetrico a quello di Tizio: Caio è condannato in primo grado (la prescrizione si ferma) ma assolto in Appello (la prescrizione riprende); poi un annullamento della Cassazione e condanna nel giudizio di rinvio. Altro ricorso, eccetera eccetera. Nel frattempo, come l’omino di Cartesio, la prescrizione si è perduta nella foresta normativa».
Una tiritera in cui, già oggi, finiscono in molti, nelle mani di una giustizia impazzita cui ci si riesce a sottrarre solo grazie alla prescrizione. A questo punto, nota con humor nero Nordio: «Talvolta, pietosa, è intervenuta la morte, che risolve ogni cosa. Con il lodo Conte bis, essa sarebbe l’unica speranza di un accertamento definitivo, naturalmente nell’Altro Mondo».
Foto Ansa