In tempi di polemiche al calor bianco sul tema dell’immigrazione in Europa e in particolare sulla provenienza degli immigrati, può essere utile concedere un po’ di attenzione ad uno studio presentato all’inizio dell’estate, realizzato dalla DIW di Berlino e dall’IGIER, l’Istituto di ricerca economica voluto, fra gli altri, da Mario Monti presso l’Università Bocconi di Milano. Lo studio rivela che gli immigrati dall’Est europeo godono nei paesi della UE di un alto grado di accettazione sociale, più elevato nei paesi mediterranei e meno in quelli collocati nell’Europa centrale, ma in ogni caso sempre nettamente superiore al 50 per cento. All’Europa occidentale servono immigrati? Se vuole procurarseli senza rischiare grossi conflitti sociali e culturali e relativi contraccolpi politici, farebbe bene a cercarseli nell’altra metà del continente. Questo sembra essere il messaggio che viene dall’indagine. Il gradimento nei riguardi degli immigrati dall’Europa orientale varia (sommando chi è favorevole a un ingresso senza restrizioni a chi è favorevole a un ingresso condizionato) dal 57% degli intervistati in Germania (58% in Belgio, 61% in Austria) all’87% in Spagna (86% in Svezia e Finlandia, 84% in Italia). Il dato in parziale controtendenza di Germania ed Austria si spiega con ragioni storiche (i problematici rapporti dei popoli di lingua tedesca coi loro vicini di lingue slave) e con un dato attuale: già oggi Germania ed Austria sono i paesi che ospitano la maggior quantità di immigrati est-europei sia in numero assoluto (oltre 700mila) che in percentuale (in Austria costituiscono l’1,25% della popolazione) ma soprattutto di profughi dalla ex Jugoslavia. Questi ultimi, infatti, con 2 milioni di unità circa rappresentano i due terzi di tutti i residenti nella UE originari dell’Europa orientale (3 milioni) e sono ospitati quasi tutti in Germania. Se i 10 paesi dell’Est che hanno fatto domanda (Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria) venissero ammessi alla UE, la Commissione europea calcola che 335 mila persone all’anno si trasferirebbero in occidente, un terzo di esse in cerca di lavoro. La quantità sarebbe più ridotta se nel contempo i paesi di provenienza potessero contare su un’economia in fase di crescita (come in Polonia), e non in recessione (come in Romania). E su questo la UE qualcosa può fare.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
Codice ISSN
online 2499-4308 | cartaceo 2037-1241
Direttore responsabile
Emanuele Boffi