Perugia Italia

Di Marini Barbara
31 Gennaio 2008
Scena di un delitto che fa riflettere sul tessuto umano di una città emblema di tutto ciò che abbiamo costruito in questo paese alla deriva

«Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so». Così inizia il capolavoro dell’assurdo di Albert Camus, Lo straniero. È la storia di Meursault, l’impiegato che dopo aver assistito asciutto di lacrime al funerale della madre, uccide un arabo su una spiaggia accecata dal sole, senza motivo. Sarà condannato a morte. Il niente, la totale assenza di ragioni razionali, di mandante, di colpa e perciò di confessione, ci riportano sul luogo del delitto. Perugia, città di pietra bianca. Demoniaca e indecente. Immorale e silente. A quasi tre mesi dalla morte di Meredith Kercher sembra che il molto rumore iniziale si stia attenuando. Mentre non si ferma lo strano pellegrinaggio di fotoreporter, giornalisti, free lance nordamericani, il fatto che dai giudici perugini non trapeli quasi nulla dell’inchiesta, sembra abbia scoraggiato i cronisti indigeni abituati agli scoop travasati sui giornali direttamente dai pc delle procure “amiche”.
Che c’è di strano nel delitto di Perugia? Niente di più che un noir cosmopolita e multietnico, un omicidio internazionale, con facce bianche e slavate di medio-borghesi che frequentano l’università con l’Audi A4 del papà. Niente di meglio che infanzie difficili, figli di divorziati, alloggi per stranieri, affitti in nero, locali per giovani, centri sociali. Niente di più e di meglio di quello che negli ultimi vent’anni abbiamo provato a costruire in Italia. Integrazione, assenza di identità, indifferenza all’autorità, luoghi comuni, pensiero unico, divertissement, spinello assurto a diritto metafisico, coca a diritto economico, sesso a diritto privato e pubblico. Certo, se fosse stato un rumeno invece che un’americana, un nero e un pugliese a divertirsi con la povera Meredith, gli argomenti sarebbero stati più suggestivi (e magari ci sarebbe scappata l’ennesima leggina emergenziale). Ma a salvare il banale c’è appunto la trasgressiva americana, l’arcobalenato borghese del sud, il nero sfigato. Il fatto è che ai perugini non gliene frega niente di questi personaggi in cerca di autore. Non sono aborigeni. Cioè non sono massoni, catechisti o militanti dell’antica tradizione marxista. Anche l’attentatore di Wojtyla passò per l’Augusta Perugia entrando in Italia grazie ai corsi dell’Università per Stranieri.
Anche a Ponte Felcino, dolce e tranquilla frazione limitrofa, poco tempo fa trovarono un arsenale di liquidi pronti a incendiare chissà quale obiettivo strategico. Ai perugini, però, non gliene frega niente di questa gente straniera. La colpa di Meredith è di essere stata inglese. Fosse stata romana o milanese le cose sarebbero andate diversamente. Come a dire che, malgrado gli sforzi delle istituzioni, il multietnico e la provincia non vanno ancora d’accordo. Ciononostante a Perugia ci sono stati eventi per discutere il delitto e le sue conseguenze sociali. Il Rettore dell’Università degli Studi ha aumentato le tasse di iscrizione per il prossimo anno accademico, in previsione del calo delle immatricolazioni. Il vescovo ha convocato rappresentanti di associazioni, movimenti e animatori sociali per interrogarsi sulla presenza in città dei cattolici. La destra e la sinistra si sono distratte dal buco nel bilancio comunale per affrontarsi sui temi originalissimi della sicurezza e della legalità. Il sindaco postcomunista Renato Locchi si è sentito in dovere di intervenire per salvaguardare il buon nome della città. Certo che la droga resta il problema di Perugia. Certo che i luoghi di spaccio sono sempre quelli e neanche le inchieste di Porta a Porta e di Matrix hanno salvato il centro storico dal demone dello spinello, del crack, dell’eroina e delle anfetamine. Così come all’Università per stranieri non succede niente di nuovo. E ancora oggi, come succede da anni, mentre cresce la richiesta di assistenza psicologica (gli studenti sono afflitti da depressione), alle dieci e mezza di sera di ogni giovedì partono da Palazzo Gallenga i pullman che distribuiscono giovani stranieri in cerca di notti eccitanti nelle discoteche di periferia. A Scienze politiche, la facoltà che frequentava la Kercher, c’è stata un’assemblea. Alcuni studenti hanno saltato il pranzo per capire i fatti accaduti. Nelle loro parole l’eco di qualche accento diverso dal piattume circostante. «Io non ho ucciso nessuno – dice Paolo di Ingegneria. Ma sono debole, incapace di voler bene. Mi chiedo che cosa mi può essere d’aiuto, non per non uccidere, ma per voler bene».
Intanto la scena del delitto rimane morbosa come all’inizio. Niente confessioni, solo curiosità morbosa, come sulla notizia dello shopping in un negozio di biancheria da parte di Amanda e Raffaele il giorno dopo la morte di Meredith. Chissà chi scoprirà che modello di tanga si comprò Amanda insieme al fidanzato. Tra i personaggi di questo teatro dell’assurdo il più strano resta il pm Giuliano Mignini. L’unico che tace. Nemmeno una dichiarazione ammiccante per soddisfare le tv? Sarà un cattolicone di destra o, più semplicemente, un magistrato serio?

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