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Perfino la guerra diventa abitudine per noi spettatori della realtà

Di Fabio Cavallari
01 Giugno 2022
Ci scordiamo di tutto, come se vi fosse solo un presente costante che cancella, giorno dopo giorno, chi siamo stati, cosa abbiamo fatto, quale dannazione ci ha annichiliti
Un uomo osserva i resti di un missile dopo un bombardamento russo su Kharkiv, Ucraina
Un uomo osserva i resti di un missile dopo un bombardamento russo su Kharkiv, Ucraina (foto Ansa)

A Luigi

Man mano che i giorni passano, anche la guerra diventa un’abitudine per noi spettatori. Le case distrutte, i palazzi fumanti, le code di profughi, la distruzione di ciò che quegli uomini avevano costruito, tutto si trasforma in uno scenario televisivo. Mancano gli odori, manca la pancia, manca l’urlo, seppur i media tendano a non risparmiarci nulla, e gli opinionisti sembrano tutti comparse in un set cinematografico. La guerra produce uno sguardo cinico. Anche la voce del Papa che reitera, invoca la pace, sembra sussunta nel panorama di un blob che non ha più alcun filo conduttore. Siamo diventati delle bestie. Non perché non ci armiamo e partiamo, ma perché non amiamo. Non c’è più scandalo, il dolore è di plastica, le lacrime sono liquide, ma nell’accezione baumaniana. Le colonne di fumo non accecano i nostri occhi.

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