La preghiera del mattino

Perché non può essere Renzi il successore di Berlusconi

Di Lodovico Festa
16 Giugno 2023
Rassegna ragionata dal web su: che cosa manca al leader di Italia viva per prendere il posto del Cavaliere, il momento pessimo per i partiti terzopolisti, un segnale importante da Carlo Messina
Matteo Renzi
Il leader di Italia viva Matteo Renzi (foto Ansa)

Su Huffington Post Italia Alfonso Raimo scrive: «“Il successore di Berlusconi non esiste. Non sarò io il royal baby”, giura il leader di Italia viva citando una formula di Giuliano Ferrara. Ora conoscendo il particolare gusto per la dissimulazione (stile “Enrico stai sereno”) è certo: Renzi si candida ad essere l’erede di Berlusconi. Più che sospetta in queste ore è la gran mietitura di apprezzamenti, la celebrazione dell’uomo “affamato di vita”, del premier in grado di oscurare con la sua permanenza a Palazzo Chigi “De Gasperi, Moro, Andreotti e Fanfani”. Et voilà, l’intera storia della Democrazia cristiana archiviata sull’altare del berlusconismo. Di più: lui stesso rivela di aver battuto Berlusconi, nel 2014, con le sue stesse armi: tasse, giustizia, lavoro. “Mi disse che era d’accordo anche sul jobs act, come se lo avesse votato anche lui”. La sinistra, invece, ha sbagliato a inseguire la via giudiziaria, doveva batterlo sulla politica».

Al contrario di quei parvenu della politica che non dicono niente dotato di senso se non glielo scrive Rocco Casalino, Mattero Renzi è persona colta e preparata. Al contrario degli squallidi e viscidi squadristi mediatici che amano banchettare sulle spoglie dei loro avversari, il rignanese è uomo ricco di umanità come si coglie anche nelle sue parole sul defunto leader di Forza Italia. Poi, come un vero fanfaniano di razza, non gli mancano l’estro e la fantasia per buttare all’aria il quadro politico appena gli se ne offre l’occasione. Però al contrario del vecchio Amintore non dispone di una Democrazia cristiana partito cardine dello Stato nazionale, e quindi le sue mosse per quanto argute finiscono per restringersi in spazi sempre più angusti. Ora l’idea di succedere a Silvio Berlusconi, come suggerisce Raimo, senza dubbio gli passa per la testa. Ma mi pare che questa volta non abbia proprio le condizioni per eseguire una delle sue fulminee scorribande del tipo di quelle condotte in questi anni (pieno accordo con Berlusconi, pieno scontro con Berlusconi, pro Conte, contro Conte, contro Calenda, pro Calenda, contro Calenda).

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Sul Post si scrive: «Il partito spagnolo Ciudadanos, liberale e di centro, ha deciso di non presentarsi alle elezioni politiche del 23 luglio a causa del risultato disastroso ottenuto alle amministrative che si sono tenute a fine maggio in alcune comunità autonome e grandi città. La decisione non implica comunque un immediato scioglimento di quello che fino a quattro anni fa era la terza formazione politica del paese: “Abbiamo avviato un processo di rinnovamento”, ha detto il segretario Adrián Vázquez, ma non tutti sono convinti che l’operazione servirà a qualcosa».

In generale mi pare che sia finita (interrotta?) quella fase che dava chance ai partiti centristi: così il caso spagnolo, così le difficoltà dei liberali in Germania, così i liberali inglesi che non riescono a sfruttare la crisi dei conservatori e così innanzi tutto il fallimento del macronismo.

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Su Strisciarossa Paolo Soldini scrive: «L’evidente intesa tra l’italiana e l’olandese, condita di sorrisi, ammiccamenti e gesti amichevoli, sembra segnalare qualcosa di più che il comune interesse a bloccare il traffico dei profughi in arrivo e a liberarsi degli “indesiderati” appioppandone il peso sui paesi di transito. Non da oggi, Mark Rutte ha schierato il suo partito per la Libertà e la Democrazia (Vvd), che guida una coalizione di centro, sulla destra dello schieramento europeo liberale. L’olandese potrebbe essere una delle stampelle del grande ribaltone verso una maggioranza con i popolari che esautori i socialisti e i liberal-democratici davvero liberali e democratici e avvii una riforma dell’Unione Europea verso il recupero delle sovranità nazionali. In passato Rutte è stato uno dei più rabbiosi mastini dello schieramento “frugale” contrario agli “spendaccioni” del Sud, soprattutto italiani. Ma su un disegno di Europa delle Nazioni che restituisca sovranità agli Stati potrebbe sacrificare anche le sue rigidezze in materia di rigore finanziario. In politica le cose possono cambiare. Anche in peggio».

A un giornalista intelligente e preparato come Soldini non sfugge l’incredibile segnale che lancia Mark Rutte affiancandosi a Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen nel viaggio in Tunisia, un altro formidabile indizio che il ruolo di una forza centrista in grado di essere decisiva grazie al suo barcamenarsi tra conservatori e socialdemocratici, pare avere sempre meno spazio.

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Su Formiche Gianluca Zapponini scrive: «Carlo Messina ha poi toccato le questioni più politiche. A partire da un parere sul governo. “Mi pare ci sia un fattore importante che è rappresentato dalla stabilità, che è un elemento che ci differenzia da tutti gli altri sistemi politici dell’Europa di questa fase. Questo è un punto estremamente positivo, che può consentire di avere un arco temporale pluriennale ed è solo su un arco temporale pluriennale che si riescono a realizzare gli investimenti e a poter accelerare la crescita del nostro paese. Noi abbiamo moltissimi punti di forza come paese, però indubbiamente la crescita è indispensabile per poter rafforzare il posizionamento del paese in Europa e anche per ridurre le disuguaglianze nel Paese e rendere sostenibile il nostro debito”».

Un disegno centrista, infine, ha bisogno per realizzarsi di una solida sponda nelle élite economiche industriali e finanziarie. E dunque che il Ceo della banca che Giovanni Bazoli e Giuseppe Guzzetti hanno con grande abilità e successo costruito, dica che la stabilità politica italiana è un nostro vantaggio strategico rispetto a tanti Stati europei scossi da proteste sociali e sommovimenti politici, a me pare una chiara campana a morte per qualsiasi ambizione terzopolarista.

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