Per il cardinale Parolin i cattolici cinesi «non sono perseguitati». Si sbaglia
«Ma che persecuzioni! Bisogna usare le parole correttamente». Così il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin ha risposto a un domanda di Avvenire in merito all’accordo sulla nomina dei vescovi tra Cina e Vaticano, rinnovato oggi per altri due anni, negando che in Cina la Chiesa cattolica sia perseguitata. Le parole di Parolin, che vanno oltre la consueta prudenza nelle dichiarazioni imposta dalla diplomazia, appaiono offensive verso le sofferenze dei fedeli cinesi e purtroppo non sono suffragate dai fatti.
OBBEDIRE A PECHINO, NON AL PAPA
I nuovi regolamenti cui tutti le religioni devono attenersi, approvati l’1 febbraio 2020, impongono innanzitutto a ogni organizzazione religiosa, Chiesa cattolica inclusa, di «aderire alla leadership del Partito comunista cinese, aderire al principio di indipendenza e di auto-governo e attuare i valori del socialismo». Questo significa che anche ai vescovi è chiesto esplicitamente di obbedire a Pechino e non al Papa, una condotta che se adottata li renderebbe di fatto scismatici.
I regolamenti prevedono anche che ogni religione sia guidata da un’assemblea nominata dallo Stato ateo, il che è in contraddizione con la dottrina cattolica, la quale prevede che la Chiesa sia guidata dai vescovi, dalla Conferenza episcopale e da Roma. Per quanto riguarda la vita delle singole comunità, insegnamenti, raduni, catechesi, preghiere e pellegrinaggi sono ormai possibili solo se autorizzati dal dipartimento per gli affari religiosi.
CHIESE SBARRATE PER I MINORI DI 18 ANNI
Le nuove disposizioni confermano anche quelle approvate nel 2018: i minori di 18 anni non possono assistere alla Messa, né partecipare ad altre funzioni, né essere educati alla fede dai genitori o dai sacerdoti. I corsi di catechismo sono vietati. In alcune province inoltre, ma non in tutte, i genitori vengono minacciati di non educare i figli alla fede pena la perdita del lavoro o della pensione, mentre i bambini cristiani nelle scuole vengono schedati.
Ogni chiesa deve inoltre esporre la bandiera della Cina e installare telecamere all’interno perché i funzionari locali possano verificare in tempo reale tutto ciò che avviene durante le funzioni, omelia dei sacerdoti inclusa. Alle comunità di alcune province è stato chiesto addirittura di affiggere all’interno delle chiese l’immagine di Xi Jinping, magari di fianco a quella della Vergine Maria. Non si può dimenticare inoltre che i cristiani, se dichiarati, non possono avere accesso all’esercito e agli impieghi pubblici. Anche l’iscrizione al Partito comunista richiede la professione di ateismo.
CHIESE E CROCI DEMOLITE
Come se non bastasse, non si è mai fermata la campagna di demolizione di croci e chiese, soprattutto nella provincia dell’Henan. In questa provincia, roccaforte storica del cattolicesimo cinese, le autorità seguono l’esempio di Xia Baolong, che tra il 2013 e il 2016, quando era segretario del Partito comunista del Zhejiang, ha fatto demolire decine (forse centinaia) di chiese e rimuovere 1.500 croci dai tetti dei templi allo scopo esplicito di «cancellare ogni traccia del cristianesimo».
L’articolo 17 dei regolamenti entrati in vigore a febbraio chiede anche ai leader delle comunità cattoliche di «diffondere i principi e le politiche del Partito» e di «educare il personale religioso e i fedeli a sostenere la leadership del Partito». Chi si rifiuta viene sequestrato o incarcerato, come successo recentemente a monsignor Agostino Cui Tai, vescovo non ufficiale di Xuanhua, e a Giulio Jia Zhiguo, della diocesi di Zhengding, oppure costretto alle dimissioni, è il caso di monsignor Guo Xijin di Mindong, oppure semplicemente obbligato a vivere da recluso: è questa la vita che dal 2012 fa Taddeo Ma Daqin, vescovo ausiliare di Shanghai che il 7 luglio 2012 osò annunciare l’abbandono dell’Associazione patriottica.
Non bisogna dimenticare infine che per essersi opposti al regime, due vescovi risultano ad oggi scomparsi e il governo non ha mai comunicato se essi siano vivi o morti: Giacomo Su Zhumin della diocesi di Baoding, che oggi avrebbe 88 anni, e Cosma Shi Enxiang della diocesi di Yixian, che di anni ne avrebbe 98. Del primo non si sa più nulla dal 1996, data del suo ultimo arresto, e del secondo dal 2001.
PAROLIN CI INSEGNI LA PAROLA GIUSTA DA USARE
Tutte queste misure sono state prese per dare corpo al discorso sulla sinicizzazione del maggio 2015 di Xi Jinping, quando il leader disse che «le religioni devono sinicizzarsi, essere libere da ogni influenza straniera». Come spiegò a Tempi monsignor Savio Hon, ex segretario di Propaganda Fide, «sinicizzazione significa che i cattolici devono sottomettersi al Partito. La formazione dei preti e delle suore, la teologia, perfino la liturgia e le leggi ecclesiastiche devono seguire l’ideologia comunista».
Secondo il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, tutto questo non può essere definito «persecuzione». Il cardinale dovrebbe allora aiutarci a trovare un’altra parola, a meno che non voglia sostenere, come ha fatto nel 2018 monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia accademia delle scienze, che «in questo momento la Cina è il paese che realizza meglio la dottrina sociale della Chiesa».
Foto Ansa
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