Pare che l’economia nordcoreana si stia riprendendo
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Domenica scorsa il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha imposto all’unanimità nuove sanzioni contro la Corea del Nord in risposta al suo programma nucleare e ai test missilistici. Le sanzioni prevedono soprattutto la riduzione delle esportazioni dal paese e un divieto agli investimenti stranieri nelle aziende coreane. Queste misure aggravano il quadro economico della Corea del Nord, la quale, oltre ad affrontare una crisi alimentare dovuta proprio ai blocchi economici, sta nel frattempo vivendo la peggior siccità dal 2001. Le piogge da aprile a giugno sono state molto al di sotto della media nelle principali aree agricole del paese, danneggiando così le colture di riso, patate e granoturco, gli alimenti principali su cui si basa la dieta coreana. A luglio le precipitazioni sono aumentate, ma non sono bastate a salvare i raccolti.
Secondo la Fao (Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite) la produzione del raccolto in Corea del Nord è scesa del 30 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Vincent Martin, rappresentante del Fao in Cina e Corea del Nord, ha dichiarato che una siccità del genere nel paese non si vedeva dal 2001, quando la produzione di cereali scese ad appena 2 milioni di tonnellate. La Corea del Nord necessita quindi di importare i cereali dall’estero, commenta l’agenzia dell’Onu, ma i blocchi economici imposti dall’Onu impediscono questa misura.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]CRESCITA. Tuttavia, riporta il Financial Times, le sanzioni sembrano non aver prodotto grandi impatti sull’economia coreana, che anzi nel 2016 è cresciuta al ritmo più veloce degli ultimi 17 anni. Secondo quanto dichiarato dalla Banca di Corea, il suo pil è salito del 3,9 per cento nel 2016 rispetto all’anno precedente. L’economia è ancora sotto stretto controllo del regime, tuttavia sono state introdotte riforme graduali del mercato che consentono agli agricoltori di incrementare la produzione. Da quando è salito al potere cinque anni fa, Kim Jong Un ha avviato una politica a doppio binario chiamata “linea byungjin”, che promuove contemporaneamente lo sviluppo delle armi nucleari e la crescita economica. Gradualmente il mercato nord coreano, di stampo statalista, si sta aprendo alla crescita dell’impresa privata, con un un conseguente miglioramento delle condizioni di vita.
DATI. Il quotidiano americano invita a procedere con cautela nell’analisi dell’economia coreana perché i dati affidabili di una nazione così isolata scarseggiano e le stime sono molto variabili. Ma per gli esperti i segnali sono chiari e per accorgersene basta visitare la capitale Pyongyang: è cresciuta la classe finanziaria conosciuta come “donju”, è aumentato il traffico veicolare e l’utilizzo di oggetti prima quasi sconosciuti come i pannelli solari e i condizionatori d’aria. L’Istituto di sviluppo della Corea, un thing-tank state a Seoul, ha elaborato un sondaggio da cui emerge che più dell’85 per cento dei coreani del nord utilizza il nuovo mercato del cibo (chiamato “jangmadang” e che comprende ristoranti e mercati), mentre solo il 6 per cento si basa sulle razioni statali.
MERCATO. Queste riforme però sono state avviate in maniera quasi informale, senza che i media statali ne dessero notizia. Probabilmente, dice Andrei Lankov, un noto accademico di Seoul che ha vissuto a Pyongyang, Kim teme di apparire come un leader che mette in discussione l’eredità ideologico di suo padre e suo nonno. «Kim ha deciso di fare qualcosa che suo padre aveva paura di fare e ha iniziato a introdurre elementi significativi dell’economia di mercato. Sostanzialmente ha ammesso la possibilità di fare affari, ma questo non significa liberalizzare l’economia». In effetti, sottolinea il FT, anche la Cina e il Vietnam negli ultimi decenni hanno promosso la crescita attraverso riforme di mercato mantenendo però uno stretto controllo statale. Secondo gli esperti, Kim si mostra come un leader pragmatico che tollera in una certa misura l’attività di mercato al fine di migliorare la qualità di vita dei suoi sudditi.
RICCHEZZA. Sempre secondo il sondaggio dell’Istituto di sviluppo della Corea, i salari negli impieghi pubblici sono aumentati del 250 per cento negli ultimi 10 anni (arrivando a circa 85 dollari al mese), mentre in quelli privati, considerati “lavori non ufficiali”, del 1.200 per cento. Daniel Tudor, co-autore del libro North Korea Confidential, spiega che per un coreano ricco è possibile aprire una società privata corrompendo i funzionari statali ai quali verserà ogni mese una sorta di imposta, generalmente il 30 per cento dell’utile.
UN PAESE IN GINOCCHIO. Oltre al riconoscimento implicito delle imprese private, Kim ha avviato riforme agricole e industriali. Tuttavia, secondo Kwon Goohoon, un economista di Goldman Sachs, la Corea del Nord ha ancora un «forte potenziale inutilizzato», in particolare l’abbondanza di forza lavoro e la ricchezza di risorse naturali come il carbone, l’uranio e il ferro. Nonostante i segnali di ripresa, l’economia soffre per la carenza di energia e di attrezzature efficienze. Inoltre, gli investitori hanno ancora poca fiducia nell’approccio commerciale della Corea del Nord, ancora troppo chiusa e priva di regole. Per il momento, gli unici in grado di relazionarsi con il sistema imprenditoriale nord coreano sono gli imprenditori di etnia cinese-coreana, che parlano la lingua e mantengono legami con la loro patria. Il paese però necessita di investimenti stranieri per poter crescere ulteriormente. «Nell’economia nordcoreana emergente l’unico fallimento è l’investimento estero» afferma Lankov. «Gli stranieri arrivano e scoprono di dover costruire tutte le infrastrutture».
CINA E TRUMP. Per queste difficoltà a relazionarsi con l’esterno, la Corea del Nord tende a rivolgersi alla Cina come principale partner commerciale, oltre che vecchio alleato. Ma anche qui le difficoltà non mancano: a febbraio, in seguito alle più stringenti sanzioni imposte da Trump, la Cina ha vietato le importazioni dalla Corea del Nord, provocando un danno all’economia nordcoreana che si stima di 1 miliardo di dollari l’anno. Non tutti sono concordi sul fatto che la Cina sia disposta a sostenere pienamente la Corea del Nord. In un tweet, Trump ha sostenuto che lo sforzo del presidente Xi di aiutare la Corea del Nord non stia funzionando e nel frattempo i funzionari di Pechino si rifiutano di rispondere alle chiamate delle loro controparti a Pyongyang.
Foto Ansa
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