Papa Francesco, incontrando stamane i circa 200 partecipanti al Convegno nazionale dei cappellani delle carceri italiane, ha detto loro di riportare queste sue parole ai detenuti: «Per favore dite che prego per loro, li ho a cuore, prego il Signore e la Madonna che possano superare positivamente questo periodo difficile della loro vita. Che non si scoraggino».
Il Pontefice ha raccomandato di esprimere vicinanza ai carcerati non solo «a parole», ma anche «con i gesti. Il Signore non rimane fuori, non rimane fuori dalla loro cella, non rimane fuori dalle carceri, ma è dentro, è lì. Potete dire questo: il Signore è dentro con loro. Nessuna cella è così isolata da escludere il Signore; Lui è lì, piange con loro, lavora con loro, spera con loro. Il suo amore paterno e materno arriva dappertutto».
VICINANZA DI CRISTO. Papa Francesco ha raccontato di ricevere lettere di detenuti argentini e di essersi messo in contatto con loro. «Qualche volta li chiamo, specialmente la domenica, faccio una chiacchierata». Poi, rivolgendosi ai cappellani, ha detto loro: «Voi siete segno della vicinanza di Cristo a questi fratelli che hanno bisogno di speranza. Recentemente avete parlato di una giustizia di riconciliazione, ma anche di una giustizia di speranza, di porte aperte, di orizzonti. Questa non è un’utopia, si può fare. Non è facile, perché le nostre debolezze ci sono dappertutto, anche il diavolo c’è dappertutto, le tentazioni ci sono dappertutto, ma bisogna sempre provarci».
AMNISTIA. Riprendendo le parole del Pontefice, Alfonso Papa, presidente del “Comitato per la prepotente urgenza per l’amnistia” e vicepresidente e portavoce di Alleanza democratica, ha rinnovato l’appello alla politica italiana a non sprecare l’ennesima occasione per un atto di clemenza: «La politica italiana non può rimanere sorda all’ennesimo appello di papa Francesco. Occorre mettere mano alla normativa che regola l’esecuzione penale senza perdersi nei meandri della sterile contrapposizione parlamentare; non si può continuare a temporeggiare in attesa non si sa bene di cosa».
«Le Camere si devono fare carico della riforma della giustizia – ha concluso l’ex parlamentare del Pdl -. Non lo impone solo il messaggio apostolico di papa Francesco ma, soprattutto, la costante giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Le condizioni delle nostre carceri sono ormai incompatibili con lo stato di diritto. A restare fuori dalle celle non è Dio, incarcerato assieme ai detenuti come sa bene il Papa e sappiamo tutti noi. Fuori dalle celle resta invece una politica cieca e ipocrita fatta da imbonitori, vecchi e nuovi, ed alimentata da compiacenti commentatori da talk-show che ingrassano questo crepuscolo della democrazia che è divenuta ormai la seconda repubblica».