
Paccosi: «Leone XIV sa che la Chiesa è dove Cristo vive»

Giovanni Paccosi, vescovo di San Miniato, ha conosciuto il cardinale Robert Francis Prevost in Perù e poi ha di nuovo avuto contatti con lui quando entrambi sono tornati in Italia. Sia Paccosi sia Prevost, infatti, sono stati missionari nel paese sudamericano per lungo tempo e, racconta Paccosi a Tempi, «abbiamo avuto diverse occasioni per conoscerci e parlarci».
Nelle ore immediatamente successive alla sua elezione al soglio pontificio col nome di Leone XIV, lei in un video per Toscana oggi ha fatto notare alcuni dati biografici di Prevost. Ha padre francese, discendenze italiane, madre spagnola, è nato a Chicago e parla, oltre all’inglese, quattro lingue (spagnolo, portoghese, italiano e francese). Tutti elementi che delineano una personalità che incrocia diverse sensibilità e culture e che, al tempo stesso, sarà capace di rapportarsi direttamente con i fedeli di tutto il mondo.
Sì, ho ancora in mente un incontro svoltosi nel settembre 2023 in cui l’allora cardinale Prevost, parlando a braccio con alcuni vescovi, passava con naturalezza dall’inglese all’italiano allo spagnolo, senza alcuna difficoltà. Questo aspetto è molto importante per l’esercizio del suo ministero perché gli permetterà di stabile un rapporto diretto con tutte le realtà della Chiesa nel mondo.

Il cardinale Prevost, inoltre, è stato a lungo priore generale degli agostiniani.
E questo è un altro elemento importante perché ci dice che è un uomo che ha coscienza di cosa sia la Chiesa in tutto il mondo.
In molti lo presentano come un uomo “di sintesi”, dialogante, capace di mettere in rapporto carismi e personalità diverse, anche all’interno della Chiesa.
Confermo perché ne ho un’esperienza diretta. L’ho visto all’opera in Perù, a Chiclayo, dove è riuscito a far dialogare le diverse anime che compongono la diocesi, sempre nella prospettiva dell’unità. Ad esempio, ha collaborato proficuamente con il rettore ciellino del seminario, Marcos Antonio Ballena Renteria, con cui ha avviato un percorso di visite in carcere, desiderando che i sacerdoti fossero vicini a chi soffre di più.
Lei ha detto che Leone XIV, uomo colto, non disdegna affatto questa vicinanza alle persone più umili.
È laureato in Matematica e Filosofia ed è un agostiniano, un ordine storicamente attento alla dimensione culturale. In Perù lo ha dimostrato, prestando grande attenzione alla formazione universitaria. Al tempo stesso, in sintonia con papa Francesco, ha sempre mostrato grande cura per le persone più in difficoltà. Chiclayo è una città che, nel giro di pochi anni, è cresciuta in modo caotico. Molte persone povere, provenienti dalle montagne, si sono riversate sulle coste in cerca di lavoro e assistenza sanitaria, generando le difficoltà che possiamo facilmente immaginare: povertà estrema, persone che vivono in baracche anziché in case, violenza in una zona dove è forte la presenza dei narcotrafficanti.
Lei ha detto che «è un uomo di grande fede». Perché?
Perché quando parla, parla sempre di Cristo. Anche da questo punto di vista, è molto in sintonia con papa Francesco che, al di là di certe semplificazioni caricaturali, è il papa della Dilexit nos e della Gaudete et exsultate. In entrambi c’è questa consapevolezza: la Chiesa è dove Cristo vive.

Le sue prime parole sono state: «La pace sia con tutti voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo risorto». Poi ha descritto Cristo come «ponte» tra Dio e l’uomo: è questo ciò che consente di creare altri «ponti» tra gli uomini.
Se non c’è questa “centratura” su Cristo, il dialogo diventa difficile e ambiguo. Vede, in America Latina, non tutti hanno compreso a fondo il vero messaggio di papa Francesco. C’era chi riduceva i suoi richiami al solo aspetto sociale, al “come” intervenire politicamente per risolvere i problemi che affliggono gli strati più umili della popolazione. E altri che, per lo stesso motivo, avvertivano le sue parole come minacciose. Credo che Leone XIV abbia invece ben compreso cosa Francesco volesse comunicare: una passione per Cristo che diventa passione per l’uomo. Certo, i modi e le forme saranno diversi da quelli del suo predecessore, ma l’intento sarà il medesimo: annunciare Gesù all’uomo di oggi, nelle concrete circostanze della sua vita.
È il primo papa nordamericano, ma è stato per tanti anni nel Sud del continente. Cosa ci suggerisce questo?
Che conosce entrambi i mondi. È nato e si è formato teologicamente in un contesto in cui la fede è ormai diventata una minoranza, ma ha operato in missione in luoghi dove la religiosità è più diffusa, seppur spesso in forme più elementari. L’aspetto interessante è che lui non pone barriere tra questi due mondi. È consapevole che non c’è e non ci deve essere separazione tra la devozione popolare – lo ha dimostrato anche nel suo primo discorso con il riferimento alla Madonna di Pompei – e la coscienza teologica.
Che papa sarà a livello politico? Pro o contro Trump?
Saprà dialogare con tutti, ma non seguirà l’agenda di nessuno. L’unica “agenda” che seguirà è quella della missione della Chiesa.
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