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L’orazione come problema politico

Di Marco Invernizzi
13 Luglio 2021
Si tratta di combattere il laicismo, che espelle Dio dalla sfera pubblica, senza cadere nel fondamentalismo, che lo impone attraverso la legge, come avviene nel mondo islamico
Giovanni Paolo II, 2000 (Ansa)
Giovanni Paolo II, 2000 (Ansa)

Georges Bernanos scriveva che «non si capisce assolutamente niente della civiltà moderna se non si ammette per prima cosa che essa è una congiura universale contro qualsiasi specie di vita interiore». Spesso siamo portati a considerare la preghiera come un problema personale, del tipo “non ho tempo per pregare”, oppure a denunciare la frenesia del modo di vivere nell’epoca moderna e post-moderna. Il che è certamente vero. E la crisi nelle Chiese occidentali, quelle che vivono dentro la post-modernità, nasce senz’altro anzitutto, anche se non solamente, come conseguenza della crisi della preghiera, a partire da vescovi e sacerdoti, per arrivare ai fedeli. Un sondaggio fra i cattolici tedeschi, fra il 2012 e il 2014, ben prima che la crisi attuale scoppiasse, ricordava come la grande maggioranza dei sacerdoti e laici impegnati intervistati si confessassero raramente e per circa metà solo una volta all’anno e come la preghiera non fosse quotidianamente presente nella loro vita.
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