Mangia, bev e taš e viv in santa paš*. Ode ai Paifang e ai cinesi di via Paolo Sarpi
Sono anni che il tristanzuolo comitato di quartiere di via Paolo Sarpi racconta la storia che «la massiccia attività all’ingrosso della comunità cinese degrada il quartiere». E da anni, qualunque sia il colore politico del sindaco e della giunta che governa Milano, gli amministratori della città fanno a gara a rendere impossibile la vita e i commerci dei cinesi. Telecamere a ogni angolo, valangate di multe, polizia comunale che staziona in permanenza davanti ai negozi dei “gialli”.
Strano, vogliono costruire a Milano una grande moschea in vista dell’Expo e le istituzioni cittadine battono la ritirata da certe vie periferiche (come via Padova) dove al calar del sole scatta una specie di “coprifuoco” per via di una massiccia e talora prepotente presenza di extracomunitari disoccupati.
Al tempo della Moratti, che sposò la linea dura del comitato ViviSarpi e voleva cacciare i cinesi in periferia, i negozianti d’origine orientale risposero esponendo sulle vetrine dei loro negozi tanti piccoli manifestini gialli. “Vivere è legalità”. “Lavorare è legalità”. “Siamo milanesi anche noi”. La Signora, infine, dovette rassegnarsi. Dopo la destra al caviale, arrivata la sinistra al “risotto arancione”; con l’assessore Pd Majorino è ancora braccio di ferro legale (con ricorsi pendenti al Consiglio di Stato), perché i cinesi considerano (giustamente) una vessazione discriminatoria il fatto che i loro orari di scarico delle merci siano differenti e compressi rispetto a quelli di tutti gli altri commercianti.
Vedremo come finirà. Ma come si dev’essere ormai capito, a noi questi cinesi stanno simpatici. E ci stanno simpatici perché, conoscendoli un po’ per via che per molti anni abbiamo battuto a piedi Paolo Sarpi, lunga via semipedonale percorsa per andare al lavoro, non abbiamo mai capito la ratio di chi li ha presi di mira. Ma se sono una comunità di commercianti perché li volete cacciare via?
In verità, la Sarpi è forse l’unica via della Milano bene dove la gente ancora lavora come si lavorava a Milano ai tempi in cui la nostra gente veniva su dalle Puglie e veniva giù dal Veneto. C’è più Italia (e molto, ma molto, meno degrado) in Chinatown che non sull’asse viale Certosa-Corso Sempione, diviso in tre tronconi, quello periferico, prostituto e scambista che parte dal cimitero di Musocco; quello di mezzo, di transito del terziario statale che va dalla Rai alla caserma militare dismessa di Piazza Firenze e infine quello che si affaccia sull’Arco della Pace che, a partire dalle otto di sera, si popola di fighetti della famosa, alcolica, rumorosa “movida”.
Ecco, se si paragona questa Milano – che è poi la stessa che trovi sotto lo skyline della stazione Garibaldi, a san Babila, a piazza santo Stefano o lungo i Navigli o nei giardini di San Lorenzo – con quella dei cinesi che tengono viva la fiaccola dei commerci al minuto e all’ingrosso nella zona che va da Piazza Baiamonti a via Procaccini, con la Sarpi che fa da aorta al grande cuore giallo, si capisce quanto è stupida, inutile e controproducente per Milano questa crociata anti Cina.
Ma non sappiamo più altro che dire “tutti devono rispettare le regole”? È così ovvio che pare miserando continuare a ribadirlo. Ma certo che “tutti devono rispettare le regole”. Eppure, niente è più strano di questo vuoto siderale creato dalle galline legalitarie in una città intelligente, veloce, pratica come Milano. Con questi geniali super commissari e super poliziotti alle “regole” finirà che faremo una figura di palta all’Expo? Chissà.
Resta il fatto che dobbiamo fare l’Expo, mica la vetrina della legalità. Perciò, per favore, di quelle quattro bandiere stinte e affumicate dallo smog di ViviSarpi, che protestano in nome delle “regole” e della “vivibilità”, fatene stracci. E buttatele nei casonetti. Fate girare i commerci e portate lavoro. Avanti a fare Milano. E basta con questa muffa dei “no”. Questo è Expo. Lavoro, commercio e danè. Anche sotto i “Paifang”.
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23 commenti
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Senza entrare in polemica, potrei essere accusato di partigianeria essendo figlio di papà cinese e mamma italiana.
Voglio chiarire le generazioni: mio padre prima generazione, io seconda generazione (sono del ’44) mia figlia terza generazione (’70) i miei nipoti sono la quarta generazione, ho vissuto a Bologna ma conosco Milano perché avevo zii che abitavano nei pressi di Paolo Sarpi.
Noi di seconda generazione non parliamo nessun tipo di cinese, infatti ci chiedono perché non conosciamo il cinese; ma noi siamo italiani!
Caro Paolo, dico solo WOW! Che storia interessante la sua, più che altro così stiamo creando confusione sulle generazioni; io ero convinto che con seconda generazione si intendessero i giovani come me nati negli anni 80, perché comunque siamo abbastanza numerosi in confronto a lei e quelli nati in Italia nel ’40 (immagino si contino sulle dita). La ringrazio per la correzione, aggiungo che nemmeno io so leggere e scrivere il cinese ma ho voluto almeno imparare la lingua e conoscere anche la cultura dei miei genitori perché le radici sono sempre importanti.
Ciao, a Bologna saremo una quarantina. A Milano almeno 200. Ma questo non importa, quello che importa ora e’ che i Cinesi in generale vengono visti male. Sarà la crisi o quel razzismo che tutti negano ma……c’è. Ciao di nuovo.
I dati che riporto nei miei post sono da me reperiti dalle fonti più diverse: giornali, periodici, riviste, libri. Non prendo nota di tutto, sarebbe un lavoro immane, ma stia sicuro, signor Huang, che quello che scritto non me lo sono inventato. Se non si fida, chieda alla Camera di Commercio o al Ministero dell’Economia tedesco, cosa che non ho il tempo né sento la necessità di fare: non credo che le cose siano molto cambiate; e non mi sembra che l’aiuto offerto dai cinesi di cui parla lei alle aziende italiane sia così incisivo. Il dato che portato a esempio perché mi ha colpito in quanto riguarda la Germania, smentisce che la globalizzazione sia una cornucopia per le nostre aziende, che devono sostenere una concorrenza spietata sulla pelle dei lavoratori dei Paesi ‘emergenti’: competizione con i cinesi, gli indiani e altei ancora che noi siamo destinati a perdere. Non le dico neppure le cifre degli ingegneri informatici che escono ogni anno dalle Università indiane; ho persino le cifre dei cinesi che frequentano nella loro patria l’equivalente di licei musicali e conservatori: suoneranno solo loro, ai prezzi che spuntano. Via Paolo Sarpi e la Scala made in China: già, ma che gliene può importare, a lei?
Il “gioco politico fra i dazi” ci vede soccombere, signor Huang: commercianti e agricoltori che non sono venuti da fuori, sono qui da numerose generazioni, da quando qiesto Parse esiste, si può dire, condividendone il destino; e che sacrfici ne hanno fatti, eccome!, per possedere qualcosa e investire e rimetterci tutto per politiche daziarie, accordi brussellesi, concorrenza da ogni luogo che esporta a prezzi stracciati merci che non vengono preferite, stia tranquillo, perché lo richiedono gli italiani, che la roba fine la conoscono, ma perché gli italiani sono sul lastrico: hanno tutto il motivo di non desiderare più immigrazione e più importazioni.
I lavori che gli italiani non volevano non li ho mai visti fare a nessun cinese: nei loro negozi e imprese lavorano altri cinesi, spesso, sfruttati come lei si lamenta con me in quanto, presumo, rientrano nei sacrifici richiesti per mettere su un’azienda o un negozio. Lo stesso vale per le aziende italiane che ricorrono al lavoro nero degli immigrati che lavorano, scrive lei, “senza fare tante storie”: non le faccia a me, allora.
Potrei farle tanti esempi di gente tartassata dal fisco senza essere cinese né immigrata; ma lasciano il tempo che trovano, specie se si parte dal presupposto che sono gli italiani a evadere e a insegnarlo agli altri: io sono convinto che il primo invito all’evasione delle leggi sia nella mancanza di controlli sull’immigrazione e nella concessione del diritto di cittadinanza e nello jus soli come se fossimo ai tempi in cui non esisteva l’immigrazione di massa. Perché non stiamo parlando di poche migliaia di persone o della sola via Paolo Sarpi, sia chiaro: e non è che a Shangai o a Calcutta ci siano maree di immigrati italiani che stanno facendo sorgere interi quartieri modificando la composizione etnica, culturale, polticixa di un Paese di modeste dimensioni come l’Italia. D’altra parte, se la cosa non garba, ai cinesi e agli altri immigrati, possono andare altrove: per il resto, come è ovvio, nessuno gli nega i diritti che gli sono riconosciuti allorché lavorano e rispettano le leggi.
Non dimentichiamo, infine, il trattamento che il governo cinese riserva alle minoranze etniche, per limitarci a questo, per dire che una mole di immigrati quale l’Italia si trova a fronteggiare – oltre tutto, in tempi così ridotti – è qualcosa che nessuno dei governi da cui provengono gli immigrati accetterebbe. Ed è del tutto lecito lamentarsi di questo e rifiutare quest’andazzo. Perlomeno, finora è così. Ma non dubito che, fra immigrazionisti per principio, multiculturalisti politicamente corretti e crescente peso politico degli immigrati, si possa vietare di esprimersi contro l’immigrazione; a cui, in un regime a Pensiero Unico come in uno a Partito unico, si dovrà dire solo e sempre e comunque ‘sì.’
La discussione è troppo ricca di spunti interessanti per lasciarli cadere, quindi non resisto alla tentazione di intervenire per donare al mondo il mio illuminante parere (scherzo!).
Prima due piccole precisazioni.
@ Fausto Huang: non ho detto che i mass media non parlano mai dei cinesi. Ho detto che i cinesi non dicono la loro sui mass media. Lei è il primo cinese che sento esprimersi così copiosamente e con ammirevole proprietà di linguaggio. Tutte le volte che i reporter muniti di telecamere si addentrano in via Paolo Sarpi a Milano o a piazza Vittorio a Roma, i cinesi fuggono impauriti. Se fai loro una domanda, danno risposte approssimative anche se sanno l’italiano e poi fuggono. Così facendo, danno l’impressione di nascondere qualcosa. (P. S. se ha un account su Facebook, gradirei molto una sua richiesta di amicizia: sono Giovanna Jacob – reginadigiove)
@ Raider: non mi sembra di avere dato ragione a Huang su tutta la linea. Anzi ho ribadito quello che avevo detto: la crescita di enclave cinesi impenetrabili non può non destare preoccupazione, anche alla luce della politica aggressiva della loro madre patria.
A grandi linee, sulla “questione cinese”, come sulla questione dell’immigrazione in generale, si fronteggiano due opposti estremismi: 1) da una parte una sorta di neo-nazionalismo post-moderno, secondo cui la presenza straniera in Italia minaccerebbe non solo all’economia italiana ma anche all’identità culturale italiana; 2) dall’altra una cultura immigrazionista che dipinge gli italiani autoctoni più o meno come la propaganda nazista dipingeva gli ebrei: un branco di omuncoli gretti-egoisti-invidiosi-imbroglioni che vessano, sfruttano e calunniano gli immigrati, attribuendo a loro la causa di tutti i loro mali.
Vorrei cercare di dimostrare che entrambi gli estremismi sono sbagliati dal punto di vista cristiano, e che la verità sta nel mezzo, anzi al di sopra del mezzo. Prima parlerò della cultura immigrazionista. Il signor Huang sostiene che tutti i media sparlano dei cinesi e che tutte le forze dell’ordine opprimono i commercianti cinesi, sottoponendoli a continui controlli. Questo è vero solo in parte. Se è vero che i giornali della destra nazionalista (Libero, il Giornale e soprattutto Imola Oggi) non perdono occasione per parlare male dei cinesi, tuttavia non bisogna dimenticare che i cinesi come tutti gli immigrati in generale sono protetti e santificati da tutta la sinistra italiana, da quella estrema a quella più moderata.
La cultura immigrazionista e multiculturalista denunciata da Raider è la cultura ufficiale della sinistra post-marxista. Da quando l’Urss, crollando, la travolto tutti i sogni giovanili dei comunisti, questi ultimi hanno un solo scopo nella vita: punire i “borghesi” italiani, colpevoli di non avere mai fatto vincere il Pci. Per punire i “borghesi” italiani, divenuti ai loro occhi quello che gli ebrei erano agli occhi dei nazisti, hanno sempre favorito con ogni mezzo l’immigrazione selvaggia proveniente da ogni parte del mondo (vedi la Boldrini, che poi campa come Maria Antonietta con i soldi dei “borghesi” italiani che vuole distruggere). Essi sperano che l’immigrazione, come uno tsunami, da una parte distrugga quel che resta della “tradizione” cristiana-borghese e dall’altra distrugga l’economia capitalista. Quando l’Italia sarà ridotta ad una bidonville piena di poveri disoccupati, i “compagni” potranno sperare di usare i poveri come “utili idioti” di una nuova rivoluzione bolscevica. E’ un piano folle e irrealistico, ma è il loro piano.
Ogni volta che proviamo anche solo a denunciare i problemi giganteschi creati dall’immigrazione selvaggia, siamo subito marchiati sulla carne viva con la lettera scarlatta “R” di razzista”. Gad Lerner, che per fortuna ora si vede meno in giro, era uno specialista nell’arte di insultare gli italiani nelle sue trasmissioni, in cui tutto era pianificato per dare ragione agli immigrati in ogni possibile questione. Se un autoctono va in comune a protestare perché, non so, il suo quartiere è infestato da baby gang sudamericane che rubano e picchiano in stile Arancia Meccanica, subito viene trivellato di insulti da consiglieri di zona e assessori vari del Pd e di Sinistra Ecologia e Libertà, Di fronte a questa situazione, è facile cedere alla tentazione di unirsi ai gruppi della destra nazionalista, leggere tutti i giorni Imola Oggi e magari sperare che il bianco e “cristiano” Putin invada l’Italia, perché è meglio obbedire ai russi ortodossi che essere vessati da immigrati violenti provenienti da ogni parte del mondo.
Ma anche il nazionalismo è sbagliato. Ho detto che esiste una tradizione italiana-cristiana che la sinistra vuole distruggere. Ma questa tradizione, come tutte le tradizioni, è in continua evoluzione ed assorbe umori vitali da altre tradizioni. L’idea che esistano una “pura” cultura italiana ed una “pura” cultura francese eccetera eccetera che devono essere conservate “pure” e immutabili per tutti i secoli dei secoli è una idea – intimamente atea – che appartiene al nazionalismo ottocentesco, e che ha trascinato l’Europa nel baratro della Prima Guerra Mondiale. In realtà, fin dal crollo dell’impero romano, tutte le culture europee si sono contaminate fra loro. La prima grande contaminazione è stata quella fra l’eredità greco-romana e le culture portate dai barbari. Dall’incontro fra culture così diverse, è nata la civiltà più grande del mondo. La storia dell’arte europea dal Medioevo in poi è una storia di contaminazioni felicissime, che hanno portato a sintesi sempre nuove. Senza contare che l’arte europea ha assorbito spunti anche dall’arte del vicino Oriente. Non faccio esempi sennò non la finisco più, perché questo è il mio campo.
Nota bene: gli europei avevano questa straordinaria capacità di assimilare e unire insieme spunti culturali eterogenei perché erano cristiani. Infatti San Paolo aveva detto loro che non c’era più né giudea né greco e che bisognava vagliare tutto e trattenere ciò che valeva. Le culture orientali on avevano questa stessa capacità, e di conseguenza non avevano neppure la capacità di evolvere (ma non approfondisco adesso). Come dunque alla caduta dell’impero romano on c’erano più né giudea né greco, né romano né barbaro, così oggi non deve esserci più né italiano né cinese eccetera. Se vogliamo bene alla nostra tradizione italiana-cristiana, non dobbiamo conservarla intatta e immutabile: se la metti in formaldeide, si corrompe. La nostra tradizione italiana, che adesso è parte di una più vasta tradizione occidentale, deve vivere, crescere. Per vivere e crescere, deve vagliare e trattenere ciò che vale anche delle culture dei “nuovi barbari” che giungono da noi.
Credo che lei abbia una visione idealizzata della realtà, signora, tanto che ha buon gioco a identificarmi come un “opposto estremista”, pressappoco un potenziale teppista da stadio, cosa che fanno altri per trarsi d’impaccio; lei, invece, va a tuffarsi, nell’impaccio: e ci sta bene.
Così, per dire la prima cosa che mi viene in mente, l’articolo di Rampini non sarà piaciuto a lei, a Hu e a Huang (bei nomi, per non essere italiani), ma è solo uno dei tanti articoli dello stesso tenore che da molti anni si leggono su riviste internazionali specializzate nello studio della Cina e dei Paesi dell’Estremo Oriente, articoli di cui ho notizie anch’io, non potendo attingere agli originali. E non si tratta di riviste “sino-fobe”: sono osservatori economici e diplomatici piuttosto seri, schietti e pro-business, pensi.
Ma è il tema dell’immigrazione l’oggetto del discorso. In sostanza, per ciò che m’è dato vedere, solo su “Tempi.it” è possibile discuterne liberamente. Tanto che io non ne discuterò come andrebbe fatto nemmeno qui. Capisco di creare disagio: e la cosa non è mai piaciuta, specie se si tratta di creare imbarazzo a persone che rispetto e apprezzo, come i gestori di questo blog. Immigrati e immigrazionisti: sanno che, dall’Ue alla scuola, dalla Chiesa all’O.N.U., dal mainstream mediatico alle leggi della demografia, gli è permesso dire tutto: mentre a noi, occidentali, bianchi, cristiani, non è consentito difendere la nostra identità e integrità di popolo, sporcata come ‘purezza’ con intento denigratorio e colpevolizzante. Lo stesso termine ‘identità’, lo saprà, è nella lista della parole da bandire dall’O.N.U., che non riesce a impedire né fermare guerre, ma impone direttive allucinanti che spaziano fantasiosamente dalla pedagogia sexualis fin dall’età pre-scolare alla lessicologia convenientemente depurata.
Sarà per un’altra volta, signora. Per qualche altra occasione, se ci sarà. Da qualche altra parte in cui mi sentirò meno costretto dalla mia natura di “opposto estremista nazionalista” quale mi sono sentito dare da lei.
@Raider
Signor Raider, chiariamoci bene. Anzi, prima legga bene quello che ho scritto. Io non ho scritto: su questo blog si fronteggiano un nazionalista (Raider) e un immigrazionista (Huang) Io ho scritto: un generale sulla questione dell’immigrazione si fronteggiao due opposti estremismi. Quando gro per il web, io trovo sempre questi due opposti, sempre: o il rifiuto totale dell’immigrazione o il rifiuto totale della identità italiana-occidentale. Siccome invece sono cattolica, e siccome sono certa che il cattolicesimo sia la Vera Religione, sono certa che la posizione giusta sia la posizione cattolica. Etimologicamente, cattolica significa “universale”: non c’è più né giudeo né greco…
A me sembra che sia lei a fare di me una “opposta estremista” ossia una immigrazionista selvaggia che denigra il concetto stesso di “identità”. A questo punto sono io he mi sento offesa. Ho speso una gran quantità di enegie per esprimere in un italiano corretto la mia posizione cattolica-universale, e mi sento dire che ripudio il concetto ddi identità. Lo ripeto una sola volta e poi basta, perché non c’è peggior sordo i chi non vuole sentire: 1) condanno la cultura post-marxista che vuole distruggere l’identità italiana-cattolica-occidentale per fare tabula rasa a e costruire “l’uomo nuovo” comunista, 2) la storia mi insegna che l’identità italiana-cattolica-occidentale è in continua evoluzione ed assorbe “ciò che vale” delle culture altre, quindi per farla sopravvivere non dobbiamo “imbalsamarla” come vorrebbero i nazionalisti filo-Putin (i quali adesso saranno in brodo di giuggiole, perché il loro idolo sta mettendo a ferro e fuoco l’Ucraina orientale).
Quanto al “pericolo cinese”, io non ho mai fatto marcia indietro: Rampini forse esagerava, ma al fondo del suo discorso c’è del vero. Anzi, adesso rincaro la dose: mi sembra che proprio su Tempi sia apparso anni fa un articolo, mi sembra di Casadei, in cui sispiegava come oggi nelle scuole della Cina marxista-capitalista-nazionalista si faccia il lavaggio del cervello agli allievi, convincendoli che la razza cinese è la razza superiore e che i cinesi hanno scoperto e inventato tutto. Oggi i giovani cinesi sono convinti che ad esempio la legge di gravità e la rotazione terrestre siano stat scoperte da qualche cinese del Cinquecento…. No!!!! Questo no!!!! Andate a quel paese!!!! Non vi consento di attribuire a voi stessi i meriti dell’italiano Galileo Galilei!!!! E queste sono solo due dele scoperte che si attribuiscono.
Voglio fare notare che negli anni venti e trenta nelle scuole giapponesi si insegnavano cose simili: che i giaponesi erano la razza asiatica superiore e che avevano inventato tutto. E infatti pochi ani dopo hanno messoa ferro e fuoco l’Asia e dichiarato guera agli Usa con un ttaco vigliacco (Pearl Harbour). Historia magistra vitae.
Signora Jacob, è molto probabile lei, con una padronanza dell’italiano che mi sembra fuori discussione, abbia sostenuto cose che a me non sono chiare: e non lo sono neppure ora, per essere sincero una volta di più.
Non mi sembra, in compenso, che lei abbia mostrato di capire quel che sostengo più di quanto a me riesca con le sue opinioni. Le posso garantire che non era mia intenzione offenderla; del resto, è lei che ha ritenuto di sentirsi offesa per aver pensato di essere stata vista nel modo sbaglaito: e questo, perché prima di lei non mi sono riconosciuto nella descrizione per categorie in cui mi sono visto incasellare altre volte. Torto che non ho motivo di imputare a lei. Non a caso ora parlo di ‘categorie’: per dire che non ne ho mai fatto un caso personale. Che ci siano opposti estremismi è un fatto: come connotarli non è dato contestare a chi vi è ridotto a termini di ragione o d’ufficio: e non fa niente, sto zitto, se sono giudicato da taluni interlocutori male e peggio, pace. Ma il precedente uso di queste categorie, nel recente passato italiano, congelava ogni dibattito.
Ecco quello che vorrei evitare: liquidare una discussione di importanza epocale mettendo fuori gioco i possibili interlocutori perchè “estremisti.” Non vale per lei, ma è la prassi: ecco perché il Pensiero Unico insiste tanto sul linguaggio e vuole controllarlo: per delegittimare in partenza, anzi, prima di cominciare chi ne mette in crisi i criteri di verità e il potere di interdizione, prima che valori e programmi.
Anche con lei, come vede, mi sono limitato a “questioni procedurali”. E per un fatto di – stavolta, sì – sensibilità personale, preferisco non entrare nel vivo della discussione, perché so cosa vuol dire “essere scomodi” e vorrei evitare che questo spazio di libertà venga scambiato o sia accusato, da immigrati e immigrazionisti, di dare voce a ‘estremisti.’ Le sembrerà un eccesso di rispetto e di prudenza: che va al blog, più che ai signori Hu e Hiang, nella circostanza e a immigrati e a immigrazionisti che – come ho sperimentato in altre circostanze, pagandone qualche conseguenza – non hanno bisogno di essere considerati estremisti se si tratta di fare passare per estremista qualche altro.
Detto questo, non rinuncerò alle mie opinijoni e a difenderle nelle sedi più idonee, finché me ne sarà data la possibilità: né intendo rinunciare a leggere i suoi pezzi, sempre propositivi, ricchi come sono di cose da apprendere e motivi di riflessione e scritti in un eccellente italiano.
Grazie e buon lavoro.
A Fausto Huang e Raider:
dal momento ch non so che fine ha fato il mio commento, potete leggerlo sopra sull’area commenti Facebook, dove l’ho copia-incollato.
Io so a stento cos’è Facebook, signora. non so come ci si arriva e non ho alcuna voglia di andarci, mi scusi. So di molti che vorebbero fuggire da Facebook, farsi dimenticare da questo lewvithan mediatico e non ce la fanno, dicono: non capisco nemmeno questo. Ma, se è così, un mondo senza ritorno, somiglia al Brave New Wordl che ci stanno preparando; e in cui c’è posto per immigrati e immigrazionisti, 54 “orientamenti sessuali” e esseri umani con tre o più genitori, ma non per i bianchi, cattolici, eterosessuali, nazionalisti come me. E sono lieto di non doverci vivere.
Caro Marco, se vuoi la verità ti dirò che ora moltissimi cinesi stanno aiutando le aziende italiane a fare export in Cina! Provi a immaginare il mercato potenziale che c’è la , e capirà quanto la Cina sta aiutando e può ancora aiutare l’Italia! Se vogliamo parlare dei clandestini o dei lavoratori sottopagati allora lei farebbe bene a generalizzare e non limitarsi soltanto ai cinesi sa: in Italia non sono soltanto le attività con titolari cinesi a sfruttare lavoratori sottopagati, lo fanno anche le imprese italiane o le multinazionali. Poi non è che se il Mc Donald o il ristorante italiano sfrutti gli stranieri in cucina allora il problema non esista, ma qua dovrebbero essere in primis i lavoratori a ribellarsi! Se accettano di subire condizioni di lavoro estreme significa che non hanno molte alternative per poter campare o mi sbaglio? Meglio lavorare in nero che elemosinare o derubare non crede?
Poi chissà perché non viene mai posto l’accento su quelle imprese occidentali che vanno a investire in fabbriche all’estero e sfruttare la manodopera a buon costo dei paesi poveri o in via di sviluppo come la Cina…
Prendo per buona la sua identità, Fausto Huang, vincendo diffidenze giustificate da precedenti su questo blog. La necessità di non fare scivolare tutto sul pregiudizio e di replicare punto per punto a interlocutori che giocano a copincollaggi senza opporre slogan a slogan, mi impone di stendere lenzuolate di post che faccio fatica a rileggere e presentano refusi incredibili. Sarò più breve perché conto che si possa discutere su singoli punti in seguito.
Il commercio italo-cinese quanto incide sul nostro export? Le dirò solo che la Grande Germania
– che domina Ue e sponsorizza tutte le politiche che stanno radendo al suolo la nostra economia
– per es.: gli agrumi e i pomodorini del Maghreb, dell’argentina, del Sudafrica possono essere importati e distruggere l’agrumicoltura e la serricoltura siciliana, perché, in cambio, il Maghreb acquista machinari e tecnologia tedesca; che, in più, gli mette a disposizione il know-how che farà a pezzi anche i prodotti dell’industria di precisione germanica: bella prospettiva -;
– la Germania, dicevo, esporta in Cina – ah!, il sogno di tutti gli esportatori globali! Un miliardo e mezzo di consumatori! – quanto esporta in Austria, che di abitanti nonché potenziali consumatori ne conta otto milioni e mezzo circa, con gli immigrati. Non sembra un bell’affare.
Ciò che i cinesi fanno arrivare dal loro Paese o producono qua è, non di rado, merce contraffata, spesso, scadente e molte volte, pericolosa: solo che non ci sono controlli seri, rigorosi, a tappeto. E i negozi c cinesi fioriscono anche in zone depresse dell’isola in cui vivo: negozi in cui non si vede mai entrare nessuno. Non so come il welfare migratorio funzioni, fatto sta che chiudono botteghe artigiane e negozi al minuto: ma i cinesi, no. Dove prendono i soldi, chi glieli dà e chi glielo fa fare a buttarli via così, non si sa. Forse, può dirmelo lei. Ma la prego di credermi, non pensi a uno stolto pregiudizio, perché è quello che vediamo tutti.
In centri come Palermo e Catania, i quartieri a più alta densità mafiosa vedono un’alta densità di negozi cinesi: si dice che offrano una quantità di soldi ai propioetari deglio immobili e che la mafia ceda loro la “licenza” per gestire il territorio: leggende metropolitane, può darsi, ma i negozi sono lì: sempre più soltanto i loro. E come avviene nei paesini dell’interno, non si sa come vadano avanti, ma si sa che nessuno li disturba: e stavolta, mi riferisco alla polizia e alla guardia di Finanza, così pronta a spremere fino all’ultimo centesimo e a vessare i commercianti autoctoni.
Non mi volevo dilungare e per ora, mi fermo qui. Il resto, Fausto Huang, in appresso, se vuole.
le assicuro che non ho alcun motivo per nascondere la mia identità, e se vogliamo parlare di dati allora occorre fornire anche la documentazione e citare fonti. Io non sono un economista e non sono un esportatore , non me ne intendo nemmeno molto dell’economia tedesca, ma su una cosa la posso assicurare: conosco esportatori che stanno facendo la fortuna di ditte italiane in difficoltà , e che per questo hanno creato apposta una divisione per l’esportazione in Cina (prima non avevano mai esportato all’estero). Come potrebbe lei sapere per esempio se magari la Germania, per paura di vedere i propri prodotti imitati o contraffatti, ha ancora timore ad esportare seriamente in Cina? Il gioco politico tra le nazioni sulla base dei dazi è un altro fattore determinante.
Per quanto riguarda l’importazione dalla Cina, il mercato cinese offre sia prodotti di qualità che prodotti scadenti, ma non è colpa di nessuno se il mercato italiano accetta solo la merce scadente a buon costo. Non si può pretendere di avere tutto e pagare una miseria, ma questo è anche colpa della crisi attuale che sta colpendo tutti! Inoltre, i cinesi che producono qua, le assicuro che utilizzano solo prodotti italiani, e spesso lavorano per conto delle grandi aziende o multinazionali in quanto a loro fa comodo pagare meno una manodopera ugualmente qualificata e che non fa tante storie.
Mi chiede come facciano i cinesi ad avere capitali da investire? Avevo scritto anche prima, ovvero che il cinese per poter garantire un futuro dignitoso ai propri figli, non si fa scrupolo a rinunciare a qualsiasi tipo di riposo o vacanza per anni; ovvio che dopo 20 anni avrà pur risparmiato qualcosina da poter prestare ai figli non crede? Poi anche comunità i cinesi sono molto uniti, e tra parenti e amici si fidano a prestarsi soldi e aiutarsi a vicenda.
Lei abiterà pure su un’isola , ma pure io lo sa? Non nella sua stessa isola e perciò non posso risponderle adeguatamente riguardo il problema della mafia e del pizzo, posso solo ipotizzare che il cinese come al solito subisca a testa bassa e paghi senza far troppe storie (non lo sa che siamo le vittime preferite della Asl o della finanza? Lei ha mai sentito parlare di una impresa italiana che subisca più volte controlli nell’arco di un anno? E spesso sono gli italiani che denunciano apposta perché temono questa concorrenza cinese. Un mio amico parrucchiere è stato denunciato da un agente della finanza con l’accusa di aver colpito il poliziotto con un arma appuntito, si rende conto a che livello di ipocrisia siamo arrivati? Il mio amico è stato ricoverato due giorni e si è visto scomparire la clientela, il poliziotto è andato beatamente in ferie per 10 giorni).
Di sicuro i soldi non piovono in testa a nessuno, e anche se lei crede che questi grandi negozi guadagnino molto, le posso assicurare che con la crisi che c’è e che è sentita soprattutto al Sud, è già tanto se riescano a campare e pagare tutte le spese.
Nella mia isola per esempio molti commercianti cinesi hanno chiuso e se ne sono andati via, stia tranquillo che succederà anche da lei. E non si dimentichi che a volte il negoziante cinese, che lei ora vede titolare di qualche negozio in centro, 10 anni fa lui o i suoi genitori erano quelli che facevano lavori che nessun italiano voleva fare, erano gli ambulanti che si alzavano ogni mattina presto per andare a lavorare al mercato, erano i dipendenti sottopagati di qualche italiano o cinese di prima generazione.
Sono d’accordo con Raider.E le giustificazioni economicistiche mi danno fastidio,perché sono alla base della situazione dell’europa nei confronti dell’invasione immigratoria.E poi,quanti prodotti italiani commerciano i cinesi?Quanti italiani lavorano nelle loro aziende?Dove finiscono i loro profitti? Molti cinesi sono clandestini che lavorano come schiavi in laboratori cinesi con un traffico di esseri umani controllato dalla mafia cinese.Che dubito sia assente a Milano.Certo,sono tranquilli.Perché le loro cose se le vivono fra di loro.Vivono come se si fossero portati dietro un pezzo di Cina.È quello che fanno in tutto il mondo.Non vuol dire che sia giusto né che dobbiamo esserne anche contenti.
Caro Direttore,
con tutta la simpatia che fanno i cinesi e non solo loro – senza scordare quanto sanno essere antipatici, anche molto antipatici: e per più di un motivo -, non stiamo parlando di una minoranza presappoco stabile, staccata dalla Madrepatria e perciò, destinata a essere assimilata dalla società e dal popolo in cui ha trovato accoglienza. Saranno gli immigrati, con questo “ritmo”, ritmo!” renzianamente scandito, a sostituirci, non solo nel cuore della sua – e nostra: anche mia, Milano. Una cosa che, come si dice, fa male al cuore di chi ama l’Italia. E senza fare a chi la ama di più, non vorrei vederla trasformata in San Francisco.
Rispetto ma ribadisco: il pericolo di san Francisco è una opportunità per Milano. Mi segua.
Caro Direttore,
rispetto Lei e non solo da quando Lei mi dà l’opportunità di dire la mia come nessuno è disposto a fare anche solo nell’ambito in cui vivo: tutti a dire che sono per il confronto e il rispetto della diversità delle opinioni; lo spirito critico è il sale della democrazia; il livello di una civiltà si misura dal grado di libertà garantito a chi dissente: e poi, appena dici quello che pensi, ti escludono dalla vita civile, diventi un morto civile.
Ho visto, anche in televisione, il coraggio con cui, su temi ‘spinosi’, Lei ha sfidato le tesi mainstream. Quindi, a parte tutto, la fiducia nei Suoi confronti è il segno di tutto ciò che di bene penso di Lei.
Cose, queste, che sono fuori discussione: e qui, non si tratta di questo.
L’Italia ha una storia diversa da quella degli U.S.A. o del Brasile. L’accoglienza, certo, ma entro certi limiti, alle nostre condizioni e nel rispetto delle nostre leggi: ciò che non avviene: e beninteso, per scelta scellerata di chi ci governa, travestendola di ragioni umanitarie o di visioni in technicolor multiculturaliste. I cinesi sarebbero i primi a doversi mettere in regola: gli si consente di tutto, anche sul piano dei diritti umani, a casa loro come da noi. Questo, come prima cosa. Mentre i diritti politici – siccome non stiamo parlando di poche migliaia di persone, ma di milioni e milioni, con prospettive demografiche date per ineluttabili – non sono compresi nel pacchetto. La polis ha il diritto di decidere liberamente: e non è neppure immaginabile, se pensiamo ai cinesi che negano diritti alle minoranze, che essi permetterebbero a masse di centinaia di milioni di stranieri di stabilirsi in Cina e comportarsi come loro fanno da noi. Vengano e valutino: se non gli piace o non gli conviene, vadano altrove. A San Francisco.
E’ appena il caso di dire che la mia stima nei Suoi confronti, a prescindere da dissensi e distinguo su una materia o un’altra, rimane immutata e immutabile.
Sono abbastanza d’accordo con Raider semplicemente perchè sono contraria al “materialismo dialettico”. Secondo la cultura materialista-marxista, l’uomo è soprattutto homo oeconomicus e la cultura è sovrastruttura dell’economa. Nell’ottica materialista, dunque le differenze culturali non contano, conta solo l’economia. Dunque è vero che magari all’apparenza (solo allapparenza) i cinesi sono economicamente integrati, laboriosi e muovono l’economia cittadina. Ma siccome non sono materialista-dialettica, a me l’integrazione economica non basta. Sicuramente questa apparente integrazione economica (che poi nasconde schiavismo e concorrenza sleale, finalizzata a distruggere l’economia degli odiati autoctoni) non basterà ad evitare l’attrito fra la nostra e la loro cultura.
Bisogna guardare all’esperienza degli altri paesi: non c’è un paese dico un paese in cui gli immigrati cinesi si siano veramente integrati. La strategia seolare dei cinesi è quella di impiantare vere e proprie colonie cinesi, del tutto ipenetrabili ad influenze esterne, nei paesi stranieri. All’interno delle colonie cinesi, l’Italia scompare, tutto quello che è italiano e occidentale viene progressivamente annientato e sostituito con un pezzo di Cina. Io non ci sto.
fra l’altro, ho conservato un preoccupante articolo di Rampini, che ha risieduto lungamente in Cina. Sostiene che oggi si sta diffondendo, come un virus, fra i giovani cinesi, anche quelli nati ecreiuti al’estero, un nazionalismo a sfondo razzzista secondo cui la razza “han” (la razza cinese) è la razza superiore destinata a sottomettere tutte le altre. In nome della superiortà “han”, il governo cinese segue strategia d annientamento delle culture non cinesi. Ad esempio in Tibet il governo cinese impianta colonie di pura razza han e dona agli han tutti gli esercizi comerciali, al fine di fare scomparire progressivamente la cultura e l’identità tibetana. Invece da noi costruiscono colonie e si prendono tutti gli esercizi commerciali senza bisogno dell’intervento del governo cinese, perché glielo permettiamo per non essere razzisti. Secondo tutti i recenti sondaggi condotti negli Usa, i cinesi di seconda o terza generazione oggi si sentono prima cinesi che americani, e adesso evitano per spirito razzista anche matrimoni con gente non cinese. Io non posso sapere con certezza se esiste un “pericolo cinese”, ma certamente ho qualche sospetto. E ripeto, non basta il fatto che i negozi cinesi muovono l’economia cittadina (se la muovono, non so) a tranquillizzarmi. Ma certamente, continuo a sperare che il pericolo cinese non esista, che il nazionalismo razzzista cinese sia diffuso solo fra minoranze marginali e che i cinesi si integreranno benissimo.
Mi fa paicere che Lei sia, ancorchè “abbastanza”, d’accordo con me, signora Jacob. Sulla specificità cinese, anche migratoria, non aggiungerò nulla, avendo, peraltro, ricordsto qualcosa in precedenti interventi.
Il problema – immagino che, qui, ci siano divergenze di giudizio con lei, signora Jacob – riguarda, più in generale, la ‘sostenibilità’ dell’immigrazione. cui sembra obbligatorio dire sì sempre, comunque, e a prescindere: ragion per cui sono d’accordo anch’io nel ritenre l’immigrazionismo un’ideologia ovvero un punto irrinunciabile del Pensiero Unico.
Perchè dovrebbero integrarsi comunità in ascesa a una società in declino? Al massimo, possiamo garantire
– (a parte ciò che ci è fatto obbligo erogare; e che ci viene imputato non fornire ai richiedenti per il semplice fatto che non ce lo possiamo più permettere);
– un insieme di regole più o meno condivise, tribunali sharyatici permettendo;
– e una lingua franca, per quello che vale, ora che l’inglese scende a piallare tutto anche nelle scuole di ogni ordine e grado;
– e basta.
Tutto questo si riduce a un non problema, come leggo nel titolo del pezzo qui sopra, a quello che dicono a Roma: “Purchè se magna e se bbeve…”; e potrei compendiare con un modo di dire siciliano estremamente volgare, ma, in effetti, assai efficace nel descrivere l’atteggiamento bobaccione, infingardo e strafottente che sta sotto il buonismo imperante: beninteso, solo a beneficio di immigrati cui l’Italia si offre come res nullius.
Poi, se vogliamo farci prendere in giro, gli immigrati ci ripeteranno la storia e la geografia che imparano da noi come farebbero se arrivassero da qualunque altra parte in cui l’immigrazione è un dato dell’idenità nazionale: comeavviene in ‘America, sia del Nord che del Sud. Ma siccome stiamo parlando di Paesi di antica civilizzazione, credo sia assurdo dare la cittadinanza in automatico dopo un tot numero di anni; o concederla a chi sposi un cittadino/italiana, secondo una legge pensata in un’epoca in cui non c’era migrazione, per giunta, in queste proporzioni; mentre le altre leggi non vengono fatte osservare agli immigrati, cinesi e non solo cinesi. Chi viene qua deve sapere che non si stabilisce in un posto in cui tutto è consentito, anche ricongiungimenti familiari, praticamente, illimitati; che non si è cittadini solo se si paga le tasse, in cambio delle quali si ha diritto a servizi. E insomma, signora Jacob: rispettiamo tutti, ma facciamoci rispettare; e con tutto il rispetto per chi la pensa diversamente da me, non vorrei vedermi trasformato in minoranza etnica nel mio Paese, in una componente di una nazione priva di identità nazionale, a parte quelle forti che ci arrivano come sappiamo.
Ora, senza tanti giri di parole e utilizzo di termini tecnici fini a sè, mi permetto anch’io con rispetto di rispondere al sig. Raider e alla sig.ra Giovanna, ma anche a tutti coloro che pensano esista “un pericolo cinese” e che perciò è meglio che tutti i gialli se ne vadano via dall’Italia. Per carità ognuno puó e deve pensare come vorrebbe e avere le proprie convinzioni,come diceva Voltaire “non la penso come te ma sono disposto a dare la mia vita affinché tu possa esprimere la tua opinione”, però secondo me su certe cose sarebbe anche giusto informarsi bene prima di esprimere sentenze, e rifletterci sopra un pó.
– al sig.Raider rispondo dicendo che la sua convinzione riguardo al fatto che i cinesi vogliano far immigrare milioni di altri compaesani qua in Italia è totalmente errata; e come molti italiani stanno scappando via dall’Italia per colpa della crisi, anche i cinesi stessi dopo anni di sacrifici e duro lavoro hanno capito che la situazione qua sta diventando insostenibile e quindi devono abbandonare le attività per investire di nuovo in Cina. Lei pensa veramente che il governo italiano sostenga l’immigrazione e permetta ai cittadini extracomunitari di fare quello che vogliano e siano agevolati in qualcosa? Io sono un figlio di genitori immigrati cinesi nato in Italia, e in tutti questi anni le posso assicurare che la mia famiglia, oltre a non aver mai ricevuto alcunché tipo di aiuto o agevolazione , abbiamo sempre dovuto rimboccarci le maniche e cavarcela da soli, combattendo contro i pregiudizi e la burocrazia italiana che oltre ad asfissiare e paralizzare il “sistema Italia”, non fa altro che renderci la vita ancora più complicata!
Per poter vivere e risiedere in Italia il cittadino straniero deve soddisfare innanzitutto dei parametri di reddito, quindi se non hanno un lavoro e un alloggio stia sicuro che sarà costretto a tornare al paese d’origine; e le dirò di più, ora deve anche soddisfare dei parametri linguistici entro un certo tempo e il governo italiano ci lucra sopra i permessi di soggiorno, bisogna pagare per 200 euro per un permesso di soggiorno elettronico che scade dopo soli due anni! E secondo lei la cittadinanza italiana viene regalata dopo anni di residenza in Italia? Ma non mi faccia ridere per carità! I miei genitori vivono in Italia da quasi trent’anni, circa 10 anni fa hanno presentato insieme domanda in prefettura per la richiesta della cittadinanza fornendo tutte le documentazioni richieste: mio padre lo ha ricevuto dopo quasi 6 anni, per quanto riguarda la pratica di mia madre non si sa più niente (ma lei ora è anche contenta, almeno non deve pagare il visto quando deve tornare in Cina per le vacanze).
Quindi caro sig.Raider può dormire sogni tranquilli , il governo italiano di certo non li agevola i cinesi (magari aiuta i rom o i profughi che vengono dall’Africa con le navi e son considerati rifugiati di guerra o chissà che, ma questo è un altro discorso e potremmo anche dare colpa a Mussolini che invadendo la Libia tuttora il governo italiano deve stringere accordi con loro). E se proprio vogliamo dare la colpa di qualcosa ai cinesi, anche il fatto che esistano cinesi evasori è colpa degli italiani che col loro sistema del ruba ruba e magna magna hanno dato un pessimo esempio! Ma questo discorso vale per chiunque in qualunque paese, i cittadini disonesti o corrotti ci saranno sempre, ma non dimentichiamoci della maggioranza onesta che fa di tutto per campare e vivere in modo rispettabile.
– alla sig.ra Giovanna dico questo: lei pensa veramente che i cinesi non provino affatto ad integrarsi? I miei genitori e i loro coetanei, che sono considerati la prima generazione di cinesi in Italia, riescono ad esprimersi in un italiano elementare, amano la cucina italiana e visitare le città più famose dal punto di vista dell’arte e della cultura. Nel loro cuore magari la Cina sarà sempre la loro patria, ma hanno dovuto emigrare per costruire una prospettiva di vita migliore lavorando duro in un paese straniero (parliamo di Italia ma poteva essere qualsiasi altra nazione) e sacrificando ogni giorno della loro vita per poter offrire un futuro ai figli (in Cina era entrata in vigore la legge che permetteva la nascita di un solo figlio). Non hanno mai fatto un giorno di vacanza in tutti questi anni, e quindi mi sembra anche giusto che ora dopo decenni possano godere di un pó di tranquillità e togliersi qualche sfizio, e anche se non lo ammetteranno mai sono comunque affezionati ormai all’Italia e non ritornerebbero a vivere in Cina. È facile da immaginare quanti soldi si possano risparmiare in un anno se rinunciassimo alle vacanze, una in estate e una in inverno per esempio!
Per quanto riguarda invece me e tutti quegli altri giovani nati o cresciuti in Italia, che abbiamo frequentato tutte le scuole qua e siamo cresciuti studiando e giocando coi nostri coetanei italiani, le posso assicurare che spesso ragioniamo più all occidentale che alla cinese! Anzi, molti di noi preferiscono la cucina italiana a quella cinese e di sicuro non andrebbero mai a vivere in Cina perché la nostra patria è l’Italia ormai, mi capisce?
Il sig.Rampini che lei cita, è il classico voltagabbana italiano che frequenta i cinesi ed è amico di molti di loro, ma appena gli capita occasione e gli fa comodo, allora non si fa scrupoli a sparlare dei cinesi a quanto pare (se è vero quello che lei riporta riguardo il tema della minaccia Han). Stia tranquilla che noi non siamo i prossimi tedeschi che si considerano chissà quale razza superiore , e per esperienza le rivelo un piccolo segreto: non è che non vogliamo sposarci con le italiane o italiani, anzi i matrimoni misti sono sempre più diffusi, ma il problema è che la maggioranza degli italiani è vittima di pregiudizi e ci tratta con diffidenza! Eppoi si sa, gli italiani sono romantici e se la prendono con comodo, non hanno fretta di sistemarsi e mettere su famiglia, quando hanno una relazione possono anche decidere di interrompere dopo anni di convivenza; i cinesi invece sono più pragmatici, preferiscono sposarsi da giovane e pensare a lavorare per mantenere decentemente la propria famiglia perché gli anni passano in fretta, crescere i figli è impegnativo e quindi di tempo da perdere non ce nè!
– ultimi punto , nonché la più importante: ringrazio vivamente il Direttore perché non dice le cose per comodità o per sentito dire, ma prova a offrire un quadro schietto e reale della società dove viviamo oggigiorno, e come funzionano le cose. Lei è uno dei pochi che ha capito che i cinesi non sono affatto una minaccia , ma una risorsa da poter sfruttare per migliorare in primis il “sistema Italia” e offrire magari un modello vincente per tutti! Inoltre la Cina porta una cultura millenaria ricca di fascino, perché non provare a conoscersi un po’ a vicenda e vivere bene tutti assieme, anziché nutrire sempre inutile astio e rancore verso il diverso, considerato a mó di valvola di sfogo? Io sono convinto che si offre del bene, non si può ricevere altro che bene e in fondo essere un attimo gentili e sorridenti non costa niente ma dona molto, i cinesi sono le persone più riconoscenti che io conosca e anche le più ospitali!
Gentile signor Fausto Huang (splendido nome: Fausto è romano antico, Huang è cnese) la ringrazio tantissimo per la sua riposta.
Le dico la verità: l’ho attirata io qui. Infatti ho lasciato quel commento molto polemico nella speranza di irritare qualche cinese-italiano e spingerlo a dire la sua. Il problema con voi cinesi di prima o seconda o terza generazione è che siete invisibili, difficili da incontrare. Per le strade della mia città cammino fianco a fianco con migliaia di cinesi e non sono mai riuscita ad interloquire con nessuno. Anche in televisione i cinesi non appaiono mai a dire la loro. Sono chiusi, se ne stanno per i fatti loro. Chi sono? Che cosa pensano di noi?
Per temperamento, a me piace molto la mescolanza post-moderna fra le culture. Non credo che bisogna conservare intatta, per spirito nazionalistico, una pura cultura italiana (perché le culture pure non esistono). Adoro i draghi cinesi e ideogrammi cinesi che spuntano fra i vecchi palazzi in stile liberty, ancora un po’ austriaci. A capodanno i cinesi che abitano vicino a casa mia mi hanno offerto gratuitamente uno spledido spettacolo pirotecnico: fuochi d’artiicio e lanterne volanti.
Dunque ben vengano anche i cinesi, che senz’altro non ci fanno la jihad come certi musulmani. Però oggettivamente i problemi ci sono e non bisogna nasconderli sotto il tappeto. Un problema gigantesco è ad esempio quello delle fabbriche clandestine piene zeppe di schiavi che si moltiplicano come funghi a Prato: ne chiudi una e ne spuntano subito altre dieci. Un problema è che le autorità non riescono neppure a fare un censimento dei cnesi presenti in Italia, perché si chiudono nelle loro enclave, dove tutto è cinese e si parla solo cinese. La continua espansione di quste “colonie” può fare paura, considerando che la Cina è una superpotenza in ascesa con mire espansionistiche e imperialistiche.
Purtroppo, Rampini quelle cose le ha scritte. Probabilmente esagerava molto, ma forse alla base c”è un po’ di verità. In ogni nazione c’è stato almeno una volta un fenomeno di nazionalismo a sfondo razzista. Anche l’Italia ha avuto il suo: il fascismo. Quindi, è fisiologico che anche in Cina e fra le comunità cinesi presenti in Occidente ci siano percentuali marginali di nazionalisti potenzialmente violenti. L’importante è che questi fenomeni siano monitorati e circoscritti, considerando, lo ripeto, che l’Italia è una nazione in pieno declino (il default sta arivando) mentre la Cina è una superpotenza in ascesa, che tanto per cominciare vuole rimettere la mani su Taiwan e magari regolare qualche conto col Giappone.
P. S. a me personalmente non me ne importa nulla se i cinesi evadono le tasse. Tutti sanno come la penso: lo Statp italiano è il più grande ladro di tutti i tempi, una associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata a saccheggio sistematico delle ricchezze prodotte dai cittadini.. Renzi dice che vuole fare ripartire l’Italia e intanto aumenta la tasse e crea nuovi inutili posti di lavoro pubblici. La verità è che il default in stile greco sta arrivando, è già arrivato e nessuno ci salverà, perché gli italiani continuano a votare per quelli che aumentano spesa a tasse.
G. J.
Se non si è sentita provocata abbastanza da quello che ho scritto io, signora Jacob, ne sono lieto. Io le ho risposto anche quando conveniva con me su qualche punto: né voglio dubitare della sua sincerità, dopo che ha voluto ‘provocare’ al solo scopo di dargli ragione su tutta la linea. Non che la cosa abbia molto senso.
Poi, c’è quello che scrive a Huang. Cosa significhi cultura pura per lei, se non un modo per dare del purista a chi non si è interpellato in merito, mettendolo fuori gioco, lei non lo ha spiegato. Io non vedo che c’entri, per dire, il riso alla cantonese – c’è a chi piace e a chi no: come tante altre cose che non siamo obbligati a comprare, a mangiare e se siu tratta di immigrati, a accogliere – con l’ingresso di non si sa neppure quanti cinesi: e perché questa “contaminazione” culturale non possa avvenire anche senza trasformare l’Italia e l’Europa in terre di conquista per merci, mercanti e immigrati di ogni parte del mondo.
Cara Sig.ra Giovanna, mi fa piacere che lei si trovi bene coi suoi vicini cinesi, unica cosa che non capisco è perché lei abbia volutamente usato un tono polemico se afferma comunque di provare curiosità verso la cultura cinese e non pone chissà quali vincoli discriminatori; non è certo provocando che si invoglia la gente a rispondere, bensì è la disponibilità a conoscere il prossimo e il diverso. Non a caso come vede ora mi sento molto più sereno nel risponderle che ancora una volta lei si sbaglia in particolare su due punti del suo discorso, e le spiego il perché dal mio punto di vista:
-non credo che i giovani di seconda generazione (per la terza credo sia ancora presto perché staranno ancora frequentando asili o scuole elementari) non vogliano confrontarsi con gli italiani, anzi. Per farle un esempio io sono cresciuto in città dove i giovani cinesi erano pochissimi e quindi ero sempre in mezzo agli italiani (brescia , como ) , poi andando all’università ho conosciuti molti ragazzi nati o cresciuti in Italia, e infine ora per lavoro mi confronto sempre con gli italiani e non mi sento affatto uno straniero o uno diverso. Non so ora lei in che città viva , ma le assicuro che con l’approccio giusto anche il più riservato delle persone sarà ben felice di scambiare due chiacchiere e aprire il suo cuore; ovvio, non è facile per entrambe le culture trovare la forza e il coraggio di mettersi in gioco, serve sempre quello che compia il primo passo, ma questo vale anche per due persone della stessa nazionalità no? Unica cosa che non posso tollerare è la discriminazione dettata dall’ignoranza per sentito dire e dalla non-voglia di conoscere il prossimo.
– Lei dice che giornali e tv non parlano di noi, e allora io mi domando se lei veramente si tenga aggiornata o meno perché soprattutto in questo ultimo periodo fa comodo parlare male dei cinesi come se fossero loro la causa dei vostri mali (il commerciante cinese per soldi è disposto a sostituire la targhetta Made in china con una Made in Italy sui capi di abbigliamento; il parrucchiere cinese non è competente ed è in grado di bruciare la testa del cliente coi suoi prodotti ecc… Che invece in verità l’unica cosa che fa di male è far pagare di meno usando sempre prodotti italiani).
Si ricordi che ai mezzi di informazione fa comodo parlare sempre e soltanto dei fatti di cronaca negativi; a chi interesserebbe la storia del bravo cinese ben integrato? Sapesse che noia! Amenochè uno non fa qualcosa di eccezionale come un signore cinese titolare di un Market che ha salvato una cliente colpita da infarto agendo prontamente.
Personalmente anche noi giovani di seconda generazione ,tramite anche associazioni (la più famosa attualmente è associna) , ci impegniamo nella lotta per l’integrazione tramite incontri, aperitivi, o rispondendo ai giornalisti per degli articoli o servizi in tv. Ma sa qualè la cosa brutta? Il giornalista poi deve per forza riscrivere a modo suo o metterci in bocca cose che non abbiamo mai detto e pensato, usando solo le parti che a loro fanno comodo!