Nuove prospettive di ricerca per un futuro senza Sla
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Esiste una promettente realtà della ricerca scientifica italiana, dove professionisti seri studiano da anni i meccanismi della Sla (sclerosi laterale amiotrofica), per cercare di combattere una malattia ancora oggi poco chiara. A finanziare i progetti più innovativi c’è Arisla, Fondazione italiana per la ricerca sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica, che il 14 ottobre organizza a Milano il sesto convegno scientifico “Nuove prospettive di ricerca per un futuro senza Sla” (auditorium Gio Ponti, via Pantano 9). Arisla è nata nel 2008, per volere di Aisla Onlus, associazione italiana sclerosi, e dal 2009 a oggi ha investito in attività di ricerca risorse pari a quasi 10 milioni di euro, sostenendo 91 gruppi di ricerca, per un totale di 56 progetti di studio sulla Sla. Nella giornata del 14 ottobre, verranno illustrati i risultati ottenuti da alcuni ricercatori, di fronte ad Alberto Fontana, presidente Arisla, Giulio Pompilio, direttore scientifico, Mario Melazzini, presidente Aifa, e l’ospite internazionale Leonard Petrucelli, della Mayo Clinic’s di Jacksonville, Florida.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]A parlare del suo lavoro ci sarà la dottoressa Chiara Parisi, dell’istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia, del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma. Spiega a Tempi su cosa verte la sua ricerca: “Il mio progetto di ricerca si occupa di studiare il ruolo di un piccolo RNA non codificante, che appartiene alla classe dei microrna, nella risposta neuroinfiammatoria delle cellule della microglia nella Sla. Le cellule della microglia sono le cellule del sistema immunitario residenti nel sistema nervoso centrale che, in seguito al danno dei motoneuroni, si attivano rilasciando fattori neurotossici in maniera incontrollata”. Uno studio su cui la Parisi lavora da anni: “Mi occupo da circa cinque anni dello studio dei meccanismi responsabili della risposta tossica della microglia nella Sla con particolare interesse sul ruolo svolto dai microrna, potenti regolatori della produzione delle proteine. In particolare da circa due anni lavoro su questo progetto con il quale ho evidenziato un ruolo fondamentale di uno specifico microrna nel rilascio di fattori tossici dalla microglia e dimostrato che la sua inibizione è in grado di favorire il benessere dei motoneuroni. Naturalmente essendo il mio un progetto di ricerca di base, sviluppato su sistemi cellulari in vitro, i miei risultati rappresentano solo il primo passo nel processo di studio di questo microrna come target terapeutico”.
Differente è invece il lavoro del dottor Fabian Feiguin, che coordina il progetto Chronos: “È iniziato un anno fa e l’obiettivo del progetto è in primo luogo capire qual è l’origine della malattia, se inizia nell’età adulta dell’individuo oppure è già presente durante lo sviluppo. Poi si vuole valutare se i tessuti nervosi sono capaci di rigenerarsi o come favorirne la rigenerazione nel momento in cui viene arrestato lo sviluppo della malattia. Al momento sappiamo che l’inizio dei sintomi della malattia dipendono direttamente dai livelli della proteina TDP-43; quando tale proteina viene modificata i neuroni smettono di funzionare correttamente. La buona notizia è che la morte cellulare non è immediata e i motoneuroni possono recuperare completamente le proprie funzioni se l’attività della TDP-43 viene restituita o compensata da altri meccanismi. Nei prossimi due anni vorremmo identificare i meccanismi molecolari che soggiaciono a tali osservazioni”.
Per entrambi i ricercatori, Arisla ha avuto un ruolo fondamentale, come racconta la dottoressa Parisi: “La serietà con cui la Fondazione porta avanti i suoi obiettivi e la fiducia che ripone nella ricerca sono delle caratteristiche ormai rare in Italia e le vere forze trainanti nello svolgimento dei progetti”. I finanziamenti portati avanti da Arisla contraddicono un po’ la tendenza sulla ricerca italiana, che spesso vede i giovani ricercatori costretti a emigrare, per poter trovare fondi adeguati a proseguire gli studi, come racconta un po’ amareggiato il dottor Feiguin: “Fare ricerca è un lavoro difficile se non ci sono le condizioni economiche e organizzative adatte. La principale difficoltà consiste nella mancanza di risorse economiche, nell’esiguo investimento sia pubblico sia privato, nella ricerca in generale e nel talento dei giovani ricercatori in particolare. Io stesso sono un ricercatore straniero (ho fatto la mia formazione fra l’Argentina, Stati Uniti, Germania e Austria) che ha deciso di fare ricerca in Italia e in particolare a Trieste, dove grazie alla presenza di centri di eccellenza come l’Icgeb e organizzazioni come l’Arisla è possibile svolgere le nostre ricerche come all“estero”, a livelli comparabili con i migliori centri di Europa o Usa”.
Spiega ancora Feiguin che la ricerca sulla malattia attualmente si trova in un momento cruciale: “La ricerca sulla Sla ha raggiunto un livello molto elevato. In pochi anni siamo riusciti ad identificare un gran numero di geni legati ai sintomi della malattia. Queste nuove conoscenze ci permettono di capire i processi patologici che provocano la Sla e ci danno la possibilità di disegnare nuove strategie terapeutiche. La sfida immediata è riuscire a rallentare il processo patologico nei pazienti affinché il tessuto nervoso possa rigenerarsi, eventi che peraltro siamo già riusciti ad osservare nei nostri modelli di laboratorio”.
L’aspetto più difficile dello studio di una malattia come la Sla è la consapevolezza che ogni passo in più fatto rappresenta una speranza per un paziente, come spiega la dottoressa Parisi: “Purtroppo sono consapevole che i suoi tempi e le sue difficoltà spesso non sono conciliabili con le aspettative di un paziente. Purtroppo è la realtà, noi cerchiamo di mettercela tutta. La Sla è una malattia difficile da combattere come tutte le malattie multifattoriali per le quali non è facile trovare la causa o le cause determinanti da debellare”.
Nel mondo ad oggi ci sono 420 mila pazienti affetti da Sla, ma secondo una ricerca italoamericana il dato è destinato a crescere. Le cause sono oggetto di ragionamento per entrambi i ricercatori. Dichiara Parisi: “Le cause del previsto aumento di casi di SLA nei prossimi 25 anni non solo nei paesi sviluppati ma anche in quelli in via di sviluppo. Anche se si tratta solo di proiezioni, penso che la conclusione sia verosimile e che sia dovuta soprattutto all’aumento della percentuale delle persone in età avanzata, di conseguenza nella fascia di età in cui la Sla colpisce maggiormente”.
Linea su cui è d’accordo anche Peiguin: “Le nuove tecnologie hanno permesso di identificare nuovi marcatori genetici che in seguito hanno contribuito a definire come malati di Sla pazienti che in precedenza non avevano una diagnosi precisa. E poi c’è un aspetto più fisiologico, legato all’aumento dell’aspettativa di vita nella nostra società. Con l’aumento dell’età ci sono maggiori possibilità di ammalarsi di una patologica neurodegenerativa come la Sla”.
In occasione del Convegno sarà lanciata la campagna sociale di Fondazione AriSLA con il numero solidale 45528, attiva dal 12 al 31 ottobre, con l’obiettivo di raccogliere fondi a sostegno del progetto di ricerca “CHRONOS: Quali sono i meccanismi legati alle alterazioni della proteina TDP-43 che causano la Sla?”. Lo studio, vincitore della Call for Project 2014 di AriSLA e coordinato proprio da Fabian Feiguin, intende ampliare le conoscenze sulla proteina TDP-43, coinvolta in alcune forme familiari e sporadiche di SLA, e aprire la strada a future applicazioni farmacologiche per i pazienti affetti da Sla.
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